Severino: “Corruzione tra privati diventi reato penale”

Pubblicato il 20 Dicembre 2011 - 09:03 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – ''C'e' bisogno di una riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, perche' il comune sentire sociale lo richiede e perche' ci sono figure giuridiche nuove da inserire nel codice come la corruzione privata all'interno delle imprese, e cioe' una forma di corruzione che non riguarda solo i pubblici ufficiali''. Lo afferma il ministro della Giustizia Paola Severino in un'intervista a Repubblica, in cui assicura che non si candidera' alle elezioni e invita al ''confronto costruttivo'' in tema di carceri.

''Una buona riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione dev'essere preceduta da un intervento di revisione delle procedure decisionali e di gestione'', osserva Severino. ''Proprio per questo, con il ministro dello Sviluppo economico Passera e della Funzione pubblica Patroni Griffi, stiamo costituendo un tavolo di confronto per la semplificazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e impresa''.

In merito al decreto 'svuota carceri' varato venerdi' scorso, ''c'e' chi teme e lamenta che possa essere messo in liberta' chi suscita allarme sociale. Non e' cosi''', dichiara la Guardasigilli. Quanto alle critiche espresse da Mantovano, Pecorella e Costa sulle camere di sicurezza, ''al mio vecchio amico Pecorella dico che se ha delle idee me ne parli subito. Qui, pero', stiamo discutendo di una misura tampone. Sullo sfondo c'e' un pianeta carcere dove i suicidi aumentano e dove bisogna intervenire con urgenza, ampliando ad esempio il numero dei posti disponibili nelle carceri. Oggi ho qualche speranza in piu' – aggiunge – visti i 57 milioni di euro che posso destinare all'edilizia penitenziaria''. Il ministro smentisce di aver subito pressioni per inserire la cosiddetta 'norma Papa'. ''Credo e spero – sottolinea – che riusciremo ad uscire dalla logica delle leggi ad personam e contra personam''.

Severino interviene anche con un colloquio con il Corriere della Sera in cui auspica che il processo civile duri ''al massimo tre anni, un termine ragionevole per risolvere controversie anche complesse. In questo modo l'Italia si adeguerebbe alla media dell'Unione Europea. Solo cosi' saremo in grado di dare certezze agli operatori economici e agli investitori stranieri che sono spaventati dall'assenza di regole e di tempi certi''.