Barca esempio: iscriversi a un partito. Dirigenti davvero felici?

di Michele Marchesiello
Pubblicato il 13 Aprile 2013 - 11:23| Aggiornato il 12 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

Dopo averlo sentito dialogare Fabrizio Barca con Lilli Gruber a ‘Otto e mezzo’, su La7,ho voluto leggere il suo ‘Manifesto’ per una nuova idea di partito di sinistra, trovandolo sorprendente e per molti aspetti emozionante.

Da molto tempo non si leggeva qualcosa di simile, sia nel linguaggio (per niente simile al politichese cui ci hanno abituati) che nei contenuti, privi di ideologismi e luoghi comuni.

Sono convinto che il sistema politico reagirà con il silenzio a questa proposta (non una semplice provocazione) : non il silenzio positivo di chi riconosce i propri difetti e non sa cosa o come rispondere, ma quello sostanzialmente ostile di chi è deciso a perseverarvi.

Significativa è la stessa definizione con cui i media hanno accolto l’iniziativa di Barca: un’Opa (offerta pubblica di acquisto) , un assalto piratesco al Partito Democratico, quasi si trattasse di una Banca o di una grande azienda . Una perversa logica economicista ha infestato la vita e l’etica pubblica del nostro Paese, assimilando tout court il mondo della politica a quello della finanza. I voti come ‘asset’, lo Stato come mercato istituzionale dal quale attingere illimitatamente le proprie risorse.

Certo: l’idea di Barca di separare i partiti dalla loro preda ritenuta inesauribile può sembrare troppo ambiziosa e utopistica. Ma l’utopia è proprio ciò cui si deve mirare con paziente coraggio, pur sapendo che essa non potrà mai realizzarsi del tutto.

Anche la democrazia, a ben vedere, è una utopia .

La questione è dunque come opporsi al silenzio o alle accuse di intellettualismo che già cominciano a muoversi contro l’inziativa.

E, tuttavia, quello che più colpisce della posizione assunta da Fabrizio Barca non è la sua indubbia dignità ideale e intellettuale, ma il fatto molto concreto che egli si sia iscritto al Partito Democratico poche ore prima di rendere noto al pubblico il suo ‘Manifesto’.

Molti di quanti – la maggior parte, incluso chi scrive – criticano aspramente il ‘sistema dei partiti’, in special modo il Pd , per la loro incapacità di mantenere un rapporto significativo con i cittadini in questa nuova ‘età della Crisi’, lo fanno tenendosi prudentemente al di fuori di quel sistema, da disimpegnati, escludendo la propria responsabilità per lo stato deprecabile della vita pubblica e della politica italiana.

Ora io credo, con Barca, che sia il momento di romperla con questa viltà o timidezza della partecipazione, con questo stare a guardare, spettatori inorriditi del naufragio ma non responsabili o piuttosto, per questa ragione, irresponsabili.

Il risultato delle ultime elezioni (nella percentuale delle astensioni e in quella ancora più significativa dei voti dati al movimento di Grillo) è diretta conseguenza di questa nostra sostanziale passività politica. Anche chi reagisce, non accetta di farlo prendendo parte alle regole della politica, nella patetica illusione che quella del rifiuto sistematico sia essa stessa una politica.

Si legge sui giornali che diminuisce in modo quasi verticale il numero di quanti ‘prendono la tessera’ di un partito, in particolare del Pd , partito per vocazione ‘popolare’ e di massa. In questo calo – vera e propria fuga – è il riflesso della crisi della politica, che non è solo crisi dei partiti ma soprattutto della tanto invocata ‘partecipazione’ alla vita politica, a cominciare dai livelli locali o, come si dice, territoriali.

Non a caso Fabrizio Barca, nel dare notizia della sua iscrizione, è stato molto attento a limitare alla dimensione locale la portata del proprio impegno personale all’interno del partito. Nessuna Opa, dunque, ma il positivo mettersi al servizio di una idea o, come si diceva una volta, di un ideale. Non che questo ponga un limite alla sua ambizione di contribuire alla trasformazione del Pd: trasformazione, tuttavia, che deve cominciare proprio dalle Sezioni e dal ‘territorio’, luogo fisico non sostituibile dalla pur necessaria forma di comunicazione costituita dalla rete.

C’è da chiedersi , leggendo il ‘Manifesto’, cosa accadrebbe se tutti coloro che ne condividono gli argomenti principali, seguendo l’esempio di Fabrizio Barca e Marco Rossi Doria, si precipitassero a iscriversi al Pd o a un altro partito, tra lo stupore e – sospetto – il paradossale disappunto dei suoi dirigenti, travolti dal rivoluzionario, attivo consenso di migliaia di nuovi iscritti.