Amnistia e indulto pro Berlusconi? Napolitano ha scelto un momento sbagliato

di Pino Nicotri
Pubblicato il 9 Ottobre 2013 - 16:44| Aggiornato il 10 Ottobre 2013 OLTRE 6 MESI FA
Amnistia e indulto pro Berlusconi? Napolitano ha scelto un momento sbagliato

Giorgio Napolitano. Per amnistia e indulto un momento sbagliato

ROMA – Amnistia, indulto e pensioni d’oro sembrano temi uniti da un comune destino.

Con un precedente articolo abbiamo fatto rilevare come la danza della pioggia guidata dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini contro i “pensionati d’oro” non sortirà affatto la sperata abbondanza di buona acqua piovana per lenire la siccità occupazionale, ma resterà pura demagogia. E provocherà semmai una dannosa grandinata sull’intero corpo sociale.

Queste non buone caratteristiche mostra di averle anche l’insistenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, con la quale egli preme su Governo e Parlamento perché sia varata una nuova amnistia e/o un nuovo indulto.

Un’insistenza che, per usare il linguaggio di Umberto Bossi, fa pensare che sia stata “trovata la quadra” per salvare Silvio Berlusconi dalle conseguenze della sua prima condanna definitiva, in attesa di vedere come andranno a finire le altre due condanne avute in primo grado.

E facendo finta di nulla per quanto riguarda le assodate sue responsabilità in altri gravi reati, quelli che hanno portato alla condanna anche in secondo grado di Marcello Dell’Utri per contiguità con la mafia e alla condanna definitiva di Cesare Previti per avere comprato dai magistrati romani, corrompendoli, la famosa sentenza sul cosiddetto “lodo Mondadori”.

Non vogliamo unirci al coro di chi, come il movimento di Beppe Grillo, accusa Napolitano di tradimento e di essersi inventato l’urgenza dell’amnistia e dell’indulto per evitare che Berlusconi sia sbalzato troppo da cavallo fino a rompersi le ossa e dovre essere ingessato.

È però un fatto che neppure l’insistente proposta del presidente della Repubblica può davvero ottenere il fine che si propone: vale a dire, sfoltire la popolazione carceraria. E in definitiva ottenere una maggiore “equità sociale” come si propone ufficialmente, o meglio a chiacchiere, anche Giovannini con le sue grida contro i “pensionati d’oro”.

Una premessa, non malevola, ma dovuta: se il tema è così urgente, tanto da diventare dirompente, perché Napolitano non lo ha sollevato già durante il suo primo settennato quirinalizio? Come faceva a non sapere che la situazione carceraria italiana era indecente, viste anche le periodiche rivolte estive? Forse al Quirinale passavano inosservate?

E poiché è proprio l’estate il periodo critico, perché il caldo rende ancor più insopportabile l’affollamento nelle carceri, in gran parte fatiscenti, perché il presidente della Repubblica non ha incalzato con la forza che usa ora il governo e il parlamento perché varassero amnistia e/o indulto? Napolitano ha criticato la condizione delle carceri italiane nel corso della sua visita a quelle milanesi, ma la visita è avvenuta il 6 febbraio.

Tra il 6 febbraio e il 28 settembre, quando ne ha riparlato nel corso della visita al carcere napoletano di Poggioreale per lanciare la proposta di amnistia e/o indutlo rilanciata in questi giorni, sono passati sette mesi: di silenzio sull’argomento. E in ogni caso: potevano forse ignorare al Quirinale che l’Italia detiene da tempo il poco commendevole record europeo del rapporto tra il numero dei suicidi nelle carceri e il numero di detenuti?

Come si vede, i sospetti sulla “quadra” berluscona non sono del tutto illegittimi.

Fatta la premessa, veniamo al sodo.

Le celle italiane sono affollate da 70 mila detenuti. I posti letto sono però 42.000. Ho visto con i miei occhi celle con letti a castello e con spazio talmente limitato da costringere gli “ospiti” a fare i turni per dormire. Ufficialmente l’eccesso di detenuti è di soli 15 mila anime perché 11.000 non vivono e neppure dormono in carcere, poco meno di 4.000 sono agli arresti domiciliari e 7.000 in affido. E a proposito di affido: i 10.000 condannati a pene inferiori ai tre anni o con pena residuale di soli tre anni potrebbero scontarla lavorando nei servizi sociali – come per esempio Cesare Previti e Lele Mora – se gli enti locali, a partire dai Comuni, si dotassero di adeguati servizi sociali anziché lavarsene le mani e usarle solo per applaudire il periodico buonismo svuota carceri.

Proseguiamo: 25.000 detenuti sono stranieri, metà dei quali potrebbero essere rimpatriati se l’Italia si preoccupasse di concludere accordi giudiziario penitenziari con i loro Paesi di origine anziché non far nulla, appelli a parte. A proposito di stranieri, sono di molte nazionalità gli oltre 26.000 detenuti tossicodipendenti: l’Italia ha firmato la Carta dei Diritti che per i “tossici” prevede assistenza sanitaria e supporti psicoterapeutici, che oltretutto li aiuterebbero a spezzare le catene della dipendenza dalle droghe. Alla firma però è seguito poco più di nulla. E così i 26.000 non solo restano in galera, ma vi si degradano sempre di più.

Infine, c’è la nota dolente del personale carcerario: insufficiente, con formazione professionale inadeguata e stipendi da arrossire. Nelle grandi carceri dopo una certa ora accade di tutto, specie abusi sessuali, e il personale preferisce far finta di nulla. “Le volte che ho fatto controlli serali ho visto scene che non voglio rivedere”, mi ha confidato anni fa un maresciallo delle guardie carcerarie di Regina Coeli a Roma. In queste condizioni, l’Aids in carcere è un ospite fisso dalle molte presenze.

Ultima osservazione: di amnistie e indulti ce ne sono stati vari, eppure la situazione è quella denunciata da Napolitano, rimproverataci dalla Comunità Europea e documentata dalle cifre oltre che dal dolore di troppi esseri umani, familiari compresi.

Tutto ciò è la migliore dimostrazione che non sono i soli provevdimenti di clemenza quelli che “svuotano” le carceri: non ne riducono neppure l’affollamento in modo significativo se non per brevi periodi, poi siamo punto e a capo. Quella che serve è una politica giudiziaria e carceraria. Oltre che, ovviamente, la politica generale, in tutti i campi della vita e degli interessi dell’Italia. Purtroppo, nulla di tutto ciò all’orizzonte. Solo pannicelli caldi. Destinati inesorabilmente a raffreddarsi in fretta…

Come si vede, i motivi per nutrire qualche sospetto sulle reali motivazioni dell’insistenza di Napolitano purtroppo non mancano. Anche perché Berlusconi qualche arma di pressione è possibile ce l’abbia. Nelle non rare visite e brevi vacanze di Berlsuconi in Russia a casa dell’amico Putin, qualche fotocopia imbarazzante dei vecchi tempi può essere passata di mano.

I vecchi tempi scolorano nel seppia della guerra fredda. Tempi brutti, tempi cupi, che molti hanno rinnegato, molti hanno cancellato. Fantasmi che è meglio tenere ben chiusi in tombe piombate di silenzio.

Insomma, il presidente della Repubblica avrebbe fatto meglio ad aspettare almeno il voto finale sulla decadenza di Bersluconi da senatore prima di insistere su amnistia e/o indulto.