La Francia “esporta” rom, la “retata” li spinge in Italia

Pubblicato il 18 Agosto 2010 - 13:22| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

“Incomprensione”, “equivoco” tra il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e Laura Boldrini dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati sull’eterna, solita questione dei rom? Se solo di questo si è trattato, e non solo di incomprensione ed equivoco si tratta, non è che l’inizio. Anzi, un “début”: è  proprio il caso di dirlo alla francese. Perchè dalla Francia, che li caccia, i rom, o almeno molti di loro, stanno arrivando in Italia, soprattutto in Piemonte. In Francia c’ è la “rafle”, la “retata”. Anche se l’uso di questa parola non piace al ministro dell’immigrazione Eric Bresson, anche se il governo di Parigi nega che di “rafle” si tratti, nella sostanza se non  nelle parole è “retata”, voluta e sponsorizzata dal premier Sarkozy. Sono stati finora chiusi 51 campi rom in territorio francese, l’obiettivo dichiarato dal governo è di smantellarne altri 600. E il primo “target” è la zona di Marsiglia.

Basta guardare la carta geografica e vedere, misurare la breve distanza tra Marsiglia e il confine italiano. E basta aver dato un’occhiata in questi ultimi giorni ai campi rom in Piemonte. Non solo le solie auto con targa francese nei campi, non solo le solite visite tra famiglie di rom. Altre famiglie sono arrivate, vengono dalla Francia appunto. In numero crescente. Li si può vedere ad esempio nel campo abusivo della Stura, presto faranno lievitare il numero dei rom che in Piemonte occupano abusivamente edifici mal messi e abbandonati. Fino a ieri erano stimati in tremila, adesso il flusso in partenza dalla Francia ingrossa la cifra e il problema.

La Francia li imbarca anche sugli aerei, destinazione la Romania e la Bulgaria. Un biglietto aereo e 300 euro per andarsene più o meno a forza. E’ già successo nel 2009, la Francia ne rispedì a casa circa ottomila. Pochi mesi dopo sono in gran parte tornati: nessuno può impedire a un cittadino europeo di varcare le frontiere. Certo, se tornano, devono dimostrare di avere una casa e un lavoro. Ma per chiederglielo prima bisogna trovarli. Il governo francese dice che è questo quello che sta facendo: “li fermiamo, li controlliamo e, se non hanno i requisiti, diamo loro denaro per tornare indietro”. I rom trovati e rispediti poi ritornano ancora: è una giostra, ma Sarkozy ha voluto che girasse più veloce, lo spettacolo gli serve in campagna elettorale.

Non tutti i 400mila rom che vivono in Francia hanno deciso di aspettare di salire in giostra, alcuni hanno pensato, stanno pensando che è il tempo di una trasferta, più o meno lunga, in Italia. Non tutti certo, ma neanche solo poche decine, qualche migliaio è la stima, la previsione plausibile. Cosa trovano in Italia? Spesso edifici fatiscenti in cui rifugiarsi. Come l’ex clinica San Paolo a Torino o l’ex caserma in Via Asti. Quando va bene, trovano un’amministrazione come quella di Chiamparino che cerca e offre alternative. Ma talvolta non vogliono muoversi. Dice Chiamparino perchè “sobillati dai centri sociali”. Insomma diventano pretesto politico, problema legale perchè gli edifici occupati sono privati e problema di ordine pubblico. Le amministrazioni leghiste fino a che la storia non arriva sui giornali cercano in genere anch’esse di trovare o tollerare un tetto. Quando però la cosa diventa pubblica, l’amministratore leghista sceglie la via della “cacciata”.

Le organizzazioni internazionali monitorano e vigilano. Però non si fanno carico di nulla. Vigilano giustamente su principi e diritti, per il resto giocano, un po’ per volontà e un po’ per impotenza, all’antico gioco di Ponzio Pilato. In mezzo restano i sindaci, in mezzo resta la gente, l’opinione pubblica che tanto tollerante non è. Adesso che la Francia “esporta” rom, per il Piemonte e il Nord una nuova miccia innestata, miccia di tensioni, rancori e forse peggio.