Sviluppo, caccia ai nuovi modelli. Il mondo di prima è troppo vulnerabile. Nella foto, Maker Faire Rome, edizione 2019 Sviluppo, caccia ai nuovi modelli. Il mondo di prima è troppo vulnerabile. Nella foto, Maker Faire Rome, edizione 2019

Sviluppo, caccia ai nuovi modelli. Il mondo di prima è troppo vulnerabile

Le macerie che lascerà il Covid saranno superiori del previsto. E noi “siamo spaesati tra lavoro a distanza e abitudini perse. In questa condizione psicologica pericolosa c’è chi invoca il dittatore illuminato. E poi dov’è il dittatore illuminato?” (Umberto Galimberti, sociologo e antropologo, intervistato da Walter Veltroni un mese fa).

Su una cosa sembrano essere tutti d’accordo: il mondo di prima si è rivelato troppo vulnerabile. Va cambiato.

È cominciata la caccia a nuovi modelli di sviluppo con convegni, fiere, libri, percorsi universitari. E fioccano nuovi termini: resilienza, economia circolare, ecosostenibilità. Anche, fatalmente, anglicismi: rick management, coping,  networking, personal branding.

CERVELLI IN CAMPO

Sono tanti. In Italia, all’estero. Persino la Curia romana con un dicastero “pesante”. Il Pontificio Consiglio della Cultura guidato dal cardinale Gianfranco Ravasi. Biblista e teologo, dieci lauree honoris causa, già prefetto della prestigiosa Biblioteca Ambrosiana ( fondata nel 1607 da Federico Borromeo).
 
Ravasi è affiancato da Giuliano Amato, due volte premier, tre ministro (nei governi Goria, De Mita, Prodi, D’Alema). Il Consiglio si è mosso per tempo, a maggio. Amato sostiene che “non possiamo tornare indietro, il mondo di prima è troppo vulnerabile”. Ravasi, in una lettera del 7 maggio inviata alla Consulta scientifica del “Cortile dei Gentili” ( dicastero della Santa Sede ) parla apertamente.
 

E dice: “Si prospettano nuove sfide. Sono convinto  che con un approccio multidisciplinare e dialogico orientato al progresso ma anche alla salvaguardia della dignità umana si può guardare con speranza al futuro”. Nella squadra di Amato ci sono anche Enrico Letta e Nicola Piovani.

NUOVO ECOLOGISMO

La natura è entrata nell’agenda politica. La UE ha fatto un patto storico a metà dicembre. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è alla ribalta il “green conservatism”. Non è una novità. Teddy Roosvelt ( 1858-1919 ) – il  presidente Usa  premio Nobel per la pace nel  1906 – definiva le meraviglie della natura “the most glorious heritage”. Richard Weaver( 1910-1963 ), accademico, sosteneva che “l’uomo ha un dovere verso la natura poiché è l’eredità di un creatore “.

Sulla stessa linea il poeta T.S.Eliot ( 1888-1965 ). Per lui ambientalismo e religione erano collegati. Insomma la questione ambientale è legata alla tradizione e alle nostre radici cristiane. Di qui gli odierni dibattiti sulla necessità (o meno) di un nuovo ecologismo di matrice conservatrice. Che non trova tutti d’accordo.

E c’è da chiedersi se questa pandemia non sia l’inizio di un nuovo modo di stare al mondo.

PANDEMIA E RESILIENZA

Se ne parla sempre di più. Ovunque. Anche alla “ Maker  Faire Rome”, una kermesse della innovazione (dall’11 al 13 dicembre, 300 stand, 130 eventi, curatore Alessandro Ranellucci). A Bologna ci ha pensato il gruppo Hera .A Sanremo, al summit annuale del “World Protection  Forum” si è parlato di come salvare il lavoro e i lavoratori in questa era Covid.Si’, la ripartenza è possibile, ma ci sarà se saremo capaci di costruire un nuovo modo di fare impresa. All’Ariston si sono visti  Oscar Farinetti, Edward Luttwak e grandi gruppi come PwC o Microsoft .

La parola più gettonata? Resilienza, ovvero la capacità di reagire di fronte a traumi o difficoltà in modo positivo. E i componenti che sviluppano la resilienza  sono ottimismo,autostima,robustezza psicologica, supporto sociale. Più un bel “coping”, cioè una buona strategia di adattamento. Di resilienza per primo ne ha parlato Walter Cannon ( 1871-1955 ), docente ad aHarvard, il padre della psicosomatica.

Era il 1914. Poi un lungo silenzio. C’è voluta una pandemia per recuperarla.   

Per ripartire serve un nuovo modello di produzione e consumo. Un sistema economico pensato per potersi rigenerare garantendo la sua ecosostenibilità. Questo nuovo modello si chiama appunto “Economia circolare”. Implica tante cose: condivisione, prestito, riutilizzo,riciclo dei rifiuti ( in Europa 2,5 miliardi di tonnellate ). Perché le risorse della terra sono limitate e tutti devono fare la loro parte. “Anche la moda” ha assicurato Matteo Marzotto, rampollo di una dinastia in pista dal 1836. Si parla già di “Moda sostenibile”. Tempo da perdere non ne abbiamo più. È finito.

 

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