La sorte di Madoff in Italia? Gli sarebbe andata come a Moggi

Pubblicato il 1 Luglio 2009 - 15:29| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Alla domanda cosa sarebbe accaduto se Madoff avesse realizzato la sua maxi truffa in Italia, molti hanno provato a dare documentate e dotte risposte. Prima: il processo non sarebbe durato sei mesi e mai e poi mai sarebbe arrivato a sentenza appunto in un semestre. Analoghi processi in Italia duranno lustri se non decenni. Seconda: la pena non sarebbe stata “afflittiva”, insomma niente carcere in considerazione dell’età e certezza di una detenzione domiciliare. Terza: una sentenza di un secolo e mezzo di carcere sarebbe stata giudicata “giustizialista”, inutilmente esemplare e tale da turbare oltre misura il funzionamento dei mercati e dell’intermediazione finanziaria. Quarta: la politica si sarebbe occupata e pronunciata sul processo e sulla sentenza, da Bruno Vespa all’ultimo deputato tutti avrebbero detto la loro e cercato di pesare sulla sentenza. Quinto: i giudici sarebbero stati passati al microscopio della loro vita personale e pubblica, probabilmente ricusati da avvocati e schieramenti politici. Sesta, settima, ottava e quante altre risposte volete per dire quel che tutti intuiamo: al Madoff italiano sarebbe andata molto ma molto meglio che a quello originale americano.

Differenza di codici, di processo penale, di amministrazione della giustizia e della cosa pubblica tra noi e gli Usa. Differenza di “pedagogia sociale” che là si assegna alle sentenze e qui da noi desta invece diffidenza. E tante altre differenze… Ma la vera risposta, l’esemplare risposta, la lampante risposta a ciò che a Madoff sarebbe accaduto da noi è arrivata per via di cronaca e non di ipotesi pochi giorni dopo. La risposta al quesito: come se la sarebbe cavata un Madoff italiano non è la ormai antica vicenda Tanzi o Cragnotti o altri “furbetti del quartierino”. La risposta è Luciano Moggi.

Che c’entra Moggi? C’entra, eccome. Squalificato a vita dalla giustizia sportiva, sotto processo per associazione a delinquere, riconosciuto dalla pubblica opinione come uno che lavorava e si lavorava niente meno che gli arbitri e i risultati delle partite di calcio, Moggi in Italia non va in galera. E questo in fondo nessuno lo chiede.  Moggi però va in tv e sui giornali, interrogato e rispettato come esperto. Moggi viene invocato da pezzi consistenti delle tifoserie di calcio come uomo che può risolvere i problemi di squadre in difficoltà. Moggi viene avvicinato da società di calcio come “consulente”. Chi lo contatta, consulta e ipotizza di lavorare con lui non ignora ciò che Moggi ha fatto, non giocherebbe un euro sulla sua innocenza. Moggi viene cercato non nonostante ciò che ha fatto, ma per quello che ha fatto. Si cercano le sue “relazioni sociali”, i suoi contatti, il suo “metodo”. Questa è la differenza tra la società americana e quella italiana: quella sente il bisogno collettivo di punire l’emblema della violazione delle regole, questa individua in Moggi solo uno che “è stato beccato”. Beccato, ma comunque uno bravo che può servire. Non è questione di leggi, tribunali, reati e processi, è questione di cultura e costume. In Italia Madoff non solo avrebbe fatto poca galera, avrebbe continuato a fare il “consulente”.