Jean-Claude Juncker. Il decano Ue che deve svecchiare l’Europa

Licinio Germini
Pubblicato il 16 Luglio 2014 - 09:51 OLTRE 6 MESI FA
Jean-Claude Juncker

Jean-Claude Juncker

BELGIO, BRUXELLES – Decano per gli ammiratori o dinosauro per i detrattori. Ultimo politico ancora su scena ad aver partecipato alla costruzione dell’architettura di Maastricht come giovane ministro delle finanze, e poi quasi 20 anni dopo, da presidente dell’Eurogruppo, pompiere al capezzale di un’eurozona in crisi come “un aereo in fiamme” che ha rischiato di spazzare via l’intera Ue.

Non è certo un volto nuovo quello del lussemburghese Jean-Claude Juncker, 59 anni, da martedi a tutti gli effetti futuro presidente della Commissione Europea e chiamato a una missione non impossibile ma certo difficile: ‘cambiare verso’ all’Europa, ora sotto la stretta dei populismi.

E per far capire l’antifona agli europarlamentari euroscettici entrati a Strasburgo con cui dovrà confrontarsi durante i cinque anni di mandato, ha subito detto alla leader del Front National Marine Le Pen: “La ringrazio per non votarmi, io non voglio avere l’assenso di persone che respingono ed escludono”. E poi ha ricordato: “l’euro non divide l’Europa, ma la protegge”.

Classe dicembre 1954, nato a Redange-sur-Attert, nell’angolo industriale del Granducato, figlio di un operaio e sindacalista delle acciaierie di Belvaux costretto a indossare la divisa della Wermacht durante la guerra, entrato nel partito cristianodemocratico a 20 anni, laureato in legge a Strasburgo, avvocato ma senza mai esercitare la professione, nominato sottosegretario al lavoro a 28 anni. “Il più socialista dei cristianodemocratici”, come è stato più volte definito, Juncker ha preso le redini del suo Paese nel 1995 dalle mani di Jacques Santer, quando venne chiamato alla presidenza della Commissione Ue. Primatista mondiale di resistenza in sella a un governo per quasi 19 anni, Juncker dovrà passare la mano, pur non avendo perso le elezioni, solo a dicembre dello scorso anno.

A fianco gli sono sfilati da Dini a Monti, ma anche Chirac, Sarkozy e Hollande, Kohl, Schroeder e Merkel. E infatti nel discorso davanti all’Europarlamento non ha voluto mancare l’omaggio a Jacques Delors, “un grande presidente della Commissione”, a Francois Mitterand “che aveva ragione, i nazionalismi portano alla guerra”, ed Helmut Kohl, “il pi� grande europeista che abbia avuto la fortuna di conoscere”. Sempre di fianco ai ‘grandi’ ma mai un pelo sulla lingua che, insieme alle sue celebri battute, gli costò nel 2009 il posto di presidente del Consiglio europeo poi andato a Van Rompuy.

Inviso soprattutto all’allora presidente francese Nicolas Sarkozy e mai amato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, non risparmiò le critiche alle proposte del ‘Merkozy’ durante la crisi. Eletto con non pochi mal di pancia come candidato di punta del Ppe per le europee, sembrava non ce l’avrebbe fatta neanche questa volta ma, pur se a denti stretti, Frau Merkel, in rispetto della volontà dei suoi elettori, non ha potuto dire di no.(ANSA).