Scampoli di Montecitorio il giorno dopo, avvistamento imprevisto di Umberto Bossi e tutti a consultare l’Oracolo Sommo, quello che sa e quello che può. Quello che parla con la voluta oscurità della Sibilla, stavolta padana e non cumana. “La Lega va alle elezioni con Berlusconi? Vediamo”. Niente meno che un simile dubbio! Ma non è un vero annuncio di incertezza sulle alleanze, è l’alternativa gentile di Bossi all’ormai consueto dito medio alzato a rispondere ai giornalisti. Vuol dire solo non disturbate con domande sciocche. Poi all’Oracolo Sommo scappa qualcosa di più concreto: “Alle elezioni Pdl e Lega li spazzano via tutti, li spazziamo tutti”. Neanche un chilometro più in là, a Palazzo Grazioli, raccontano che l’ultimo vertice Pdl abbia scelto una data: marzo 2011 per votare. Marzo perchè a novembre non ce la si fa e giugno 2011 è troppo lontano? Marzo perchè per allora sarà pronto il “pretesto”, il casus belli, insomma la questione giusta su cui chiedere lo scioglimento delle Camere? Marzo perchè prima in Parlamento c’è solo il “processo breve” e fare la crisi di governo sulla “giustizia del premier” non è proprio la cosa più elegante e popolare? Gira la quadriglia dei mesi, sul quando e sul come si voterà.
In realtà non c’è gran bisogno di oracoli: si vota, saranno elezioni anticipate, la legislatura iniziata nel 2008 non arriverà al 2013. Lo sanno tutti. Novembre 2010 o marzo 2011 o maggio-giugno 2011 dipenderà da tante cose che non sono nelle mani esclusive di Bossi e neanche Berlusconi. Inutile chiedere a loro. Quel che c’è da sapere si sa: Berlusconi ha voglia e fretta, Bossi vorrebbe tirarla almeno fino ad aver incartato e portato a casa tutti i decreti del federalismo. Dovrebbe aspettare fino a metà dell’anno prossimo e poi dare il via libera alle elezioni. Comincia a capire che non ce la farà, è questa la novità. L’Italia torna dunque a votare ed è questa la realtà.
Il giorno dopo c’è un articolo di giornale che descrive perfettamente un pezzo di verità. Dice l’articolo che il terzo Berlusconi della nostra storia contemporanea è arrivato al capolinea. E’ un pezzo di verità e un pezzo di verità, purtroppo, non è la verità. Il primo Berlusconi fu l’imprenditore abile e spregiudicato, quello che “scese in campo” per salvare se stesso e la sua azienda, quello che riempì il vuoto lasciato dal pentapartito, quello che sdoganò il Msi, quello che inventò un partito, un linguaggio politico, una “narrazione italiana”. Il primo Berlusconi era un uomo abile, il più abile a trar profitto dalla crisi verticale di quella che sarebbe poi stata chiamata la “Prima Repubblica”. La prima storia fu la storia di un successo aziendale che clonava un successo elettorale. Ma non fu un successo politico.
Venne poi il secondo Berlusconi, il Berlusconi delle promesse. Il secondo fu soprattutto demagogia, il “meno tasse per tutti”. Ancora successo elettorale, ancora più grande e poco governo. Poco, ma in piena sintonia con un’Italia che di essere governata non aveva nessuna voglia. Era già l’Italia che si voleva e si piaceva immobile, convinta e sicura che l’unica vera e grande riforma era che ognuno si facesse i fatti suoi e i suoi interessi e da lì ne sarebbe scaturito l’interesse e il vantaggio di tutti.
Il terzo Berlusconi è stato, è ancora quello del “populismo”. Il “popolo” contro il “Palazzo”. Dove per Palazzo s’intende la “gabbia” della Costituzione e delle regole. Il terzo Berlusconi è quello che esplicitamente vuole smontare il sistema delle regole. Non più l’abile imprenditore e neanche il politico che liscia il pelo alla pubblica opinione. Il terzo è un leader, un capo che non tollera contro poteri, che li vuole “spianare”, convinto che solo così si possa e si debba governare.