Euro in Emergency-room per infarto greco. Fuori un’Italia color seppia

di Lucio Fero
Pubblicato il 1 Novembre 2011 - 16:52 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA – Emergency Room, l’euro ci è finito dentro. Ma non è una puntata postuma di ER, non è una fiction con George Clooney giovane, è una scena della realtà di domani 2 novembre, con Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Barroso, Van Rompuy e Papandreu improvvisamente incanutiti dall’ansia. L’Europa deve presentarsi al G20, al vertice delle maggiori economie del pianeta fissato al 3 di novembre. Ma non può farlo nelle condizioni in cui l’Europa è all’antivigilia, al primo di novembre. A 48 dal vertice l’Europa è la terra da cui si fugge dai titoli di Stato, ci si disfa del debito “sovrano”, si sfarinano le Borse e l’euro, la moneta unica, fibrilla come un muscolo cardiaco in affanno. A 48 ore dal vertice l’Europa è una unione monetaria dalla quale la Grecia può sottrarsi e sfilarsi tra tre/quattro mesi lasciando agli altri, oltre che a se stessa, il maxi conto da default da pagare. A 48 dal vertice l’Europa è un referendum minacciato da Atene, referendum sull’euro che ne segnerebbe il rifiuto da parte dei greci. Ed è lo “sconcerto” di Parigi per il minacciato referendum, la “rabbia” di Berlino, la paura generale di un effetto-domino a chiudersi ognuno nel bunker di casa propria sotto la spinta massiccia dei rispettivi elettorati.

Perciò, dopo le prime ore di sconcerto e rabbia, Sarkozy e la Merkel indossano il camice ed aprono la emergency-room: riunione subito, già domani 2 novembre, con il premier greco, con il Fmi, con i responsabili dell’Unione. Riunione per disinnescare la bomba greca, per chiedere soldi al Fmi, per mettere subito sul tavolo i miliardi del Fondo Salva Stati, anzi per aumentarli in qualunque modo quei miliardi. Convincere Papandreu a non farlo quel referendum, costringerlo con il bastone e con la carota. Convincere il resto del mondo a prestare soldi all’Europa a tassi più bassi di quelli che spuntano, anzi cui sono costretti Italia e Spagna. Perché l’Italia, seguita a distanza dalla Spagna, paga oggi 500 punti di spread sui titoli a media scadenza e 450 punti sui titoli decennali. A questo ritmo non può resistere.

Ma è il ritmo imposto dai risparmiatori e dagli investitori, altro che speculazione. Risparmiatori e investitori, grandissimi, grandi e piccoli non vedono in Europa chi sia e chi possa essere alla fine il “pagatore di ultima istanza”. Non la Bce, che la Merkel e l’elettorato tedesco non vuole. Non il Fondo Salva Stati che né con 300 miliardi e neanche con mille potrebbe pagare quel che l’Italia e la Spagna dovessero non pagare. Non vedono il pagatore di ultima istanza e quindi scappano dai titoli di Stato. Se non comprano il debito dei paesi sovrani, allora questi paesi marciano, scivolano verso l’insolvenza. Insolvenza che azzera tutto: debiti, crediti, risparmio, ripresa economica e alla fine lo stesso euro.

Emergency-room perché non c’è più tempo, ogni tempo di attesa è scaduto: la nuova, grave fibrillazione avviene a neanche una settimana dalla “terapia” dell’ultimo vertice europeo. Terapia che non ha funzionato, il malato sta peggio, molto peggio. Emergency-room perché i governi non devono lottare contro il virus della speculazione ma anche e ora soprattutto contro qualcosa che è nella natura del proprio organismo, dell’organismo dei loro poli e dei loro sistemi politici. E’ una reazione auto-immune quella che sta aggredendo l’euro: gli elettorati, a partire da quello greco, stanno muovendosi come anticorpi che attaccano il corpo stesso, la moneta unica, scambiandola per l’intruso.

Qualcosa di così enorme che non solo Sarkozy e Merkel appaiono incanutiti dall’ansia. D’improvviso tutta la galleria di protagonisti e comparse della vicenda italiana appare come una serie di foto color seppia, foto di un tempo andato, scolorito in un bagno chimico. I Lavitola che lavorano di telefono e di consigli al premier, gli Scajola che contano e ricontano pattuglie parlamentari, gli Scilipoti che dilettano e confortano il Capo, i Santoro e i Travaglio che bersagliano un Palazzo ormai quasi vuoto e caricano contro un obiettivo che non mettono più a fuoco, i Minzolini che fanno arcigna guardia al bidone, i Bossi che stringono nel pugno un potere impotente, le Olgettine e le Ruby animatrici di una commedia andata a male, i Bersani che evocano come in seduta spiritica “altri governi” e i Vendola che evocano la magica “altra politica”.

Perfino i Grillo che ormai graffiano il nulla. E i D’Alema che salmodiano: “Io mi occupo di politica”, frase che ormai ha il suono del “mi occupo d’altro”. Perfino Berlusconi che corre a Roma e forse convoca un Consiglio dei ministri, perfino la sua irredimibile lite con Tremonti, e anche il servizio guardia e portineria assolto in Parlamento e nei telegiornali da Gasparri e  Cicchitto… Tutte foto color seppia, attualità che svanisce, filigrana che si sgrana. Per l’Europa è emergency-room e personaggi e comparse della vicenda italiana sono fuori dalla stanza, neanche infermieri, al massimo parenti acquisiti e non stretti dell’euro ferito, quando non semplici curiosi che si affollano e sostano all’ingresso dell’ospedale.