Berlusconi non molla, Fini non stacca: non c’è crisi e non c’è governo

Nel 2013 avremo Sarah Palin alla Casa Bianca e Silvio Berlusconi al Quirinale? Risultati elettorali americani alla mano e situazione politica italiana sotto gli occhi, entrambe le ipotesi somigliano a due treni lanciati…Contro un muro? No, il “muro” contro cui si schianta il treno in entrambi i casi non c’è. Le forze sociali e politiche che negli Usa si oppongono all’umore profondo dei Tea Party e quelle che in Italia compongono l’ordine sparso delle opposizioni al “berlusconismo” sono tutt’altro che una muraglia. Fanno ostruzione più che alternativa, sono una barricata di materiali vari che ingombra la strada  più che un’altra strada. Pur con tutte le enormi differenze entrambe le società, quella americana e quella italiana, condividono una stanchezza rabbiosa. Sono entrambe, pur nella grande reciproca diversità, pezzi di Occidente che “non ci sta”. Che si ribella al solo prendere atto di ciò che la storia ha già cucinato: meno soldi nelle tasche dell’Occidente. Ci si ribella alla presa d’atto di ciò che c’è in tavola, figurarsi acconciarsi a mangiarlo.

Il treno, i treni sono lanciati e il “muro” non c’è. Ma non c’è neanche la stazione di arrivo. I treni viaggiano a grande velocità, “a tutta forza” per dirla con le ultime parole di Bossi, verso un ponte sospeso. Sospeso sul nulla. Perché ora che un centinaio di “figli” dei Tea Party americani sono diventati deputati e senatori, i Tea Party dovranno provare a governare, non basterà loro non far governare Obama. Nessun Tea Party potrà, in nome della lotta allo Stato invadente, togliere l’ossigeno della Fed al sistema creditizio americano, altrimenti le banche americane chiudono come stavano chiudendo mentre ancora regnava Bush. Nessun Tea Party potrà ridare al consumatore americano potere d’acquisto basato su nuovo debito, nessun Tea Party potrà inventare posti di lavoro che in Occidente non torneranno più. Portassero anche la Palin alla Casa Bianca nel 2012, e non è per nulla detto che ce la faccia, i Tea Party l’avrebbero portata lì solo per prendersela con i…negri? O i chicanos o i gialli o i comunisti? O con gli omosessuali? Il calcio dell’asino che l’elettorato americano ha sparato in faccia alla contemporaneità, al mondo così com’è e come è diventato è uno zoccolo agitato nell’aria e che prima o poi torna giù sotto la legge di gravità dell’economia reale. “Mamma Orsa” Palin e chiunque impugnerà i suoi “unghioni” potrà graffiare e ferire non tanto i “nemici” quanto alla fine la sua stessa gente. E’ la convulsione della grande America.

Nel più ristretto cortile di casa nostra, dopo il “vertice” tra Berlusconi e Bossi sappiamo che Berlusconi non molla, nonostante ogni giorno un po’ si dissangui. E che Fini, che si rafforza di giorno in giorno, non stacca. L’attesa messianica da parte dei giornali per il prossimo week-end, per l’appuntamento di Fli a Perugia, andrà in parte delusa. Fini non decreterà di sua iniziativa la crisi del governo Berlusconi e Berlusconi non si dimetterà assumendosi la responsabilità diretta della scelta. Dunque, non c’è crisi e non c’è governo. Il treno di Berlusconi lanciato verso la “presa della Costituzione” e la conquista del “Quirinale-Bastiglia” per ora non si ferma e non deraglia. Ma corre anche lui verso il ponte sospeso sul nulla: non c’è campagna elettorale o propaganda di premier che possa trovare cento miliardi l’anno per cominciare a rientrare dal debito e pagare all’Italia il biglietto per continuare a vivere come ha vissuto finora. Chi non pagando le tasse, chi fregandosene della produttività nelle aziende, chi innaffiando consenso e clientela nella sanità, nell’istruzione, nella spesa compulsiva e incosciente dei governi locali più o meno federali.

Gestione cookie