Il Governo dei dimissionari: Cosentino è il terzo esponente che lascia in due mesi

Pubblicato il 14 Luglio 2010 - 19:20 OLTRE 6 MESI FA

Nicola Cosentino

Il Governo dei dimissionari, dopo due mesi si ritira il terzo esponente della maggioranza. Il sottosegretario Nicola Cosentino lascia sull’onda delle indiscrezioni e delle successive polemiche politiche, relative alle diverse inchieste giudiziarie che prima hanno portato a lasciare l’incarico Claudio Scajola e poi, dieci giorni fa, Aldo Brancher.

Una scia che ha visto anche le dimissioni da assessore all’avvocatura della Regione Campania da parte di Ernesto Sica, mentre Antonio Martone, avvocato generale della Cassazione, ha lasciato la magistratura, entrambi travolti dall’inchiesta della Procura di Roma sull’associazione a delinquere, la cosiddetta P3, messa in piedi dall’imprenditore sardo Flavio Carboni, nata da una costola delle indagini sugli appalti dell’eolico in Sardegna.  Martedì, infine, il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci ha revocato l’incarico al direttore generale dell’Agenzia regionale protezione dell’ambiente della Sardegna (Arpas), Ignazio Farris, anche lui coinvolto nell’inchiesta sull’eolico.

L’ex ministro alle Attività Produttive, Claudio Scajola, si è dimesso il 4 maggio, dopo giorni di polemiche per essere stato chiamato in causa nella vicenda di una compravendita della casa con vista sul Colosseo con presunti soldi in nero, nell’ambito sugli appalti per i Grandi Eventi.

Due mesi dopo, il 4 luglio è la volta di Aldo Brancher, da soli 17 giorni nominato ministro per l’Attuazione del federalismo: la decisione arriva al termine di una vicenda che ha messo in difficoltà il governo e la maggioranza e che ha avuto ripercussioni sul rapporto di Berlusconi con il Quirinale. La decisione è stata comunicata nell’aula del Tribunale di Milano dove Brancher si era recato per prendere parte all’udienza del processo Antonveneta che lo vede imputato insieme alla moglie: quello stesso processo al quale, in un primo momento, voleva sottrarsi, secondo Giorgio Napolitano senza averne diritto, ricorrendo allo scudo del legittimo impedimento.