In un ascensore di belle ragazze a palazzo Grazioli addio di Berlusconi a Musso, ribelle che si vede sindaco di Genova

di Franco Manzitti
Pubblicato il 7 Novembre 2010 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA

La città è immobile, affogata in progetti che non si realizzano, chiude perfino il Mercato del pesce nel cuore del porto vecchio, interdetto dai Nas, rischia di chiudere il teatro lirico Carlo Felice, che costa 30 milioni di euro all’anno e ne incassa tre e che ha un’orchestra strapagata e musicisti che si possono paragonare ai camalli dei tempi che bastava una goccia di pioggia per non lavorare, salta per aria l’azienda dei trasporti Amt, travolta da un deficit epocale e un giorno ogni quattro il traffico è ko per gli scioperi. La regia del Comune non riesce a decidere nulla, neppure se, come dove e quando costruire la Moschea e il sindaco sposta il luogo di costruzione ogni tot mesi, scatenando la guerra dei quartieri, nessuna la vuole…… e si alzano barricate ovunque.

Non trovano, i registi genovesi, neppure 25 mila metri quadrati di banchina da concedere all’azienda dell’uomo più ricco di Genova, Vittorio Malacalza, socio di Tronchetti Provera nella cassaforte Pirelli, che ha bisogno di una briciola di spazio in un grande porto ultraincasinato, uno spazio per caricare le grandi apparecchiature della sua fabbrica di superconduttori di energia.

Eppure in quel porto la politica locale, infiocchettata dai partiti di sinistra, ha concesso al grande industriale dell’acciaio, Emilio Riva, di restare per altri 99 anni nei suoi spazi di altoforni e linee di produzione, tenendosi in tasca gli approdi più ambiti del Mediterraneo, anche se la produzione scende e gli operai rimasti stanno a galla con contratti di solidarietà.

Che c’entra tutto questo con il senatore ribelle Enrico Musso, che torna a Genova con in tasca il comunicato di addio alla Pdl e che saluta sulla porta del palazzo Grazioli le belle ragazze ammaliate del Cavaliere? C’entra perchè le dimissioni dalla Pdl dell’undicesimo ribelle gli liberano le mani da ogni vincolo tattico e diplomatico nei confronti della politica di Berlusconi e lo scatenano in quella che viene già chiamata “la battaglia di Genova”, l’assalto del senatore “civico” alla roccaforte della sinistra, governata ininterrottamente fin dal 1974 da maggioranze nelle quali il Pci, Pds, Ds e Pd la facevano da padrone.

Ci provò il povero ex pretore d’assalto Adriano Sansa, tra il 1993 e il 1997 a toccare quel monopolio. Quelli del Pci lo licenziarono in tronco e il boccone al magistrato, che ora è presidente del Tribunale dei Minori, non è mai andato giù.

Musso vola leggero verso Genova perchè sa che adesso lo scontro potrà essere frontale e lui potrà suonare un’adunata generale alla quale risponderanno non solo i già prenotati o prenotabili Udc, Partito della Nazione, magari una Lega più evoluta e tattica e, ovviamente, i finiani che già lo aspettano a braccia aperte, ma anche larghi strati della sinistra targata Pd, stufi delle intemerate di Supermarta Vincenzi e del blocco di potere organizzato nei decenni da Claudio Burlando, oggi presidente della Regione, ieri deputato, ministro nel primo governo Prodi, sindaco, vicesindaco, assessore, segretario di partito, un immortale della politica locale ed extra con due soli incidenti superati brillantemente, il contromano al casello dell’aeroporto quando la Stradale lo fermò con il muso dell’auto a rovescio e senza patente e il sotto passo delle Opere Colombiane per cui fu arrestato, detenuto e poi totalmente prosciolto.