Irlanda la prossima dopo la Grecia? Giovedì il referendum sul fiscal compact

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Gerry Adams (Ap/Lapresse)

DUBLINO – Giovedì 31 maggio gli irlandesi sono chiamati alle urne per il referendum sul fiscal compact europeo e dall’esito probabilmente dipenderanno le sorti del Paese, visto che “se la Grecia crolla, l’Irlanda sarà la prossima” come dicono in tanti al governo.

Stando ai sondaggi citati dal Wall Street Journal il partito del No, guidato dal movimento indipendentista Sinn Fein di Gerry Adams, sarebbe destinato alla sconfitta.

Chi si oppone al fiscal compact  crede che il trattato non porterà altro che austerità e piani duri per gli irlandesi, che già da cinque anni vivono restringendo la cinghia, come richiesto dall’Unione europea e dal Fondo Monetario Internazionale alla fine del 2010 per il salvataggio del paese.

Il leader di Sinn Fein, Adams, ha invitato gli elettori a votare No per unirsi ai “milioni di cittadini di tutta l’Europa” che vogliono dire basta a quelle politiche di austeruty “incapaci di risolvere la crisi del debito”.

Adams ha puntato il dito contro il premier Enda Kenny  perché ritenuta responsabile di non  rinegoziato il debito di circa 60 miliardi di euro per salvare le banche irlandesi.

Kenny però ha portato avanti la sua campagna al grido “Sì al fiscal compact per recuperare la crisi”. Secondo il primo ministro se vincesse il No, l’Irlanda non potrebbe più accedere a ulteriori prestiti da parte dell’Eurozona e la posizione del Paese nell’unione monetaria si indebolirebbe.

“Giovedì prossimo, per il referendum sul trattato di stabilità, vi verrà chiesto di prendere una decisione che avrà conseguenze enormi per il futuro del nostro paese. Questo trattato darà alla zona euro la stabilità di cui ha bisogno”, ha detto Kenny. E ha aggiunto: “Si tratta di qualcosa di essenziale per la crescita e la creazione di posti di lavoro. Un ’SI’ forte potrà permettere al nostro paese di continuare sulla strada della ripresa economica”.

Al momento i sondaggi danno il sì in testa con il 37% delle preferenze. Ma gli indecisi sono ancora molti: circa il 35%. ”Le immagini delle mense per poveri di Atene sono difficili da scacciare dalla mente”, sostiene il viceministro dell’Economia Brian Hayes, impegnato in una campagna di persuasione ‘porta a porta’. ”Sull’uscio di casa i cittadini lo dicono: per quanto sia dura qui – taglia corto – non è come la Grecia”.

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