Monti bis? “Quasi colpo di stato”. Dimissioni Napolitano e elezioni?

Pubblicato il 3 Marzo 2013 - 13:25 OLTRE 6 MESI FA

La voce che si sussurra a Roma, che Giorgio Napolitano pensi a mantenere al Governo Mario Monti fino a quando non sarà possibile una nuova maggioranza stabile, è di quelle che fanno pensare che Beppe Grillo abbia davvero ragione, quando urla che nelle stanze del potere politico, a Roma, non hanno capito nulla di quel che accade in Italia.

La voce è riportata da Lina Palmerini sul Sole 24 Ore, che è andata anche a sentire un inorridito costituzionalista, e trova citazione anche sul Fatto. Per il Corriere della Sera è una ipotesi contro cui si batte Pierluigi Bersani.

Meglio di Monti, allora, l’ipotesi che si sta facendo strada nel Pd, che Napolitano si dimetta prima di avviare le consultazioni, anticipando i tempi della elezione del nuovo Presidente della Repubblica e lasciando a lui l’opzi0ne, pena accusa di quasi colpo di stato, di sciogliere le camere.

Se non sarà così, qualsiasi altro pasticcio avrà solo il risultato di fare crescere a dismisura, alle prossime inevitabili elezioni, i voti per Grillo, per poi lasciarci nell’iperspazio del nulla.

C’è però poco da sperare, perché resta il fatto che  se avessero capito qualcosa avrebbero notato che dove c’erano dei candidati nuovi, almeno nella parvenza, anche a prescindere dai risultati finora ottenuti quelli si sono imposti e Grillo si è fermato attorno al 15%: è successo alla Regione Lazio, dove si è imposto Nicola Zingaretti, la cui gestione della Provincia di Roma non certo di quelle memorabili, se si pensa, al di là dell’immagine, alla vicenda di una inutile e costosissima sede; è successo in Lombardia, dove ha vinto l’ormai logoro Roberto Maroni, in ogni caso nuovo rispetto al vecchissimo e logoratissimo Formigoni.

Finora purtroppo il Pd ha pensato a metter fuori gioco Matteo Renzi e a ripescare Romano Prodi, quello della mortadella, ormai stra insaccato per la quasi totalità degli italiani, schierandolo sul palco dell’ultima uscita elettorale a Milano, con il risultato di portare altre centinaia di migliaia di voti a Grillo.

Seguiamo la cronaca di Lina Palmerini:

“L’ultima ipotesi che gira tra i palazzi romani per aggirare l’impasse politico è il modello Belgio dove governò per 535 giorni il primo ministro dimissionario. E che dunque anche da noi, in assenza di maggioranze, il nuovo capo dello Stato possa “prorogare” il Governo Monti per l’ordinaria amministrazione”.

Queste le opzioni sul tavolo di Napolitano e dei suoi consiglieri:

“1. un governo del presidente, un Esecutivo di scopo, legato a pochi punti per evitare quello che Napolitano ha fatto capire non essere lo scenario migliore per il Paese, un nuovo voto a breve. Naturalmente dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica”.

cui toccherà il compito di scegliere il nuovo primo ministro [vedasi anche il Fatto].

In questo quadro, può entrare la prosecuzione del Governo Monti, come scrive Palmerini:

 “Un’ipotesi che fa – quasi – inorridire il costituzionalista Valerio Onida che si spinge fino a considerarlo «una specie di colpo di Stato». Naturalmente l’affermazione di Onida è valida non per l’attuale presidente della Repubblica – che non ha il potere di scioglimento delle Camere visto che è alla fine del suo mandato – ma per il prossimo che invece, se non riuscisse a formare un nuovo governo, avrebbe la via d’uscita di rimandare il Paese al voto. Va detto anche che il Governo Monti resterà in carica fino al giuramento del nuovo.

“Spiega Onida: «Ragioniamo sull’ipotesi che il nuovo capo dello Stato – non riuscendo a formare un nuovo governo – non decida neppure di sciogliere le Camere e andare al voto, come sarebbe normale. Bene, le strade per prorogare Monti sono tre. La prima è che gli dia un incarico e lo mandi alle Camere per la fiducia. Se la ottiene siamo di fronte a un nuovo Esecutivo, se non la ottiene potrebbe restare in carica ma solo per gli affari correnti. La terza è che non ci sia neanche il passaggio della fiducia ma venga semplicemente lasciato al suo posto in assenza di un nuovo Governo. Ripeto, sono ipotesi plausibili ma quantomeno azzardate». Il punto è: nell’ordinaria amministrazione si può fare la legge di stabilità? «Sì – ribatte Onida – rientra negli affari correnti».

Concorda il costituzionalista Francesco Clementi, sempre citato da Palmerini:

“Dal 15 maggio in poi una proroga al Governo Monti sarebbe qualcosa di simile a un colpo di Stato perchè il nuovo presidente ha in mano la carta del rinvio a elezioni, Napolitano no. […] Ma non possiamo guardare al Belgio [dove il governo guidato dal dimissionario Yves Leterme durò quasi due anni], il sistema è differente” .

Nel no a Monti concordano anche Bersani e Berlusconi:”Mai un Monti-bis”, dicono entrambi. Anche perché, sostengono in molti, l’obiettivo di Berlusconi è quello di «svuotare» la lista di Monti”.

2.  Governo di minoranza a guida Pierluigi Bersani, che non piace a Napolitano perché sarebbe in balia dell’occasionalità delle votazioni quando c’è una situazione economica complicata e soprattutto un’Europa a cui si deve rendere conto.

Bersani, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera,

“è consapevole delle proprie difficoltà, l’inseguimento di Grillo gli serve per sfuggire all’abbraccio di Berlusconi, per evitare cioè la prospettiva di larghe intese, anche camuffate dalle sembianze di un governo a guida tecnica”.

3. Governo targato 5 Stelle, altamente improbabile.

4. Governissimo Pd – Pdl. Nota Francesco Verderami sul Corriere della Sera:

“Il punto è che il Pd non vuole andare in pezzi, perché il prezzo che pagherebbe rispetto all’ipotesi di un qualsiasi rapporto con il Pdl sarebbe altissimo, viste le posizioni nel partito. Anche perché — per quanto affidato a un tecnico — il governo dovrebbe poi essere sostenuto in Parlamento dalla riedizione della «strana maggioranza».

5. Governo Renzi. Verderami:

“Bersani sembra disposto a sacrificarsi magari per aprire la strada a nuove elezioni con un nuovo candidato, Renzi”.

Ma Renzi ha giù detto che non ci pensa nemmeno e il suo giornale di riferimento, Europa, l’ha cantata chiara: non vuole restare col cerino in mano.

Torniamo a Palmerini:

“In realtà c’è un test al quale il Quirinale guarda con particolare attenzione proprio perchè sarà indicativo di quale piega prenderà la legislatura. Il test è l’elezione dei presidenti delle Camere ma, in particolare, del presidente del Senato visto che è lì che non c’è una maggioranza. È a Palazzo Madama che le forze politiche dovranno mostrare l’esistenza di una maggioranza – o quantomeno di una solidità numerica – per dare una traccia alle consultazioni e poi per l’incarico. Dunque, quel tempo che Napolitano chiede ai partiti di usare «utilmente» per trovare soluzioni «sensate» – e non per salti nel buio – scade nel giorno del voto del presidente dei senatori. Se lì si configurerà una soluzione, diventerà indicativa di un percorso altrimenti se sarà scontro spetterà solo al capo dello Stato tirare le conclusioni”.

Francesco Verderami sul Corriere della Sera:

“L’ipotesi di velocizzare le procedure di avvio della legislatura — di cui si è discusso a Palazzo Chigi e al Colle — [può essere] una contromossa rispetto allo scenario che è stato preso in esame in questi giorni dallo stato maggiore democratico: dato che non è possibile formare al momento una maggioranza di governo, perché non tentare di precostituirla con una maggioranza sul nome del nuovo capo dello Stato?

“L’operazione avrebbe un senso, se non fosse che — per realizzarla — Napolitano dovrebbe dimettersi senza avviare le consultazioni, e lasciando come primo compito al nuovo Parlamento l’elezione dell’inquilino del Quirinale. Le argomentazioni che i dirigenti del Pd producono sottovoce a sostegno della tesi, vanno dai limitati poteri di Napolitano (che è al termine del mandato e non può sciogliere le Camere), fino al ricordo che «proprio lui aveva detto di voler lasciare al suo successore il compito di gestire la nuova legislatura».

“L’impressione che Napolitano sia vissuto come un intralcio dai suoi ex compagni di partito è il segno di quanto forti siano le tensioni tra il Pd e il capo dello Stato, e dà l’idea di quanto potrà essere drammatica la fase che si apre. Non a caso l’ex ministro Fitto ha denunciato in maniera preventiva «il rischio di un gravissimo sgarbo istituzionale verso il presidente della Repubblica che saremmo pronti a denunciare», quasi ad alludere a forme di pressione in atto verso il Colle. È chiaro che se le fiamme dello scontro politico sul governo dovessero propagarsi fino al Quirinale, gli esiti del conflitto potrebbero essere devastanti per un sistema già in pezzi”.

giorgio napolutano

Giorgio Napoliutano