Preferisco non infilarmi nelle tifoserie scatenate pro o contro il capitano Carola Rackete della nave Sea Whatch, perché so bene come con la caldana estiva è tradizione consolidata che esplodano polemiche esagerate, a volte parossisitiche, giornali e tv si riempiono di sparate e dichiarazioni incendiarie, tanto rumorose quanto vacue. Non a caso a volte le guerre – quelle purtroppo vere – scoppiano in questo periodo…
Mi preme invece far rilevare un particolare tutto sommato alquanto imbarazzante. Molti urlano che i disperati imbarcati sulla Sea Watch e simili non devono essere soccorsi, assolutamente e per nessun motivo, e possono pure “aspettare fino a Natale”, come ha dichiarato a petto in fuori il ministro dell’Interno Matteo Salvini, o andare ad affogare dove capita. Ma il nuovo Codice della Strada prevede l’obbligo di soccorrere gli animali feriti o comunque coinvolti in incidenti stradali. Chi se ne dovesse invece fregare viene colpito, se individuato, con sanzioni pecuniarie, ma si può arrivare anche a quelle penali. Per l’esattezza, la Legge 120/2010, all’ articolo 31 comma 2 ha introdotto nel Codice della strada, D. Lgs. 285/92, l’art. 189, comma 9 bis, che prevede quanto segue:
“L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi danno a uno o più animali d’affezione, da reddito o protetti, ha l’obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno. Chiunque non ottempera ai suddetti obblighi è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 389,00 a euro 1.559,00″.
A chi scappa, od omette la segnalazione, può però essere contestato anche il reato di “maltrattamento di animali”. Infatti il suo comportamento può essere considerato secondo l’articolo 544-ter del codice penale, che per l’appunto si occupa del maltrattamento di animali. Per questo reato la condanna arriva alla reclusione dai 3 ai 18 mesi, o in alternativa, la multa da pagare va da 5 mila a 30 mila euro. E se l’animale a seguito del danno riportato nell’incidente dovesse morire la pena aumenta automaticamente al doppio. E in Lombardia, patria di Salvini e roccaforte dei leghisti che pretendono i “porti chiusi” anche a costo di lasciar crepare i disgraziati, capita di leggere sulla stampa locale consigli di questo tipo:
“Se vedete che un cane è stato investito e l’automobilista è fuggito, appuntatevi la targa della vettura, se riuscite fate una foto del pirata della strada con il vostro smartphone. Poi prestate soccorso all’animale, se necessario chiedendo aiuto a un veterinario. Ricordatevi, infine, di denunciare il fatto alle forze dell’ordine consegnando le prove e indicando il nome del veterinario che è intervenuto sul posto affinché la cartella clinica dell’animale soccorso diventi poi prova del reato. Perché è proprio un reato e il pirata della strada merita di essere perseguito”.
Mentre per i dannati della terra in fuga dall’inferno e più o meno in pericolo in mare possiamo fottercene e possiamo anche invocare la lapidazione, la crocifissione o in subordine lo stupro delle Carola Rackete, e l’affondamento delle navi come la Sea Watch chiesto per esempio dell’onorevole Giorgia Meloni se anziché di esseri umani si tratta invece di animali è obbligatorio per legge: chiamare la polizia locale o, se non si riesce a contattarla, il numero unico 112, che metterà in moto il locale Servizio Veterinario dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS), istituita in Lombardia con la legge regionale n. 23 dell’11 agosto 2015 e articolata in otto sedi. Dalle 8 di sera alle 8 di mattina e nei giorni festivi si deve chiamare il veterinario di zona. Fatto ciò, il segnalante deve rimanere sul posto fino all’arrivo dei soccorsi.
Forse è il caso che d’ora in poi i disgraziati in fuga verso l’Italia si portino a bordo qualche cane e gatto o altri animali “da reddito o protetti”. Così magari, anche se non si trovano in Lombardia, forse possono riuscire a toccare le corde della sensibilità di leghisti e lumbard, magari Salvini compreso.
Carola Rackete ha comunque commesso una brutta gaffe: quando le hanno annullato il mandato di cattura ha dichiarato: “Forse è il caso di emigrare in Australia”. Evidentemente ignora che in Australia dal 2013 i migranti che riescono ad arrivare nonostante il respingimento di tutte le navi tipo Sea Watch li deportano tutti in in pieno oceano Pacifico in Micronesia nell’isola di Nauru, fra le più piccole del mondo, e che le loro domande di asilo non sono mai accolte.