Governo. Da Berlusconi a Di Maio: come doveva andare, non è andata

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Aprile 2018 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA
Governo. Da Berlusconi a Di Maio: come doveva andare, non è andata

Governo. Da Berlusconi a Di Maio: come doveva andare, non è andata

ROMA – Secondo Licia Ronzulli, senatrice FI ammessa nella ristretta cerchia più vicina a Berlusconi, “l‘apertura di Di Maio è durata meno di sette ore”, per cui l’esplorazione a destra della Casellati, “è fallita, non si può continuare a prendere schiaffi in faccia”. In quelle sette ore il 32enne capo politico M5S deve aver cullato il sogno di salire a Palazzo Chigi, forte del “contratto” di governo con la sola Lega e con Forza Italia e FdI relegati al sostegno esterno senza nulla a pretendere, nemmeno la possibilità di sedersi al tavolo negoziale.

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Un sogno, appunto. Cui può restare appeso al massimo per altri due giorni perché, scaduto il primo mandato esplorativo, il Presidente Mattarella affiderà il secondo per verificare quanto sia caldo l’altro forno, quello del Pd: ma in questo caso, la condizione necessaria imposta dai democratici è che Di Maio abbandoni le ambizioni di premiership, e non è detto sia anche sufficiente. Ilaria Lombardo su La Stampa circoscrive i termini dell’accordo, cioè come doveva andare e che, tranne il breve interludio di sette ore, non è andata.

Appoggio esterno (preferibilmente con Fi che esce dall’aula per evitare la fiducia), in cambio di ministri d’area, tecnici che piacciono a Berlusconi, blindati da Salvini, perché l’unica cosa sulla quale i 5 Stelle non lasciano nemmeno uno spiraglio è la possibilità che il leader di Fi si sieda al tavolo con loro. Concedono però a Salvini un punto: che lui vesta i panni del leader del centrodestra, non più della Lega. (Ilaria Lombardo, La Stampa)

In quelle sette ore qualcuno deve aver mentito, difficile dire chi non per mancanza di indizi, al contrario sono troppe le pistole fumanti per identificare i colpevoli. Potrebbe aver mentito, per esempio, Salvini, sia quando in mattinata assicurava a Di Maio di aver convinto Berlusconi a fare un passo di lato, sia allo stesso Berlusconi confidandogli di aver convinto Di Maio a non negargli dignità politica. Poi però, di fronte alla Casellati, Di Maio avrebbe scoperto che il centrodestra pretendeva “tavolo comune a quattro, ministri scelti dai singoli partiti, no al reddito di cittadinanza e premier deciso dal centrodestra” (Ilaria Lombardo).

Se Salvini è quello costretto a crederci di più e quindi a forzare la mano, se Berlusconi non vuol più prendere schiaffi in faccia, Di Maio – paradossalmente futuro presidente del Consiglio solo se il “male assoluto” di Arcore graziosamente lo conceda – ha un grosso problema di credibilità interna, i suoi, se accetta una qualsiasi forma di interlocuzione con l’ex Cavaliere, chi li tiene?