Pagelle campagna elettorale: Berlusconi 7 Bersani 6 Monti 5 Grillo 4 Ingroia 3

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 21 Gennaio 2013 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA
Pagelle campagna elettorale: Berlusconi 7 Bersani 6 Monti 5 Grillo 4 Ingroia 3

ROMA – Pagelle da campagna elettorale: Berlusconi strappa un sette, Bersani conquista un sei “pieno”, Monti non si emancipa e non schioda dal cinque che è l’eterno voto di chi “potrebbe fare di più”, Grillo si becca un quattro che non è un voto in condotta, Ingroia prende un tre e se lo merita tutto.

Pagelle di campagna elettorale, giudizi su come si muovono, su come si mostrano, su come interpretano la parte che si sono assegnata. Giudizi che non sono voto elettorale e neanche indicazione di voto e neanche previsione di risultato. Sono giudizi estetici e soprattutto giudizi “professionali”. Si prova quindi a valutare quanto siano “professionisti” appunto della campagna elettorale. Giudizi estetici e professionali che però non ce la fanno ad espellere del tutto il giudizio etico, cioè la misurazione in pagella di quanto siano professionisti anche nel difficile e quasi abbandonato mestiere di cittadino.

Silvio Berlusconi

Voto 10 in pagella nella materia “Riassunto e compendio”. Berlusconi riassume e compendia alla perfezione la “sua” gente. Nessun altro leader politico è  così naturalmente identico al “suo” elettorato. Berlusconi non si identifica, Berlusconi è l’italiano, la gente per cui la colpa o la responsabilità è sempre di qualcun altro, quelli che hanno già dato, quelli che sanamente se ne fregano di tutto, tranne che… Berlusconi è questa Italia, quando la chiama a sé si guarda allo specchio e questa Italia si specchia in lui. Si trovano e ritrovano con gioia e semplicità. Berlusconi ha questo 10 in questa materia, e avrà con i suoi alleati circa il 30 per cento dei voti il pomeriggio-sera-notte del 25 febbraio.

Voto 4 in pagella per le cose che dice. Panzane come l’Imu che viene sostituita da tasse su alcol e giochi, come “l’attivo dell’Italia” di seimila miliardi a fronte di duemila di debito (non è “attivo” è ricchezza, nei seimila miliardi a garanzia dei duemila di debito pubblico c’è anche casa tua, altro che patrimoniale), come l’ammirazione che tutti i leader del mondo provavano per lui. E tranelli come il raccontare che, non fosse stata per la congiura ai suoi danni, l’Italia vivrebbe felice senza disoccupazione, debiti e guai vari. Dice cose da 4 in pagella ed è un voto gentile.

Voto 3 in pagella per la gente con cui si accompagna. Gente impresentabile, sia quella in lista sia quella fuori. Impresentabili non secondo i canoni della legalità, e neanche quelli della decenza e opportunità. Impresentabili in qualunque consesso civile che abbia rispetto di sé.

Voto 10 in pagella per la sua pedagogia. Berlusconi ha educato e insegnato, con successo. Il suo assioma fondamentale e cioè che la democrazia sia in fondo il gioco dell’asso pigliatutto, è diventato senso comune. Il corollario dell’assioma, e cioè che per prendere tutto tutto va promesso tanto… è diventato comportamento di massa. Berlusconi non solo ha un elettorato, ha un popolo.

Dieci, e poi quattro e poi tre e poi dieci: fa 27. Diviso per quattro materie fa quasi la media del sette. Ed è questa la media in pagella di Berlusconi.

Pierluigi Bersani

Voto 8 in pagella per la materia “Tasse chiare, parole lunghe”. Bersani ha detto, anzi scandito: “Niente patrimoniale e niente condoni”. Ottimo programma in materia di fisco, affidabile e credibile. Fossimo in un paese “razionale” (ma quale paese lo è mai?) dovrebbe bastare da sola questa posizione a fargli vincere le elezioni.

Voto 5 in pagella, l’eterna insufficienza del Pd in tema di spesa pubblica. Bersani la difende tutta, sempre e comunque e non riesce a farsi una ragione e un conto che “niente patrimoniale e niente condoni” più Imu più leggera per i non ricchi più meno Irpef e Irap si fa solo se alla spesa pubblica le togli almeno trenta miliardi.

Voto 4 per l’aria di “Unione” che spira dalle sue parti. E non è uno spiffero: non a caso sul no alla patrimoniale Bersani si è perso la Camusso, cioè la Cgil. Non a caso sul no alla patrimoniale Vendola ha avanzato “distinguo”. La sensazione, l’aria è che al governo sarebbero intimamente instabili: le migliori intenzioni e le più praticabili idee in confezione ed involucro che si strappano e lacerano un passo sì e l’altro no.

Voto 7 a Bersani nella materia…”Bersani”. Deve portare la croce e cantare, rassicurare e far sperare, essere concreto ma sparare slogan… Come tutti, più di tutti perché lui e il suo partito sono il centro di ogni attacco, lungo tutto l’arco del fronte, da Storace a Ingroia il nemico principale è il Pd. Anche dentro il partito c’è una lunga e affermata tradizione a farsi male da soli. Questo sette se lo merita tutto e non è di incoraggiamento ma di constatazione.

Otto più cinque, più quattro, più sette: fa 24. Diviso per quattro materie fa una perfetta media del sei ed è quella che Bersani ha in pagella.

Mario Monti

Voto otto per l’idea, la voglia, il richiamo di “Federare i riformisti”. Cioè tutti quelli, a destra, a sinistra, al centro o dovunque si trovino e si siano trovati, che si sobbarcherebbero la fatica e la speranza di cambiare i connotati dell’Italia come è.

Voto quattro per l’omissione, l’amnesia, la rimozione del dato di fatto sociale e politico per cui i “riformisti”, a destra, a sinistra, al centro e dovunque, in Italia sono minoranza, molta minoranza, molto minoranza.

Voto tre per non aver avuto il coraggio, la capacità, la voglia di andare da solo. E per obbligare in qualche modo chi votasse per lui a votare anche per Fini e Casini. E per l’odor di sacrestia da cui si è fatto avvolgere.

Voto cinque per non averlo detto prima e subito che il Pdl non gli faceva fare una giusta legge anti corruzione, che il Pd non gli faceva fare una giusta legge pro precari, che Pdl e Pd e tutti i partiti non gli facevano tagliare le Province e la spesa della politica. Lo dice adesso, tardi. Tanto tardi da lasciare il dubbio se sia la verità o una scusa.

Otto più quattro, più tre più cinque: fa 20. Diviso quattro materie, media del cinque che è il voto da campagna elettorale per Monti.

Beppe Grillo

Voto sette nelle materie “Presenza, prontezza e attenzione”. È vigile e svelto Grillo in campagna elettorale. Inventa, crea, realizza. Grillo c’è sempre e abbondante: un sette pieno in comunicazione ed empatia.

Voto quattro, quattro pieno che Grillo di becca per ripetuto e sistematico spaccio di ignoranza. È legittimo non sapere un tubo di organizzazione del lavoro, legislazione del lavoro e accordi sindacali in Germania o negli Usa. L’ignoranza in materia non ha mai impedito a nessuno di fare il ministro in Italia, anche del lavoro. Però spacciare che negli Usa e in Germania “le aziende sono dei lavoratori” è spaccio di ignoranza. Con l’aggravante di travestire, contrabbandare l’ignoranza più classica e piena con la più nuova delle verità. E le aziende in Usa e Germania sono solo uno dei possibili esempi di, diciamo così, manifesta non competenza.

Voto tre per il bastone che sempre Grillo agita. Gli altri, i diversi da sé sono sempre sub umani, caricatura dell’umano, umani approssimativi e quindi “da cancellare”. Web e bastone, il primo praticato ma il secondo sempre minacciato. Minacciato a chi, chiunque sia, non si arrende e prostra ai piedi del nuovo mondo che avanza. Tre, ma è un voto generoso che tiene conto dell’attenuante interna dell’ignoranza a se stessa: evangelicamente, non sempre Grillo sa quello che fa.

Voto tre per l’opportunismo manifesto che richiede seguaci almeno un po’ volenterosamente ebeti per la circostanza: “Sindacati da cancellare, cancellati dalla storia… tranne i Cobas e la Fiom con cui abbiamo fatto delle cose insieme”.

Sette più quattro, più tre e più ancora tre: fa 17. Diviso quattro fa quattro e un po’. Ed è la media del voto in pagella di Beppe Grillo.

Antonio Ingroia

Voto tre per la cupezza, del look, dell’eloquio e della concezione del mondo abitato solo da “poteri neri” e “cavalieri della giustizia”.

Voto tre per aver riunito e per essersi messo alla guida della coalizione degli “sfigati attempati”. Quelli di mille sconfitte, non elettorali ma storiche. E mai stanchi, mai domi, mai consapevoli della propria sconfitta. I Diliberto, i Ferrero, i Bonelli…: tutto il meglio e il peggio dell’obsoleto e rancoroso e presuntuoso in una sola coalizione. La politica più stantia al servizio della Rivoluzione!

Voto tre per il suo senso civico. Ha detto, letteralmente: “Bersani non può dare lezioni di anti berlusconismo a me!”. Ha vantato quindi un ampio e manifesto anti berlusconismo. Fino a un mese fa era un magistrato che indagava su Berlusconi. Attesta e legittima quindi che le sue erano un po’ indagini ma soprattutto azioni di anti berlusconismo.

Voto tre per la missione esplicita che si assegna: sgambettare ogni possibile governo di centro sinistra. Ma da anti Berlusconi s’intende. Quindi al missione è: presidiare il casino. Tre pieno perché in Grillo può non esservi consapevolezza, in Ingroia e soci c’è. Grillo può indurre il caos ma non vuole esplicitamente il disastro. Ingroia lo sa, non può non sapere e lo fa apposta.

Quattro volte tre fa una media del tre. Ed è questo il voto di Ingroia in pagella.

E giornali e televisioni che sono gli altri attori della campagna elettorale? Dar voti in pagella non si può e forse non si deve. Certo una qualche responsabilità ce l’hanno anche giornali e televisioni se un paese con quasi tre milioni e mezzo di disoccupati sta appitonato e ipnotizzato davanti a “incubo” come il redditometro (35mila saranno i controllati su quaranta milioni di contribuenti) e davanti a “salassi” come l’Imu sulla prima casa (278 euro la media di esborso della tassa). Incubi e salassi, a crearli stampa e televisione danno una robusta mano. Potrebbero poi fare a meno di “riprendersi” in un cerchio che non si chiude mai: il tal show politico ripreso dalle agenzie di stampa, le agenzie di stampa riprese dalle home page dei quotidiani, i telegiornali che riprendono le home page, i quotidiani che riprendono i telegiornali ed è sempre la stessa mezza frase che gira.

I candidati premier dicono quasi sempre la stessa cosa, basterebbe ricordare che questa e quella l’hanno già detta appena ieri. Già, basterebbe aver memoria, memoria di 24 ore. ma c’è la grande novità qua e là, il test dei fatti: si assicura controllo su quello che il politico dice, se spara cifre e circostanze sballate lo si prende in castagna. Bello, perfetto, bellissimo. Alla sola condizione che numeri, fatti e circostanze stampa e soprattutto televisioni li abbiano a mente quando parlano con il politico. Il che non è quasi mai, pare non sia previsto dal mansionario.