Fiamma Nirenstein, non sarà ambasciatrice di Israele a Roma

di Pino Nicotri
Pubblicato il 14 Maggio 2016 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Fiamma Nirenstein rinuncia, non sarà ambasciatrice

Fiamma Nirenstein

ROMA – Dopo mesi di polemiche, alla fine ha dovuto cedere: Fiamma Nirenstein ha infatti rinunciato alla nomina ad ambasciatore di Israele a Roma e a S. Marino decisa lo scorso 10 agosto dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Dopo un tira e molla durato dieci mesi, l’Italia non si troverà quindi nell’imbarazzante situazione di avere come ambasciatore di un altro Stato una sua cittadina. Che per giunta è una sua ex parlamentare e gode di due pensioni pagate da istituti italiani: una pensione perché deputato nel nostro parlamento dal 2008 al 2013, e una come giornalista perché il giornalismo è la sua professione.

Fiamma Nirenstein è stata redattore dell’Espresso e poi inviato per il Medio Oriente prima per il quotidiano La Stampa, poi per il quotidiano Il Giornale e per il quotidiano telematico L’Occidentale, sul settimanale Panorama scrive regolarmente di politica internazionale e ha inoltre scritto anche per Epoca, L’Espresso, L’Europeo e Paese Sera. Prima di diventare berlusconiana e poi oltranzista più a destra perfino di Netanyahu, Nirenstein ha militato nella sinistra, spostandosi man mano dal gruppo extraparlamentare Lotta Continua al Partito Comunista Italiano. Nel 2005 ha ideato e condotto il programma di politica estera Ore diciotto/Mondo su Rai2. Nel 2006 ha infine partecipato insieme a Toni Capuozzo e Magdi Allam al programma televisivo Orient Express su Canale 5.

Come se non bastasse, l’ambasciatore mancato è stata anche vicepresidente della commissione Esteri della Camera dei deputati e direttore dal 1993 al 1994 dell’Istituto Italiano di Cultura a Tel Aviv.

Nirenstein, 70 anni lo scorso 18 dicembre, da tempo vive buona parte dell’anno in Israele, dove si è trasferita nel 2013 acquisendo quindi anche la cittadinanza israeliana e dove continua a risiedere nella colonia di Gilo, tra Gerusalemme e Betlemme. Come tutte le colonie del mondo in territori non del proprio Stato, Gilo è considerata illegale dall’Onu e dal diritto internazionale. Netanyahu ha voluto nominare la nostra 70enne concittadina con doppia pensione italiana passando sopra la tradizione secondo la quale nessun diplomatico israeliano resta in servizio oltre i 65 anni di età perché con la nomina ad ambasciatore di una colona ha tentato di far legittimare surrettiziamente la propria politica di occupazione coloniale in continua espansione. Quando venne eletta deputato italiano, il giornale israeliano Ha’aretz la intervistò e fece notare che era la prima colona israeliana eletta in un parlamento, anche se non israeliano. E Nirenstein ci ha tenuto a riportare l’intervista nel suo blog, con il poco modesto sottotitolo “Nirenstein fa la Storia”.

Analoga mossa è stata tentata nominando ambasciatore in Brasile il leader dei coloni israeliani Dani Dayan, ma il Brasile ha fatto sapere già a dicembre che non gradiva la scelta proprio perché non intende legittimare sia pure indirettamente nessun colonialismo. Nessuna obiezione invece dal nostro capo del governo, al quale la nomina era stata preannunciata da Netanyahu mentre era suo ospite a cena, durata ben quattro ore, nel corso della visita in Israele del giugno dell’anno scorso. Stando ad autorevoli indiscrezioni, Renzi ha avallato la scelta comunicatagli dal suo anfitrione. Negli ultimi mesi però il vento era un po’ cambiato.

Anche la comunità ebraica romana si è detta contraria alla nomina di Nirenstein, però non perché colona, bensì perché avrebbe potuto far sorgere dubbi su quale dei due Paesi servisse lei sia italiana che israeliana. Critica che l’interessata ha tentato di prevenire dicendosi disposta a rinunciare alla cittadinanza italiana.

Di recente Palazzo Chigi aveva negato che Matteo Renzi, nonostante tutto, fosse contrario alla nomina. Per salvare la faccia, è stata messa in giro la voce – raccolta dal giornale israeliano Haaretz – che Nirenstein è rimasta vittima di suoi vecchi articoli sulla stampa italiana con i quali criticava pesantemente la moglie di Netanyahu, Sarah, definendola spendacciona e “un mostro vestito da first lady”.