Russia. Medvedev “destalinizza”, Putin ripensa al partito unico: “Vasto fronte popolare”

Pubblicato il 9 Maggio 2011 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA

Vladimir Putin e Dmitri Medvedev

ROMA – Alcuni lo chiamano il burattinaio del presidente, il manovratore della politica del Cremlino, ma visto che il suo partito è sempre più associato alla corruzione Vladimir Putin ha deciso di provare con una nuova formazione. Quello cui aspira il premier russo è risalire nei sondaggi, perché nonostante sia il primo, il suo partito ultimamente non va al massimo.

La proposta guarda alle elezioni parlamentari a dicembre 2011 e tre mesi dopo per prendere il posto di Dmitri Medvedev alla presidenza. L’idea per adesso è di un ”vasto fronte popolare” intorno al partito Russia Unita, formato da varie formazioni politiche, sindacali e altre organizzazioni della società civile.

”Propongo di creare quello che si chiama in politica un largo fronte popolare”, ha dichiarato Putin. ”Vorrei molto che Russia Unita, altri partiti politici, organizzazioni sindacali, di donne, giovani e veterani possano raggrupparsi in una struttura con tutte le persone che aspirano a unirsi per rafforzare il nostro Paese”, ha aggiunto. Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha precisato che si tratterebbe di una struttura sovrapartitica per raccogliere le forze della società intorno al premier. Quest’ultimo non ha escluso di candidarsi alla presidenziali del 2012, come pure il presidente Dmitri Medvedev. Il leader del partito riformatore Serghiei Mitrokhin ha sostenuto che ”ci può essere un senso nel creare un fronte popolare, ma solo contro il partito guidato da Putin: considerando la politica perseguita da Russia Unita, con tale partito puo’ essere creato solo un fronte anti popolare”.

Lapidario Leonid Gozman, cofondatore del partito Giusta Causa: ”la proposta è un tentativo di tornare ad un sistema con un partito unico non solo di fatto ma anche de iure”.

In realtà Putin sta cercando di racimolare tutti i suoi fedelissimi in una nuova forza, visto che Medvedev da tempo gli sta facendo la guerra e nella sua campagna di destalinizzazione ha deciso di rimandare a casa tutti gli irriducibili ex Kgb dai vertici delle aziende di Stato.

Sono diciassette le società che hanno detto addio agli uomini di Putin come capi. Alla vigilia di un anno con due importanti tornate elettorali, tra cui il voto presidenziale, è arrivata la rinfrescata voluta dal presidente però sono stati tirati dentro anche personaggi più defilati e non legati ufficialmente ai comunisti di una volta, tra cui il ministro delle Finanze Alexei Kudrin, ex presidente della banca russa Vtb. Spicca il nome di Rosneft, diventato un colosso grazie alla spartizione di Yukos, la compagnia petrolifera che era di Mikhail Khodorkovskij, in carcere dopo una lite con Putin.

Rosneft ha perso in un giorno l’ 1,5 per cento del valore in borsa. Il vice primo ministro Igor Sechin è stato costretto a difendersi da presidente della società. E poi ancora Sergei Shmatko, ministro dell’Energia che abbandona il consiglio di amministrazione di Transfert e di Gazprom, i giganti del gas. Infine c’è anche il ministro dei Trasporti Igor Levitin, fedele di Vladimir, che lascia  la presidenza dell’Aeroflot.