Crac Mens Sana Siena, spunta lo stipendio segreto al gran maestro massone

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Ottobre 2014 - 13:23 OLTRE 6 MESI FA
Crac Mens Sana Siena, spunta lo stipendio segreto al gran maestro massone

Il ct dell’Italia Simone Pianigiani

SIENA – Cinquemila euro al mese netti. Soldi che, accusa la Guardia di Finanza il gran maestro del Grande Oriente di Italia Stefano Bisi avrebbe ricevuto dalle mani dell’allora presidente della Mens Sana di Siena Ferdinando Minucci. Un pagamento, racconta Repubblica in un pezzo firmato da Mario Neri, che sarebbe andato avanti per ben sei anni.

Si tratta delle ultime rivelazioni sull’inchiesta relativa al crac della Mens Sana Siena, la squadra di basket padrona per sette anni consecutivi del campionato di serie A. Caso, quello della Mens Sana, esploso proprio quando Minucci, proprio per l’exploit sportivo della squadra, era già stato scelto come presidente della Lega Basket ed era in attesa di diventarlo formalmente.

La vicenda, così come la racconta Neri, è piena di condizionali. Di certo c’è il coinvolgimento, nell’inchiesta, anche del ct dell’Italia Simone Pianigiani (allenatore per diversi anni della Siena dei record).

Una busta da 5 mila euro al mese. Un versamento ripetuto che, sostengono i finanzieri, il gran maestro del Grande Oriente di Italia Stefano Bisi avrebbe ricevuto per sei anni dalle mani dell’allora presidente della Mens Sana di Siena. Dai vertici della squadra dei record, capace di conquistare 7 scudetti di fila e di primeggiare nel basket internazionale, sarebbe piovuto nelle tasche del giornalista una sorta di stipendio segreto.
Per questo, e con l’accusa di ricettazione, il nome dell’uomo diventato ad aprile scorso il capo della più importante confraternita massonica entra nell’inchiesta che a maggio fece finire ai domiciliari i vecchi vertici della società e nel registro degli indagati 25 cestisti; i primi accusati di aver architettato una frode fiscale da 60 milioni di euro e aver sprofondato la società negli abissi contabili di una bancarotta fraudolenta, i secondi di aver ricevuto in nero parte dei loro stipendi.

 

Quindi le accuse a Pianigiani. Ancora Neri:

Ora la nuova svolta. Nel fascicolo è finito anche il ct della nazionale di basket Simone Pianigiani, accusato di evasione fiscale. Ma a risaltare è la figura di Bisi. Secondo il pm Antonino Nastasi e gli uomini guidati dal comandante provinciale della Guardia di Finanza Luca Albertario, il vicedirettore del Corriere di Siena, dal 2006 al 2012, avrebbe ricevuto da Ferdinando Minucci (all’epoca in procinto di diventare presidente della Lega basket) buste mensili piene di contanti e l’avrebbe fatto sapendo che i soldi erano frutto di un «sodalizio criminale», il prodotto della connection che ha portato al fallimento la Mens Sana attraverso numerose «acrobazie finanziarie».

I finanzieri giovedì mattina hanno sequestrato computer e documenti nelle abitazioni e negli uffici di entrambi in sei perquisizioni diverse, soprattutto nelle due case di Bisi, nella redazione del giornale e a Palazzo Giustiniani a Roma, la sede del G. O. I. Non è ancora chiaro a che titolo ricevesse le buste. «Al momento non ci sono collegamenti con il ruolo di capo del Grande Oriente », dice il colonnello Albertario. Setacciando mail e documenti si spera di ricostruire il suo ruolo.

All’inventore del «groviglio armonioso », l’ossimoro che ha incorniciato la tela di relazioni pericolose con cui per secoli sarebbe stata governata Siena, gli inquirenti potrebbero essere arrivati dalla rilettura degli interrogatori o dalle dichiarazioni rese dalle ultime persone sentite come informate sui fatti, tra cui l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari. Nelle pieghe di quei rapporti potrebbe annidarsi la chiave di lettura per lo “stipendio parallelo”. Gli investigatori vogliono chiarire se Bisi lo ricevesse come donazione, un finanziamento al giornale o fosse un intermediario fra Minucci e qualcuno legato a Mps. «Sono addolorato per il trauma provocato alla Comunione», dice il gran maestro, «Sono sereno, riuscirò a dimostrare l’infondatezza dell’accusa».