Libero: “La Camera compra quadri e sculture, poi li nasconde in cantina”

Pubblicato il 2 Maggio 2012 - 10:01 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “La Camera compra dei quadri e poi li nasconde”, Franco Bechis su Libero riporta le spese per le opere d’arte, poi però tenute in cantina. “Fra dipinti, sculture, tappeti, arazzi, disegni, reperti archeologici, busti e varie amenità il palazzo degli onorevoli ha circa 4.700 pezzi da museo – scrive Bechis – Di questi 554 sono prestati da terzi (spesso sono i pezzi più pregiati), il resto è nello stato patrimoniale dei deputati. Pezzi di valore, che si potrebbero offrire a musei pubblici o anche mettere all’asta per provare a ridurre anche così un po’ di spese del principale palazzo della politica. E invece accade il contrario: ogni anno la Camera acquista altre opere. Più o meno di valore”.

Da quando c’è alla presidenza Gianfranco Fini la collezione d’arte è aumentata di 127 pezzi di proprietà. Fra le fatture del 2011 che l’amministrazione della Camera ha dovuto rendere pubbliche secondo regolamento c’è l’ultimo acquisto deciso da chi guida il palazzo. Un assegno da 5 mila euro in favore di Mauro Olivi: bolognese, classe 1937, ha soggiornato alla Camera per 3 legislature, dal 1976 al 1987. L’ex deputato ha potuto poi dedicarsi ai suoi hobby preferiti. Il primo era proprio la scultura, con cui vinse nel 2007 la sezione arte di una memorabile edizione del premio Agape nel castello di San Gaudenzio di Cervesina.

“Olivi e giovani artisti a parte – prosegue Bechis – nella collezione d’arte di Montecitorio ci sono opere anche molto note che attraversano i secoli: si va da una Madonna di Luca Giordano a una tela attribuita a Jacopo Tintoretto, fino alle Nozze di Caana di Paolo Veronese e Benedetto Calliari. Nutrito anche il portafoglio di opere d’arte del Novecento e contemporanea: sui va dai Renato Guttuso a Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi, Aligi Sassu, Mario Sironi, Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Franco Gentilini, Marino Mazzacurati, Mario Mafai, fino a una vera e propria chicca: il ritratto di un giovane scrittore della surrealista argentina Leonor Fini, che portava lo stesso cognome dell’attuale presidente della Camera (ma non risultano parentele nemmeno lontane). Ora nel museo di Fini svetterà anche l’opera del comunista che mangiava le falene…”