Juventus da scudetto. Poi la lotta tra Napoli e Milan

di Renzo Parodi
Pubblicato il 10 Marzo 2013 - 21:22 OLTRE 6 MESI FA
andrea agnelli

Andrea Agnelli: ce l’ha fatta?

La Juventus fugge verso lo scudetto, grazie al gol-vittoria segnato in pieno recupero da Giaccherini al Catania. Il Napoli crolla a Verona contro il Chievo (0-2) e si allontana dalla vetta (-9 dalla Juventus capolista) e deve guardarsi alle spalle, il Milan è a soli due punti. In coda rientra in corsa il Siena che in trasferta affossa il Palermo (2-1) che ha un piede in B come il Pescara, battuto a Bergamo (2-1). Triplette per Amauri e Ibarbo nelle vittorie del Parma sul Torino (4-1) e del Cagliari sulla Sampdoria (3-1).

Juventus-Catania 1-0

Un gol a tempo quasi scaduto, di Giaccherini, un comprimario, e la Juventus piega un eccellente Catania, facendo un balzo decisivo verso il titolo di campione d’Italia. Carattere più che gioco, in una gara in cui la squadra di Conte non ha mai smesso di inseguire i tre punti. Il Catania si è confermato la squadra rivelazione del campionato, rispetto alla obiettiva consistenza degli investimenti e dell’organico. Maran nell’occasione si è acconciato ad una tattica attendista che di solito non gli appartiene.

Ha schierato i suoi molto corti e stretti e pere poco non gli è riuscito di imbrigliare la titolata avversaria. Una giocata di Pogba ha messo Giaccherini in condizione di colpire. Sarà discontinuo e a volte svagato, il giovanissimo centrocampista,m francese, come rimarca Conte, ma ha colpi da fuoriclasse autentico. Secondo costume (e convenienza) Conte spegne gli entusiasmi ma in cuor suo sa di aver compiuto un passo importantissimo verso il tricolore, anche grazie alla contemporanea caduta del Napoli che sta perdendo fiducia e terreno in clsssifica.

Il tecnico punta alla doppietta, addirittura: campionato e Champions e difatti farà un tifo sincero, martedì, per il Milan impegnato al Camp Nou. Se il Barcellona esce dai giochi, il trofeo continentale diventa decisamente più accessibile. Conte ha deciso di restare alla Juve, respingendo le sirene londinesi del Chelsea. Ha già stilato il programma per la prossima stagione: servono investimenti imponenti per restare al vertice, in Italia e in Europa. Ha quantificato anche la somma che dovrà essere spesa sul mercato: 120 milioni di euro. Llorente, già ingaggiato, sarà solo uno dei tasselli che dovranno rinforzare la squadra in tutti i reparti. L’obiettivo grosso potrebbe essere Ibrahimovic, scontento dell’esperienza parigina.

Chievo-Napoli 2-0

Mazzarri se la prende con le congiunzioni astrali (“è un momento che ci gira storto”) ma da diverse settimane il Napoli marcia a tre cilindri. Cavani prosegue il digiuno in fatto di gol, non segna dal 27 gennaio scorso. A Verona ha avuto il pallone per interrompere la dieta, addirittura dal dischetto del calcio di rigore, ma ha calciato male e Puggioni gli ha neutralizzato il tiro.

Alla vigilia il tecnico di San Vincenzo era apparso alquanto nervoso e seccato dalle domande dei cronisti che gli facevano notare i difetti contingenti della sua squadra. In Coppa Europa il Napoli era stato addirittura mortificato dal Victoria Plzen, non proprio un’avversaria di primissimo rango. Se non altro l’eliminazione dall’Europa aveva permesso a Cannavaro (a Verona assente per squalifica) e compagni di concentrare energie fisiche e mentali sul campionato.

Dove però il cammino del Napoli ultimamente era stato alquanto tribolato, quattro pareggi nelle ultime quattro partite contro Lazio, Sampdoria, Udinese e e Juventus. A Verona tutti i nodi sono venuti al pettine. E adesso il Napoli dovrà difendere il terzo posto dall’assalto di un Milan ringalluzzito dalla striscia positiva e sotto in classifica di soli due punti. Non resta che sperare che il Diavolo debba impegnarsi ancora in Champions, altrimenti saranno dolori. Inevitabile che si riaccenda il tormentone sul futuro di Mazzarri. Va o resta? “Ne parleremo a fine campionato”, ha tagliato corto il tecnico. Il presidente De Laurentiis è già pronto ai divorzio. Nel caso, si rivolgerà a candidati forti: Petkovic o Mancini.

Il Chievo era passato a condurre due volte (Dramé e Thereau) e non aveva mai dato l’impressione di subire il ritorno di un Napoli timido e inconcludente. Gran bella squadra ha costruito Corini, il Chievo si avvia ad una tranquilla salvezza e nel frattempo si toglierà qualche altra soddisfazione.

Parma-Torino 4-1

Già a Genova il Parma aveva dato consistenti segnali di ripresa, nonostante la sconfitta contro al Sampdoria. E finalmente dopo otto turni senza vittoria, la squadra di Donadoni, ha rotto il ghiaccio. Amauri, bomber redivivo, ha segnato una tripletta e il Parma si è reinsediato al decimo posto. Agganciando la Sampdoria. Ventura cercava conferme dal suo altalenante Torino. Ha rimediato una brutta batosta. La classifica granata resta abbastanza tranquilla, ma servono altri 8 punti per metterla in sicurezza.

Cagliari-Sampdoria 3-1

Troppo miele sulla Sampdoria, trippi complimenti a Icardi, Poli, Obiang, la meglio gioventù blucerchiata. In serie positiva da sei giornate, avendo raccolto la bellezza di 18 punti in dieci gare della gestione di Delio Rossi, la squadra genovese ha subito a Cagliari tre gol, quasi quanti ne aveva incassati nelle dieci precedenti 10 partite (quattro).

Mancava Gastaldello, il capitano e perno della difesa, e Krsticic, il baluardo di centrocampo, ma non ci sono scuse. La Sampdoria non è praticamente scesa in campo nel forno silenzioso di Is Arenas. “Siamo stati troppo brutti per essere veri”, la fotografia di un furibondo Delio Rossi non ha bisogno di altre chiose. Mancanza di stimoli, poca corsa, nessuna voglia di sacrificarsi. Al contrario del Cagliari, caricato a molla dalle disavventure legate alla vicenda dello stadio di casa e dalla carcerazione del presidente Cellino.

Il Cagliari ha giocato col sangue agli occhi (a volte eccedendo in durezze, l’arbitro, l’imperiese Massa ha tollerato senza prendere provvedimenti), ma la vittoria è assolutamente priva di ombre. Ibarbo, prima doppietta in Italia, è l’eroe del giorno. La squadra è virtualmente salva e potrà sfogarsi anche a Siena, dove l’attende un avversaria rilanciata dalla vittoria di Palermo. Domenica la Sampdoria ospiterà l’Inter., Incerta la presenza di Icardi, uscito acciaccato, contro la squadra che potrebbe essere la sua il prossimo anno.

Palermo-Siena 1-2

Il Palermo ha sprecato la prima e probabilmente l’ultima palla per tornare a correre verso la salv4ezzaq. Battuto in casa dal Siena,m una diretta rivale, la squadra riaffidata da Zamparini a Gasperini ha ancora una volta dimostrato la pochezza della propria cifra tecnica. Due traverse colpite vanno in archivio alla voce sfortuna, ma è troppo poco per recriminare per davvero. L’ultimo posto in coabitazione col Pescara è qualcosa che assomiglia ad una sentenza di morte (sportiva, s’intende),. Non tanto per il distacco (sei punti in classifica dalla quyart’ultima il Genoa) quanto per l’obiettiva inconsistenza di una squadra che fatica persino a lottare e comunque si trascina appresso la cronica impotenza a fare gol.

Il Siena si è prontamente risollevato dalla batosta interna contro l’Atalanta, Iachini ha trasmesso alla squadra il suo carattere indomito. Emeghara e Rosina (su calcio di rigore) hanno ribaltato il vantaggio iniziale di Anselmo. Ora il Sdiemne crede nella rimonta. Se farà risultato pieno contro il Cagliari affronterà a testa alta lo spareggio col Genoa, a Marassi, dopo la sosta per le partite della Nazionale.

Atalanta-Pescara 2-1

Neppure l’ennesimo cambio di panchina (da Bergodi al neofita Bucchi) è servito a spo3ezzare la serie nera del Pescara. In vantaggio con D’Agostino (poi costretto al forfait per infortunio) la squadra abruzzese si è squagliata nella ripresa consentendo alla ‘Atalanta (che aveva già pareggiato dal dischetto con Denis prima dell’intervallo) di superarla, ancora con il bomber argentino. Inconsistente in attacco, nonostante il ritorno al tridente (Sculli. Weiss, Vukusic), il Pescara ha traballato anche in difesa. L’Atalanta non era neppure in giornata (l’assenza prolungata del regista Cigarini si è sentita), eppure è riuscita agevolmente a ribaltare il risultato guadagnando tre punti fondamentali per la salvezza.

Inter-Bologna 0-1

La sconfitta casalinga era nell’aria. L’Inter non perdeva in casa dal 23 settembre 2012, contro il Siena. E ora dade al cospetto di un vigoroso Bologna, lontano peraltro dalle furenti accelerazioni e dai poderosi sfondamenti del Tottenham. . Decide Gilardino e nessuno può eccepire. L’Inter di questi tempi perde i pezzi da tutte le parti. L’organico, decimato dagli infortuni (Milito, quanto ci manchi…) è quello che è. E Stramaccioni ci mette del suo, facendo e disfacendo la squadra ad ogni giro di orologio. Cambiano gli uomini, cambiano gli schemi, alla ricerca della pietra filosofale che ovviamente non esiste. Ora l’Inter è quinta con la Lazio, scavalcata dalla fiorentina vittoriosa a Roma sulla squadra di Petkovic.

Ancora una volta, il giovane tecnico nerazzurro sbaglia la formazione iniziale. Presenta un’Inter zeppa di centrocampisti, che dovrebbero appoggiare l’unica punta, Palacio. Cassano parte in panchina, Chissà perché. Gli uomini della terra di mezzo finiscono per pestarsi i piedi e masticano un calcio scontato e a ritmo lento. Si rivede Stankovic, che ha piedi sapienti ma procede a bassissimi giri e in avvio di ripresa dovrà uscire per infortunio. E il giovane Benassi non la prende mai. Qualche segno di vita arriva da Guarin, ma insomma l’Inter è poca cosa e il pensiero corre, inevitabilmente,alla figuraccia di Londra. Il Tottenham in campionato le ha buscate dal Liverpool, ma giovedì si presenterà a San Siro dall’alto del 3-0 dell’andata e nessuno, neanche il più sfegatato tifoso interista, oserebbe coltivare la speranza di un clamoroso ribaltone. Se questa è l’Inter, è buio a mezzogiorno.

Difatti il Bologna fa un figurone, sfiora un paio di volte il gol e tiene costantemente in apprensione la difesa nerazzurra. Gabbiadini- sul quale Zanetti, commovente per abnegazione, monta una guardia arcigna – Diamanti e Christodoulopoulos sono frecce acuminate. In mezzo Taider, Perez e Khrin dettano legge. Le uniche emozioni le regala il mediocre arbitro Calvarese che risparmia il giallo a Gargano e Benassi (interventi a tacchetti spianati) e ammonisce Gabbiadini per una simulazione che non c’è.. I fischi del pubblico, all’intervallo sono il corollario inevitabile all’ennesimo primo tempo slabbrato e velleitario dell’Inter.

Nella ripresa, l’ovvia correzione di rotta (Cassano dentro per Benassi) dà l’illusione della palingenesi interista ma dopo 12’ Gilardino (11esimo gol stagionale) infilza Carrizo (Handanovic è squalificato) e su San Siro scende la notte. Il Bologna ha una marcia in più e regge alla grande. Strama ricorre a Kovacic e all’inossidabile Cambiasso (fuori Schelotto), salvatore della patria a Catania, ma ci vuol altro. Servirebbero i muscoli e la malizia di Milito, nella centrifuga dell’area di rigore bolognese. Palacio è delizioso nello spazio, allo stretto si immiserisce e Cassano ha il pallone dell’1-1 ma permette a Taldo (promettente l’esordio del difensore brasiliano in prestito dall’Udinese) di arginare il tiro. Finale drammatico, con l’Inter avanti tutta, Ranocchia centravanti di complemento e Cambiasso pronto a gettarsi in ogni varco. E per poco goleador nel finale, ma Curci dice di no. I miracoli (vedi Catania) raramente si ripetono. Moratti aveva ribadito fiducia a Stramaccioni e al suo progetto giovani. Ma quale? In campo per adesso l’Inter manda i grandi vecchi. I giovani (Icardi?) esistono solo nei sogni. Se salta la Champions il presidente dovrà rivedere i conti. Tra esserci e non esserci ballano una trentina di milioni di euro. E il tempo delle vacche grasse è definitivamente tramontato.

Il Bologna è una gran bella realtà, i tre punti di San Siro lo consacrano e gli offrono una virtuale salvezza a quota 35 con Sampdoria e Parma. Le correzioni del mercato di gennaio si sono rivelate azzeccate. I tifosi rimpiangevano la partenza di Portanova e ora si spellano le mani per Sorensen, Antonsson e Taldo. Sabato c’è Bologna-Juventus, controprova eccellente per i ragazzi di Pioli.

Lazio-Fiorentina 0-2

La Fiorentina si mangia la Lazio, 2-0. Jovetic e Ljaijc i giustizieri sul prato fradicio dell’Olimpico. La Viola rifiorita di Vincenzo Montella sale al quarto posto, a 48 punti, tre lunghezze sotto il Milan e cinque sotto il Napoli. A questo punto, perché mettere liniti alla Provvidenza? Osare l’inosabile ora si può. Borja Valero ha diretto come un Toscanini del pallone e Pizarro è stato il suo degno compagno di giochi. I due davanti hanno fatto ammattire la retroguardia laziale e insomma la vittoria viola non fa una grinza. Montella chiedeva alla Fiorentina di farsi valere anche in trasferta ed è stato accontentato. Alla consueta intraprendenza in attacco, la Viola ha aggiunto un attento presidio del centrocampo e una puntuale copertura della difesa. La Lazio non è stata a guardare, probabilmente ha pagato qualcosa alla fatica di coppa a Stoccarda. Generoso ma confuso il forcing in replica al vantaggio precoce di Jovetic (12esimo centro stagionale), replicato in avvio di ripresa da una chirurgica punizione di Ljaijc. Marchetti tutt’altro che impeccabile nel piazzamento. Gran giro palla della squadra di Montella, che ha spento gli ardori biancazzurri. Il palleggio insistito della Viola ha finito per irretire la Lazio, molto nervosa e altrettanto fallosa (quattro ammoniti).. In campionato la squadra di Petkovic proprio non ingrana. Ogni volta che rialza la cresta in Europa, paga pegno. Ora la Lazio è quinta a 47 punti, appaiata all’Inter, altra grande delusa, battuta in casa dal Bologna. Destini paralleli. Ma obiettivamente la Lazio ha dato finora quel che poteva, il suo organico non è all’altezza di quello dell’Inter. Sulla carta, almeno. Perché il campo ha raccontato una storia diversa.