Renzi detto Craxi, Formigoni non tariffabile, Lusi/Rutelli: no quei soldi al Pd

ROMA – Pescando fior da fiore dal gran mare del dichiarare e del commentare politico si portano in superficie “pesci” istruttivi, intriganti e che fanno capire in che acque si naviga. Matteo Renzi, sindaco di Firenze e, come si dice, sfidante di Pierluigi Bersani nelle primarie del Pd. Anzi, mica solo del Pd, primarie invece di coalizione per stabilire chi sarà il candidato premier della coalizione. Quale coalizione? Non si sa, ma l’importante è “primariare”, il resto verrà. Nichi Vendola docet: “Le primarie sono un cantiere e un cantiere è un cantiere” Da tener sempre aperto e non chiudere mai, mai che diventi un palazzo, sai il guaio o la noia. Ci sarebbe anche una regola e una logica: se un partito partecipa a primarie di coalizione con altri partiti lo fa con un solo suo candidato, di solito il suo “campione”. Altrimenti gli altri che sono di meno vincono con uno dei loro visto che quelli del partito maggiore sono divisi tra più candidati. Ma abbasso la logica, l’importante è “primariare”. Matteo Renzi si adegua e ne approfitta. E che gli succede a Matteo Renzi? Stefano Fassina, responsabile economico del suo partito, lo bolla come “portaborse e sindaco per caso”. Rosy Bindi presidente del suo partito dice alla tv: “Mi viene voglia di fare il contrario di quel che dice solo perché lo dice lui”. Ma il meglio arriva sulle pagine, compresa la prima, del quotidiano più letto in casa Pd. La Repubblica scrive di Renzi come di un incrocio tra Bettino Craxi e Amintore Fanfani buono per palati berlusconiani. E che mai avrà fatto questo Renzi per meritarsi tanto? Adottando la logica della Bindi, vien voglia di stare con lui se lo scomunicano  a colpi di vade retro Bettino, Amintore e Silvio.

Di Roberto Formigoni, del suo dichiarare superfluo riferire e infierire. Dice: “se e quando proverete”. E’ una sfida. Ma è anche altro. Non dice: non c’è niente da provare. Ma non sottoponiamo il cosiddetto o sedicente “celeste” ad analisi ed esegesi. Stiamo sul sicuro: la Regione Lombardia eroga per prestazioni non tariffabili nell’ambito della Sanità, quindi a prezzi discrezionali, un miliardo di euro alle aziende del settore. Una, due e forse più di queste erogano a Pierangelo Daccò settanta e forse più milioni di euro in cambio della sua asserita capacità di guida di dove atterra quel miliardo di euro. Formigoni e Daccò insieme ad altri amici si scambiano prestiti, inviti, cortesie, vacanze, barche e case. Ma Formigoni giura che mai un euro pubblico si è mosso in questo circuito. Quindi i soldi a Daccò le aziende li regalavano o lui raccontava loro frottole sulla sua capacità di agevolare contratti e pagamenti. Infatti, si sa, Formigoni è personalmente “intariffabile”, ha solo costruito un sistema dive un miliardo di euro si distribuisce a piacere e senza tariffa.

Infine l’ineffabile Luigi Lusi, ne pensa dieci al giorno e tutte le dice ai magistrati. Anche quando l’una è il contrario dell’altra. Però una cosa molto plausibile l’ha detta, plausibilissima. Ha detto che tutti in origine nella Margherita, tutti compreso Francesco Rutelli, furono d’accordo nella scelta strategica. Che era quella di non far arrivare i soldi che lo Stato passava alla Margherita nelle casse del Pd. Certo, la Mergherita era ormai il Pd, era confluita, si era fusa con il Pd. Ma i soldi no, quelli no. Lo Stato li passava alla Margherita e la Margherita decise di tenere in piedi qualcuno e qualcosa che raccogliesse quei soldi. Complimenti per i rapporti fraterni e di fiducia tra la Margherita e il Pd fin dal giorno del loro matrimonio. Poi Lusi narrano le cronache si rivelò quel che le accuse portano in carcere, ma chi va per questi mari, questi pesci piglia.

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