Papa Francesco: da Europa ad America Latina la centralità nella Chiesa

di Pino Nicotri
Pubblicato il 18 Marzo 2013 - 06:59 OLTRE 6 MESI FA
francesco bergoglio papa

Papa Francesco la sera della elezione

Nessuno ha previsto che tra i papabili c’era anche Jorge Mario Bergoglio, eppure era stato il cardinale più votato dopo Joseph Ratzinger quando questi venne eletto Papa. Nessuno s’è ricordato del suo nome prima e durante il conclave, eppure ora tutti fanno a gara a chi sa di più cosa farà il nuovo papa.

S’è gettato a capofitto nella gara anche Eugenio Scalfari che ha spiegato in dettaglio cosa farà Papa Bergoglio e perché ha scelto di chiamarsi Francesco. A sostenere Scalfari c’è la propria soddisfazione per avere scritto il 12 febbraio e il 10 marzo, parlando de “Il rebus che il Colle dovrà sciogliere”, che se il futuro papa non fosse stato un uomo della Curia avrebbe potuto chiamarsi Giovanni XXIV, in prosecuzione col “Papa buono” Roncalli, oppure Francesco. Previsione azzeccata, sia pure a metà. Speriamo ora che le previsioni di venerdì 15 marzo non siano il bis di quelle natalizie su Mario Monti, con la delusione conseguente che ancora pesa.

Ho l’impressione che Bergoglio sarà il Wojtyla del Centro e Sud America. Wojtyla lo elessero per indebolire e dare la spallata finale all’ Unione Sovietica già dissanguata dalla forsennata corsa alle armi, le guerre stellari, condotta dagli Usa.

Bergoglio mi pare lo abbiano eletto per contrastare e sconfiggere la tendenza di alcuni governi sudamericani a recuperare le radici indigene, cioè indie e non europee, e a lanciare la terza via, cioè una sorta di socialdemocrazia o comunque maggiore attenzione al popolo. Terza via perché diversa da quella di Cuba, ma ancor più diversa da quella degli Usa.

Mettere in pista su vasca scala la socialdemocrazia o una più decisa attenzione alle masse popolari può diventare per gli Usa e per il suo declinante predominio Wasp (acronimo di White, Anglo, Saxon, Protestant) più pericoloso di Cuba. Teniamo presente che secondo le ultime proiezioni del Census Bureau negli Usa la popolazione bianca di origine europea si avvia a perdere il suo primato demografico. Oggi è ispanico – quindi di fatto con componente di origine india – un cittadino su sei, nel 2060 il rapporto diventerà di uno a tre.

Recuperare le radici indigene porta inoltre a ridimensionare la Chiesa intesa come Chiesa cattolica quale la si intende oggi, vale a dire Chiesa di Roma. Il cattolicesimo praticato dagli indios ha molto poco di cattolico romano, intriso com’è di eredità, credenze e tradizioni indigene molto antiche, ancestrali. Tutto ciò spiega, secondo me, perché gli 11 cardinali Usa, la delegazione più numerosa dopo quella dei 28 italiani, rappresentanti della Chiesa Usa che con quella tedesca più alimenta le finanze d’ Oltretevere, hanno velocemente deciso di appoggiare Bergoglio anziché insistere su Sean O’Malley.

A dare il segnale è stato il cardinale Timothy Dolan di New York, la città che per l’appunto più risente dell’ “invasione ispanica”. Tutto ciò spiega anche l’insistenza del nuovo Papa sul fatto che il sommo pontefice è il vescovo di Roma. Ecco perché, come scrive Scalfari, “la pastoralità e l’evangelizzazione escono rafforzate da questo visione d’una Chiesa affidata ai vescovi e ai preti con cura d’anime e quindi apostolica, militante e missionaria”.

Wojtyla appoggiò con decisione i movimenti che nella sua Polonia si opponevano all’Unione sovietica, cioè al comunismo e all’ ateismo di Stato. Ma anche demolì il clero della “teologia della liberazione“, che nell’ America latina era arrivato ad avere un suo esponente, Ernesto Cardenal, ministro in un governo rivoluzionario di sinistra come quello sandinista del Nicaragua; nella sua visita in Cile legittimò il dittatore golpista Augusto Pinochet, le cui mani erano macchiate di sangue forse non meno dei militari golpisti argentini.

Probabilmente il vescovo gesuita argentino Bergoglio, contrariamente a quanto sostiene qualcuno, non ha affatto collaborato attivamente con i militari che hanno fatto sparire almeno 30 mila oppositori o presunti tali. Come Pio XII con la Germania hitleriana si è limitato a scegliere “il male minore”: vale a dire, il silenzio. E a fare il suo lavoro di vescovo nella realtà politica data, quale che essa fosse, in una Chiesa guidata da un papa anticomunista di ferro come Wojtyla. E fare il suo lavoro di vescovo in una Chiesa siffatta e nell’ Argentina di quei tempi può avere comportato, onde evitare pericolosi contagi e ancor più pericolose rappresaglie dei golpisti al potere, anche lo “scaricare” il paio di sacerdoti di cui parla Verbitsky: arrestati, detenuti per sei mesi negli orrori dei sotterranei della Scuola di Meccanica della Marina, e infine liberati certo non senza interventi e pressioni clericali, magari proprio da parte dello stesso Beergoglio. 

Bergoglio, ha le carte e le credenziali sufficientemente in regola: ha taciuto, ma evitando accuratamente di imitare il nunzio apostolico Pio Laghi, che, oltre a giocare a tennis col triumviro generale Eduardo Massera, tre mesi dopo il golpe lo ha legittimato con l’omelia del 27 giugno 1976 dicendo tra l’altro:

“Il Paese ha un’ ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi che fronteggiano i germi: così nasce la violenza. I soldati adempiono al loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d’Aquino, il quale insegna che in casi del genere l’amore per la Patria si equipara all’amore per Dio”.

Lasciamo lavorare il papa, senza tirarlo per la giacca né leggere i tarocchi per dire cosa farà e cosa non farà. Come che sia, l’Europa con Bergoglio pare destinata a perdere la centralità del cattolicesimo. Credo sia dunque ancor più il caso di esigere che, al pari di quanto avviene per gli altri Stati, non sia più il Vaticano a nominare il capo della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), ma che se lo nominino i vescovi. E che questi non siano più di nomina vaticana, di fatto quindi esecutori della politica e degli interessi “romani”, ma di nomina decisa dal popolo dei credenti dei rispettivi vescovadi.

Auguriamo a Papa Francesco lunga vita. Ma quando verrà il momento del suo addio speriamo ci venga risparmiato l’assurdo del vedere dichiarata “eroica” sia la volontà di Wojtyla di restare fino all’ultimo, quando ormai le malattie lo avevano ridotto a un simulacro, sia la decisione diametralmente opposta di Ratzinger di dimettersi invece prima del tempo voluto da Dio, la morte. Francesco sa di certo che il vero eroismo è quello dei vecchi qualunque che crepano in povertà, magari negli ospizi, comunque privi degli agi e delle cure che invece ha avuto anche Wojtyla.