Scuola progressista ha fatto i No Vax. E don Milani aveva torto

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Dicembre 2021 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA
Scuola progressista ha fatto i No Vax. E don Milani aveva torto

Scuola progressista ha fatto i No Vax. E don Milani aveva torto

“La maggioranza non capisce le domande, non forma frasi di senso compiuto, non organizza logicamente il pensiero…”. Quando Paola Mastrocola, insegnante e studiosa, constatava queste non competenze della platea degli alunni i No Vax non c’erano ancora (non in piazza o sui giornali almeno) ma andavano a scuola. E a scuola imparavano, per decenni hanno imparato che il sapere non serve, anzi spesso è roba da ricchi, non di rado usato dai ricchi per tenere i poveri al loro subordinato posto. E’ anche così chi si diventa culturalmente No Vax. E’ stata la scuola, è stata la pedagogia progressista a coltivare e creare il pensiero No Vax, a sgombrare dalle menti il pensiero razionale e a concimare ed ampliare il campo del pensiero magico.

Il Danno scolastico

Il Danno scolastico è un libro a firma di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi che insieme sistematizzano e documentano l’auto inganno scellerato. L’inganno di una scuola democratica perché impegnata a garantire il “diritto al successo formativo”. Per garantire a tutti sempre e comunque il “successo formativo” la via più breve e agevole è la rimozione di ogni ostacolo al “successo formativo” e quindi, per essere ancora più sicuri, lo sgombero di ogni dislivello sulla strada e quindi la totale piallatura del percorso che porta al “successo formativo” e quindi l’abbassamento ai minimi livelli possibili di quantità e qualità dei programmi, esami, competenze.

Si cominciò a metà degli anni Sessanta smontando la struttura del triennio delle medie e facendo delle medie il guscio vuoto di un traghetto solo temporale dalle elementari ai licei e ai professionali. Il triennio delle medie, privato del latino, dell’analisi logica, della grammatica, della geometria analitica è l’inizio del Danno, perfezionato dalla smontaggio delle Università con il tre più due voluto da Luigi Berlinguer. Atti coerenti con una ideologia e cultura peggio che scellerate, ideologia e cultura minate, avvelenate alla fonte dall’auto inganno.

Scuola progressista che toglie ai poveri

Diritto al successo formativo, cioè nella traduzione sindacal-pedagogica tutti promossi e nessun venga lasciato indietro e soprattutto abbassare l’asticella della prestazione durante tutto il percorso formativo perché tutti saltino. Questo, si è detto e si dice, è il marchio della scuola progressista e democratica perché così i poveri, i figli dei poveri e di coloro che hanno condizioni economiche e sociali e culturali quantitativamente minori dei figli di altri ceti non pagheranno a scuola dazio dovuto alla loro condizione sociale ma saranno come gli altri.

Nel corso dei decenni si è visto come nulla di più falso: i figli dei poveri vengono sì dalla scuola promossi come gli altri mediante il meccanismo, squalificante per tutti, della scuola iper facile per tutti ad ogni livello. Le famiglie, dei ricchi, dei poveri, del ceto medio, tutte fingono dio non vedere e sono soddisfatte della promozione garantita e del diritto universale al “pezzo di carta” del diploma. Poi le famiglie ricche, culturalmente ed economicamente, mandano i loro figli a studiare davvero, a studiare altrove.

Altrove dove i figli dei poveri non possono andare. Il risultato della scuola progressista è che ha scientemente per decenni tolto ai poveri, ai ceti popolari quel che la scuola poteva loro dare: l’ascensore sociale per via del sapere, del sapere critico e razionale. L’idea progressista è stata ed è ancora: poiché nell’ascensore tutti non c’entrano, aboliamo l’ascensore, mettiamo un cartello fuori servizio ed evitiamo l’antipatica funzione del selezionare chi, fra i ceti popolari, avrà il merito e la capacità per salire sull’ascensore sociale del sapere. Ai poveri la scuola progressista e democratica ha dato una scuola povera di sapere pensando così di essere…egualitaria.

Ben scavato vecchia talpa

Era una locuzione cara alle analisi marxiste o similari dell’evolversi della società, indicava i fenomeni profondi e lunghi, anche se all’inizio relativamente impercettibili, che poi emergono con fragore. Decenni di scuola progressista (progressista nel malinteso senso di scuola che tutto sacrifica all’idolo del “successo formativo garantito”) hanno occluso ai ceti popolari la via della formazione che portava ad essere ceto dirigente e hanno, al contempo, piallato la formazione dei figli dei ceti medio-alti verso un non sapere sistematico, quello del “non capiscono le domande, non formano frasi di senso compiuto, non organizzano logicamente il pensiero…”.

Lo si riscontra nelle prove Invalsi (non a caso invise a docenti e studenti…progressisti), lo si riscontra nel dato per cui uno su tre di cloro che escono dalle scuole media letteralmente non sa correntemente leggere, scrivere e far di conto. Lo si riscontra nella chiacchiera della tv del pomeriggio, nella conversazione-comunicazione via social, nel desertificato da concetti linguaggio politico e sindacale (e ormai anche giornalistico). Ben scavato vecchia talpa a nome di una cultura che Marx avrebbe bollato come piccolo borghese e che in decenni di scavo ha fatto crollare la scuola su se stessa. Infatti oggi la scuola serve soprattutto a chi ci lavora, molto meno a chi ci studia. E c’è coerenza nella circostanza: ci lavorano in tanti mentre ci si studia poco e male, quindi…

Don Milani, di buone intenzioni son lastricate…

La vecchia talpa ha scavato la fossa alla scuola, ed era la talpa del pauperismo culturale. Non certo quella del progressismo illuminista. Qualunque trisavolo della generazione degli attuali studenti sapeva, per ignorante che fosse, che l’ascesa sociale, la liberazione e promozione individuale dei suoi figli era una scuola severa, dura, piena di ostacoli da superare e che desse qualcosa che loro, contadini o operai, non avevano: la cultura. E la cultura è la letteratura, l’ortografia, la grammatica, l’analisi logica, il latino, riassunti, parafrasi, temi. La scuola progressista si è sbarazzata di tutto questo considerandola roba per ricchi che emarginava i poveri, si è quindi sbarazzata (anche per i poveri) dei materiali formativi appunto del pensiero critico e razionale.

Don Milani che ebbe l’intuizione delle poche parole a disposizione come stigma e carcere sociale per i meno abbienti, alla fine ha avuto torto. La sua intuizione-denuncia è stata usata non per dare anche ai figli dei meno abbienti più parole nel loro linguaggio e pensiero ma per stabilire il diritto di tutti ad averne il meno possibile di parole, pensieri e concetti. Il 6 per cento di italiani che oggi si dicono certi e sicuri che la Terra sia piatta, il 6% che si dice certo e sicuro Covid non esista, il 10% cero e sicuro mai nessuno sbarcato sulla Luna li ha fatti, educati e formati così la scuola progressista e di sinistra.