Fascismo, le democrazie hanno diritto ad autodifesa? Se sì, come e quale?

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 12 Luglio 2017 - 07:03 OLTRE 6 MESI FA
Fascismo, le democrazie hanno diritto ad autodifesa? Se sì, come e quale?

Fascismo, le democrazie hanno diritto ad autodifesa? Se sì, come e quale?

ROMA – Fascismo, le democrazie hanno diritto ad autodifesa? E, se sì, se quel diritto c’è, quale autodifesa? Al netto della reazione dei diretti interessati (al fascismo e ai suoi derivati) e al netto di un paio di sciocchezze di grande successo (sciocchezze dal punto di vista logico prima ancora che politico e civile) la questione vera e grossa è questa qui: le democrazie possono difendersi e come dai fascismi quando le democrazie sono governi e i fascismi opinioni, movimenti e…un po’ di squadracce qua e là? La risposta non è semplice, come ogni risposta seria non può essere semplice.

Ma prima della risposta, della tentata risposta, sfrondiamo per andare al netto della questione. E, per andare al netto, non aiuta la reazione dei diretti interessati. Sì, i diretti interessati e sono tanti. Tanti quelli alzatisi in piedi a reagire con contrarietà e qualche contumelia all’ipotesi di una legge che punisca la propaganda fascista e nazista (non l’apologia, qui la legge ci sarebbe già ma nessuno la rispetta o la fa rispettare, non l’apologia dunque ma la propaganda attiva). Diretti interessati che si oppongono Forza Nuova, il gruppo Storace-Alemanno, Fratelli d’Italia della Meloni. Non si offendono certo se li individui come diretti interessati, neanche in fondo se li chiami fascisti. Spesso ci tengono.

Diretti interessati anche gli altri che si son levati contro la legge e l’idea stessa di una legge che punisca propaganda fascista. M5S di Grillo per cui una legge così è “liberticida”, Lega di Salvini per cui una legge così “non serve, è sbagliata e repressiva”. Non si può e non di deve chiamarli fascisti i ragazzi del blog e quelli della ruspa. Non si sentono tali e si offendono se tali li denomini. E sia, non si può e non si deve chiamarlo fascismo né quello che alberga e monta nel lepenismo una volta padano e ora tricolore e neanche quello che brucia e divampa nella voglia di pogrom della “casta”.

Però anti parlamentarismo, idea della politica come luogo deputato alla corruzione, denuncia e rabbia contro le plutocrazie (finanza e banche) di tutto colpevoli, culto della terra e del sangue come elementi primari di identità, richiamo ad una cristianità rigorosa e oggi corrosa e corrotta dal modernismo, spirito e cultura anti moderni, nazionalismo, virilismo, sospetto e ostilità verso lo straniero e il diverso e la piccola borghesia (oggi ribattezzata ceto medio) come culla, patria ed esercito ed elettorato della rivolta del popolo vero…come chiamarlo questo insieme? Chiamiamolo…cavolfiore. La sostanza del fenomeno storico, politico e sociale non muta. Non a caso, anche se giurano e sono convinti in buona fede di nulla avere a che fare con il fascismo, alla prima che capita saltano su come appunto diretti interessati.

La reazione dei diretti interessati ci porta lontano dal cuore e dalla natura vera del problema. Così come ci dirottano scemenze-slogan di ottima presa.

Tipo “le idee non si processano”. No? Provate a fare un po’ di propaganda in giro per vedere chi viene con voi a rapinare una banca o ammazzare un concorrente in amore e vedrete se non vi processano.

Tipo: “Il fascismo non esiste più”. Che è come sostenere che, caduto l’ultimo imperatore romano, dal quinto secolo dopo Cristo in poi non sia più esistita cultura e civiltà romana.

Tutt’altro: il fascismo c’è ancora, eccome se c’è. I suoi materiali culturali sono nella dispensa della storia, vale la distanza tra dispensa e cucina della storia. Talvolta tanta, talvolta poca, talvolta nessuna. Il fascismo, il fenomeno storico per cui un ceto sociale impaurito (la piccola borghesia con congrui contingenti alleati tra operai e imprenditori) carica e travolge i recinti della democrazia come mandria nel panico, questo fenomeno storico non è certo sparito. Anzi si sta qua e là riassemblando. Il fascismo c’è ancora e non è certo quello della spiaggia di Chioggia e del suo gestore metà bullo di muscoli, parole e cartelli e metà labile di mente e comportamenti. Magari il fascismo che in quella spiaggia a Chioggia fa capolino sono i clienti dello stabilimento: 600 sdraio, sempre piene. Tutti di destra dura e tosta? E cos’era, un campo di addestramento? Oppure erano centinaia e centinaia e centinaia di “gente normale”, cieca, sorda, muta, indifferente a tutto, magari di quelli che dicono “io di politica non mi occupo”? Più probabile, è infatti storicamente la “gente normale” il grembo prima e la platea poi dei fascismi che vincono.

Il cuore, il cuore del problema: le democrazie hanno il diritto all’autodifesa dai fascismi che quando vincono aboliscono le democrazie e le sbattono in cella se non al cimitero? In teoria, talvolta in Costituzione (è il nostro caso) questo diritto le democrazie ce l’hanno. Ma in pratica non riescono, non possono davvero esercitarlo. Non in maniera preventiva almeno.

E così nella dinamica stessa delle democrazie, prima ancora che nei loro “valori” come retoricamente si dice. Già nell’Assemblea Nazionale e nella Convenzione dopo la Rivoluzione francese del 1789 si può osservare come la prima democrazia parlamentare venga erosa e consumata dall’interno. I suoi nemici usano la libertà per esplicitamente distruggere quella embrionale democrazia parlamentare. Ma le Assemblee non possono preventivamente restringere e delimitare la libertà politica. Non possono, anche se la libertà sta portando alla dittatura.

Già dalla Rivoluzione francese, ed è storia. E già dall’Atene di Pericle, anche se è impasto tra mito e storia. Le democrazie non sanno e non possono praticare autodifesa preventiva. Forse l’esempio più classico è Hitler e il suo tentato colpo di Stato a Monaco anni prima della presa del potere. Attacca lo Stato e la democrazia, fallisce, lo mettono in galera. Pochi anni utilizzati tra l’altro per la stesura del Mein Kampf. Poi torna libero e parteciperà alle elezioni, alla fine le vincerà e diventerà il Fuhrer che sterminerà le democrazie, che progetterà di estirparle dal pianeta. La democrazia si difende, poco, da Hitler con poco carcere. A parti invertite, i fascismi di difendono dalle democrazie con le esecuzioni.

A difendersi preventivamente la democrazia non può, non ce la fa. La storia insegna e dimostra che le democrazie possono e sanno difendersi solo ad aggressione avvenuta e ferita sanguinante. Solo allora l’esercizio della forza da parte delle democrazia si coniuga con il consenso popolare necessario. Prima no, prima il consenso non c’è mai a sufficienza. E’ così, è stato così, continua ad essere così. Un bel vantaggio per i fascismi, un vantaggio che nessuna legge può eliminare.

Gira la filastrocca che vorrebbe essere consolatoria sia questione di cultura e conoscenza e basta diffonderle entrambe e la propaganda fascista evapora al loro caldo illuminare. Cultura? Il popolo più colto d’Europa ha prodotto con adesione di massa ed entusiasta il nazismo. Conoscenza? Al tempo delle fake-news dominanti?

Non c’è legge, cultura o conoscenza che possa bloccare o punire davvero la propaganda fascista. Perché appunto le democrazie in quanto tali non hanno vero diritto alla autodifesa preventiva. Qualche democrazia, in silenzio e al coperto alla difesa preventiva si attrezza, ma lo fa a cavallo se non fuori dalla legge e dal diritto. Talvolta con esiti da tragicommedia…all’italiana. Le nostre strutture più o meno segrete preposte e disposte alla difesa preventiva dai fascismi erano reclutate e composte tra personale molto spesso di cultura…fascista!

Una sola cosa possono fare le democrazie: cogliere, decidere, scegliere il momento giusto per esercitare il diritto all’autodifesa dai fascismi. Quello non prima dell’aggressione, che altrimenti non c’è consenso ad esercitare la forza dello Stato. Quello non prima dell’essere stati aggrediti e feriti come democrazia. E quello non troppo dopo le prime massicce e vere aggressioni. Il momento di mezzo prima che i fascismi si accreditino nella pubblica opinione e nella vita collettiva come normali attori di entrambe. Il momento subito prima che i fascismi marcino sullo Stato, il momento subito dopo che abbiano iniziato la marcia.

Non è facile cogliere, capire che momento sia della storia che si sta vivendo. Molti governanti hanno sbagliato e molti rischiano di sbagliare ancora. Qui e oggi possiamo dire solo, dare  come risposta alla domanda iniziale solo che non è ora il momento che la democrazia usi e dispieghi la forza dello Stato. Quel momento, il momento di quella necessità-dovere-diritto di usare la forza della legge e anche la forza dello Stato contro i fascismi è qui e oggi lontano. Meno lontano di ieri e ancora meno lontano dell’altro ieri però. E non certo per una spiaggia con Mussolini stampato o una serie di bottiglie con etichetta del Duce. Il fascismo delle idee e valori, la propaganda di fatto fascista è abbondantemente altrove.