ROMA – Tempo d’esami per le banche europee. Dal prossimo mese 128 istituti bancari del vecchio continente, tra cui 15 italiani, finiranno sotto la lente d’ingrandimento della Bce. E vi resteranno sino all’ottobre del 2014, cioè sino alla vigilia del ‘entrata in vigore della vigilanza unica affidata a Francoforte che partirà dal novembre 2014. A temere non solo le banche del nostro Paese o quelle spagnole, ma anche quelle di paesi come la Germania e la Francia che, in teoria, sono più virtuosi di noi. Una radiografia del sistema bancario europeo che non farà sconti a nessuno, ha promesso Mario Draghi. Le borse perdono e la paura cresce.
Carige, Mps, Credito Valtellinese, Popolare dell’Emilia Romagna, Popolare di Milano, Popolare di Sondrio, Popolare di Vicenza, Banco Popolare, Credito Emiliano, Iccrea Holding, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, UniCredit, Ubi e Veneto Banca. Queste le banche italiane sotto esame, ma in ottima compagnia. Alle 15 del nostro Paese si aggiungono 24 istituti tedeschi (tra cui Deutsche Bank), 16 spagnoli, 13 francesi, 7 olandesi e via elencando sino al totale di 128 banche.
I parametri definitivi di questi esami, più correttamente definiti stress test, non sono ancora stati resi noti, e probabilmente andranno anche stabiliti paese per paese. Quello che già si conosce sono però i tempi dell’esame e, diciamo, le materie principali. Il cronoprogramma, come detto, prevede l’avvio dell’analisi per il prossimo mese e conta di andare avanti sino all’ottobre dell’anno prossimo. A novembre 2014 poi, ad esame concluso, la Bce assumerà le competenze in tema di vigilanza e, visti i tempi, potrebbe l’analisi di oggi somigliare ad un test di ammissione. Nessuno resterà fuori, ma prima di entrare nell’ombrello di vigilanza si saprà quali banche devono correggere cosa per essere considerate “buone”.
Tre gli obiettivi principali dell’operazione: migliorare la qualità delle informazioni disponibili sulle reali situazioni delle banche, cioè più trasparenza; individuare le eventuali correzioni da realizzare; e terzo, come conseguenza, aumentare la fiducia nei confronti degli istituti bancari oggi bassina.
Diverse poi le “materie” d’esame, le diverse voci che dalla Bce saranno valutate nell’analisi dei singoli istituti. E forse con qualche sorpresa le tanto vituperate banche italiane, come le spagnole, si scoprono migliori delle colleghe tedesche. Almeno in alcuni campi. Seguendo l’analisi fatta da Moyra Longo sul Sole24Ore, le nostre banche avranno difficoltà sul terreno dei crediti deteriorati in loro possesso. Crediti di tal genere sono infatti significativamente più presenti nella pancia delle banche nostrane rispetto a quelle francesi od olandesi. C’è però da tener conto che, per la nostra legislazione, nella categoria “deteriorati” rientrano crediti altrove considerati buoni. Per analizzarli sarà quindi o uniformare i criteri che discernono tra i crediti, o stabilire asticelle differenti a seconda delle legislazioni.
In un’altra materia però, a rischiar di finire dietro la lavagna, saranno le banche nordiche. E’ il caso dei titoli tossici e della leva. I primi, i titoli tossici, sono illiquidi che non hanno mercato. Deutsche Bank, ad esempio, possiede titoli tossici per 38 miliardi di euro, pari a ben il 94.6% del patrimonio netto tangibile dell’istituto. Discorso analogo poi sui derivati che, come i titoli tossici, riempiono molto più i bilanci delle banche francesi rispetto a quelli delle nostre. Sulla leva infine, cioè il rapporto tra totale attivi e il patrimonio netto, ancora una volta a trovarsi in difficoltà potrebbero essere tedesche e francesi in primis.
All’interrogazione sui titoli di stato torneranno a tremare invece le banche del sud, decisamente più esposte su questo fronte rispetto alle colleghe del nord. Tra le italiane, le più a rischio sul tema sono Mps, Banco Popolare, Ubi e Intesa.
Infine, il calcolo dei rischi, la valutazione cioè della “copertura” che le banche hanno in caso di criticità. Le regole di Basilea stabiliscono che ogni istituto debba accantonare del capitale per ogni attività che svolge. Una sorta di assicurazione. La quantificazione del rischio però, e insieme a questa la misura del capitale che va accantonato, varia da paese a paese, da legislazione nazionale a legislazione nazionale. Così, ad esempio, per ogni muto da 100 mila euro concesso, le banche olandesi devono mettere da parte 14 mila euro. Euro che in Italia diventano 20 mila e in Spagna ben 35 mila. La Bce valuterà se questo è frutto di metodi di valutazione del rischio più efficaci, o di regole troppo favorevoli.