“Test Invalsi? Miglioreranno la scuola”: Cipollone non sposa la linea Carrozza

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Dicembre 2013 - 15:42 OLTRE 6 MESI FA
"Test Invalsi? Miglioreranno la scuola": Cipollone non sposa la linea Carrozza

Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza (LaPresse)

ROMA – Sui Test Invalsi nel mondo della scuola è in atto una guerra sotterranea fra il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che senza attaccare frontalmente i test ha però tutte le intenzioni di depotenziarli, e chi invece sostiene la validità dei metodi di valutazione oggettiva dell’apprendimento degli studenti.

Nella schiera dei secondi c’è Piero Cipollone, presidente dell’istituto Invalsi dal 2007 al 2011, ora direttore esecutivo della Banca Mondiale a Washington.

Intervistato da Lorenzo Salvia del Corriere della Sera, Cipollone non entra in polemica diretta con la Carrozza, come aveva già fatto sullo stesso giornale Andrea Ichino (fratello minore di Piero), ma difende a spada tratta i test:

«Ai test non bisogna chiedere più di quello che possono dare. L’apprendimento è un processo complesso, è fuori dal mondo l’idea di racchiuderlo dentro poche domande. Ma rinunciare ai test significa fare come quel malato che butta via il termometro per non sapere se ha la febbre oppure no. Una follia».

[…] Con la nomina del prossimo presidente c’è il rischio di un ridimensionamento dell’Istituto?
«Molto dipende dall’indirizzo politico che arriverà dal ministro. Alla fine dei giochi è quello che fissa la direzione da seguire».
Il ministro Carrozza ha detto più volte di voler rafforzare il ruolo degli ispettori.
«Giusto, sono fondamentali. Potrebbero essere quelli che aiutano le scuole a interpretare i risultati dei test che vengono restituiti alle scuole a settembre e, quindi, possono essere usati per impostare la didattica a inizio anno».
[…] Ma lei chi vedrebbe bene come presidente?
«Ci vuole una persona fuori da ogni approccio ideologico, che capisca di dati e misurazione. Ma che allo stesso tempo abbia una grande sensibilità con le scuole, per far capire che bisogna lavorare tutti insieme, non l’uno contro l’altro, per migliorare il livello dell’insegnamento».

A Cipollone non va giù che i test siano nel mirino di insegnanti e famiglie.

«Nessuno è bravo o asino in assoluto ma ciascuno di noi ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza. I test servono proprio ad individuare gli uni e gli altri per consentire agli insegnanti di concentrare gli sforzi dove c’è più bisogno. Banalizzando un po’: cosa non funziona in questa scuola o in questa classe? L’algebra, le frazioni, i numeri negativi? E allora facciamo più esercizi su queste cose qui».
Alcuni insegnanti temono che il vero obiettivo sia un altro: legare il loro stipendio ai risultati dei loro studenti.
«Ma perché mai ci dovremmo occupare di una cosa del genere? Lei crede che un insegnante lavorerebbe meglio in cambio di 50 euro in più al mese? E non c’è il rischio che quel “meglio” si traduca poi in un’attività di “addestramento” ai test, per migliorare le risposte degli studenti ma non il loro livello di apprendimento?».

Anche in altri Paesi, in realtà, ci sono perplessità. Pure la Bbc ha recentemente criticato i test standard.
«I correttivi sono sempre possibili ma, a livello internazionale, la tendenza è chiara. All’inizio degli anni 90 l’Onu ha puntato sull’accesso alla scuola: garantire un’istruzione primaria a tutti i bambini in tutti i Paesi del mondo. Sostanzialmente la sfida è stata vinta, ma ci si è accorti che il numero di anni trascorsi in media a scuola non incide in maniera così forte sulla ricchezza e sul benessere del Paese. Non basta portare i bambini in classe, bisogna migliorare il livello della scuola».

 

Secondo Cipollone quella dei test è la direzione che hanno preso i Paesi più sviluppati e l’Italia non può “andare contromano”:

«Nel prossimo “Millennium development goal”, che l’Onu dovrebbe definire a settembre, ci sarà certamente un indicatore di qualità delle scuola da misurare proprio con dei test standard, come quelli Invalsi che si fanno in Italia, come quelli Pisa che si usano nei Paesi Ocse. Il mondo va in questa direzione. Non possiamo andare contromano».
Perché, cosa succederebbe?
«Getteremmo via il termometro per non sapere se abbiamo la febbre oppure no. Oggi i professori danno ai loro studenti gli stessi voti al Nord come al Sud: abbiamo le stesse percentuali di 5, le stesse percentuali di 6, di 7 e così via. Ma proprio grazie ai test standard sappiamo che, in realtà, il livello delle scuole del Nord è in media più alto di quelle del Sud. Quasi 100 punti in più che, sempre in media, vogliono dire una differenza del 2% nel tasso di crescita del reddito pro capite. Preferiamo far finta che questa differenza non esista? Oppure ne prendiamo atto, proviamo a ridurla e la controlliamo anno dopo anno?».