Alluvioni e frane: assicurazione contro disastri sì. Obbligatoria come Rc Auto? No

di Michele Marchesiello
Pubblicato il 13 Novembre 2014 - 12:54 OLTRE 6 MESI FA
Alluvioni e frane: assicurazione contro disastri sì. Obbligatoria come Rc Auto? No

Milano allagata, cronaca di oggi (Ansa)

GENOVA – A fronte dei recenti (e perduranti) fenomeni alluvionali, ai disastri che essi provocano per la collettività, per l’economia, per le persone, si torna a parlare – da parte del governo e degli ambienti assicurativi nazionali – della possibilità di introdurre un sistema obbligatorio di assicurazione contro le calamità, sul modello di quello RCA per i danni derivanti dalla circolazione degli autoveicoli.
Alcune considerazioni si impongono a questo proposito.

In generale, deve considerarsi che – negli ultimi dieci anni – il costo delle alluvioni e delle calamità naturali a livello mondiale si è raddoppiato. Ogni anno si stima che circa mezzo miliardo di persone vengano colpite da inondazioni, frane , allagamenti di vaste aree territoriali, con danni crescenti che lo Stato non è mai in grado di ristorare in misura significativa. Se nel 1970 i danni da alluvione erano stati stimati tra 1 e 2 miliardi di dollari, nel 2011 quella cifra è salita a oltre 15 miliardi.

Paradossalmente, a fronte di questa crescita apparentemente inarrestabile, la percezione da parte del pubblico dei rischi connessa a queste calamità non è andata crescendo allo stesso passo. È noto agli psicologi il fenomeno per cui l’individuo, di fronte alla prospettiva di un evento particolarmente devastante, reagisca istintivamente persuadendosi che “a lui non capiterà”.

Venendo all’Italia, uno dei Paesi europei a più elevato rischio di catastrofi ambientali, la situazione è ancor più paradossale. Se da un lato la consapevolezza del rischio non sembra crescere in modo significativo nella generalità dei soggetti che vi sono potenzialmente esposti, dall’altro lato crescono forme confuse di risposta collettiva: dal panico, alla rivolta contro le istituzioni e gli organismi preposti alla prevenzione delle calamità naturali, alla ricerca parossistica dei responsabili, all’invocazione allo Stato perché intervenga con misure emergenziali e finanziamenti.

In realtà, il nostro è uno dei pochissimi – tra i Paesi industrializzati del pianeta – in cui il costo dei danni provocati da tali eventi è interamente a carico dello Stato (e, aggiungiamo, della sua conclamata insufficienza-inefficienza). Si calcola che solo nel decennio 1994-2004 lo Stato italiano abbia speso oltre due miliardi di euro l’anno per danni derivanti da alluvioni, frane, terremoti.

È appena il caso di rilevare come nell’ultimo successivo decennio questa cifra abbia avuto modo di crescere oltre ogni ragionevole limite di spesa, se si tiene conto della situazione economica complessiva, dell’inadeguatezza della classe politica, dell’inefficienza della macchina amministrativa, della corruzione , divenuta essa stessa una calamità permanente.

Nella maggioranza degli altri Paesi il principale ammortizzatore in caso di catastrofi naturali è costituito dal sistema assicurativo nel suo complesso (si stima che 60 miliardi di dollari all’anno vengano pagati dal sistema riassicurativo per fare fronte alle catastrofi naturali occorse in tutto il mondo).

In Italia, Paese come si è detto tra i più esposti alle calamità naturali, le assicurazioni standard sulla casa non tutelano i danni provocati dalla grandi piogge e alluvioni, o li tutelano, per così dire, con clausole fortemente e ambiguamente limitative della copertura.

Ma, se è evidente la necessità di un intervento legislativo che introduca un sistema “misto”, pubblico-privato, di copertura contro le calamità naturali (sempre che questo aggettivo “naturali” si addica in ogni caso alla relativa calamità), i cittadini devono essere messi in guardia contro la prospettiva dell’introduzione di una forma di assicurazione obbligatoria modellata sulla RCA.

In quest’ultimo caso, infatti, l’assunzione dell’onere assicurativo da parte della generalità degli utenti è giustificata dalla positiva diffusione del fenomeno della mobilità e della circolazione sul territorio e dal carattere intrinseco del rischio che vi è connesso.
Ben diverso è il caso delle calamità, che mantengono pur sempre il carattere di eventi devastanti ma eccezionali. Trasferire il rischio di quegli eventi sulla generalità di quanti vi siano solo astrattamente esposti equivarrebbe a scaricare dalle spalle ormai insufficienti dello Stato a quelle dei cittadini, già pesantemente oberate da tasse e balzelli di ogni genere.

Le sole a trarre vantaggio da un simile regime sarebbero, di fatto, le compagnie di assicurazione.

La risposta a questo intollerabile stato di cose può essere data unicamente da un sistema di copertura volontaria, demandata al settore privato, con lo Stato nella posizione di riassicuratore di ultima istanza, possibilmente attraverso l’istituzione di una apposita compagnia, secondo il modello francese della CCR e quello spagnolo del Consorcio de Compensaciòn.

L’introduzione di questo sistema dovrebbe essere accompagnato da una serie di incentivi diretti a incrementare nel pubblico la percezione del rischio e, nelle amministrazioni locali, l’attuazione di efficaci programmi di prevenzione e contenimento del rischio, destinati a produrre – a loro volta – significative e corrispondenti riduzioni nel costo delle polizze.