Israele, polemiche per la foto su Facebook della soldatessa con i prigionieri palestinesi

Pubblicato il 16 Agosto 2010 - 18:26 OLTRE 6 MESI FA

La foto incriminata

Ha suscitato reazioni di disgusto, ma anche la sghignazzata online di qualche navigatore, l’idea di una soldatessa israeliana – appena congedata – di esibirsi su Facebook in foto che la ritraggono in uniforme mentre posa dinanzi a un gruppo di prigionieri palestinesi (alcuni dei quali anziani) ammanettati e bendati. Un moto di scherno condannato con parole severe dallo Stato Maggiore attraverso la dichiarazione ufficiale d’un portavoce militare. E che tuttavia, secondo alcuni attivisti dei diritti umani, interpreta sentimenti diffusi di disprezzo dei palestinesi nei ranghi delle Forze armate.

L’episodio è stato denunciato con evidenza da tutti i maggiori media elettronici d’Israele. Le foto mostrano la ragazza – che si chiama Eden ed è originaria di Ashdod, a sud di Tel Aviv – in posa con un mezzo sorriso. O mentre sbeffeggia gli ignari detenuti. O fa le smorfie a pochi centimetri da loro.

”Qui sei supersexy”, commenta uno degli amici di Facebook, convinto di fare il simpatico. ”Eh sì – risponde lei ilare -, che giorno è stato quello, hahaha…”. Quando invece a scrivere – sdegnata – è la blogger pacifista Lisa Goldman, la replica diventa astiosa: ”Con quelli di sinistra non parlo”. Secondo il portavoce militare, ”si tratta di un comportamento vergognoso per un soldato”, ma anche di una iniziativa isolata e comunque non punibile, visto che Eden ha lasciato la divisa.

Secondo l’attivista Yishai Menuhin, direttore del Centro israeliano contro la tortura, ”quelle orribili foto” sono invece il frutto di ”una mentalità popolare, che riflette le consuetudini di molti soldati schierati ai posti di controllo e il trattamento inflitto di norma ai detenuti palestinesi”. ”La stessa Eden impazzirebbe di rabbia se qualcuno postasse sul web senza permesso sue fotografie, scattate in circostanze umilianti”, ha osservato Menuhin. ”Ma nelle nostre Forze armate – ha accusato – la ‘cultura’ prevalente considera i palestinesi come oggetti, non come esseri umani con i loro diritti”.