Marco Travaglio. Intercettazioni. Soro e Gratteri: bavaglio nascondi porcate

Pubblicato il 4 Aprile 2015 - 11:19 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio. Intercettazioni. Soro e Gratteri: bavaglio nascondi porcate

Marco Travaglio. Intercettazioni. Soro e Gratteri volgiono il bavaglio nascondi porcate per la stampa libera

ROMA – Marco Travaglio ha scritto un editoriale molto duro sui limiti alla pubblicazione delle intercettazioni di politici e potenti che il sistema di potere che soffoca l’Italia e che tutti vorrebbero impedire. La conclusione è in sé un proclama di libertà:

“[La Corte europea di] Strasburgo ha già stabilito che non si può punire il giornalista che pubblica documenti autentici, anche violando una legge del suo paese. Quindi, cari impuniti, escogitate pure tutte le leggi, i divieti, i bavagli che volete. Noi continueremo a pubblicare tutto ciò che è vero e interessante. E, con buona pace [di Antonello Soro, garante della Privacy], anche di interesse del pubblico. Rassegnatevi, anzi arrendetevi.
Ps. Ieri abbiamo invitato Renzi, D’Alema e gli altri politici finanziati dalla Cpl Concordia, accusata di legami con i più feroci clan della camorra, a restituire i soldi. Giorgia Meloni ha annunciato che lo farà. Attendiamo notizie da Palazzo Chigi e dalle vigne del Conte Max” [D’Alema].

Di limiti alle intercettazioni si sono occupati negli ultimi giorni Antonello Soro e un magistrato la cui uscita è un po’ una caduta del mito che molti si erano costruiti, a cominciare dal Fatto, Nicola Gratteri, la cui mancata nomina a ministro della Giustizia rappresenta o forse rappresentava per Marco Travaglio il “peccato originale” del Governo di Matteo Renzi.

Di Antonello Soro a Marco Travaglio (e come a Travaglio nemmeno a tanti di noi) non va proprio giù questa massima “Non tutto ciò che è di interesse del pubblico è, necessariamente, anche di pubblico interesse”.

Antonello Soro, laureato in medicina e chirurgia e primario di dermatologia, ironizza Marco Travaglio,

“ha scritto al presidente del Consiglio per sollecitare una legge contro la più insidiosa delle dermatiti: la libertà di stampa.

Una legge contro il “fenomeno sempre più diffuso del processo mediatico” (lui trova strano che i giornali raccontino i processi e le indagini, cosa che peraltro avviene in tutto il mondo da quando Gutenberg inventò i caratteri mobili). Contro “la pesca a strascico nelle vite degli altri” (deve aver visto il film omonimo, ma non s’è accorto che descrive le aberrazioni della Stasi, la polizia segreta della Germania comunista, non le doverose indagini della magistratura secondo le regole e le garanzie democratiche).

 

Contro “quel ‘giornalismo di trascrizione’ che finisce oltretutto per far scadere la qualità dell’informazione” (ad avviso del dermatologo, dunque grande esperto di giornalismo, trascrivere ciò che dicono due persone intercettate per informarne i cittadini è uno scadimento qualitativo dell’informazione che lui, non si sa in base a quale titolo, ritiene di dover giudicare e stigmatizzare). E contro il “voyerismo” della gente che, invece di farsi i fatti suoi, pretende financo di essere informata.
Soro reclama dunque “un’adeguata selezione delle notizie da diffondere”, manco fosse il Minculpop incarnato, o stesse asportando un’unghia incarnita. Naturalmente, non sapendo nulla di ciò di cui parla, non cita un solo caso di intrusioni nella vita privatatalidarichiedereunalegge ad hoc (forse non lo sa, ma ove mai esse si verifichino sono già sanzionate da 19 anni dalla legge sulla privacy). Ma il fatto che proprio ora abbia deciso di impugnare penna e ricettario per prescrivere non una pomata o un callifugo, ma una riforma, fa supporre che si riferisca all’ultima inchiesta di Napoli. Quella sulla coop rossa accusata di finanziare politici e di trescare con la camorra”.

Dopo Antonello Soro, tema facile per Travaglio, l’articolo affronta con coraggio e un sottofondo di amara delusione, il tema Gratteri:

“Si parla molto del pacchetto di riforme presentato dalla commissione Gratteri e pubblicato in anteprima sul Fatto dalla nostra Beatrice Borromeo. Lì c’è anche un nuovo reato, punito da 2 a 6 anni, peraltro al posto di uno già esistente:  l’“illecita divulgazione di dati” contenuti in intercettazioni e non depositati dai magistrati nei loro atti a disposizione degli avvocati difensori. Una norma che agirebbe a tenaglia con quella che vieta ai magistrati di inserire negli atti depositati (e dunque pubblici) “il testo integrale di intercettazioni, a meno che la riproduzione testuale non sia rilevante ai fini della prova”.

Qualcuno ha fatto lo spiritoso: ecco, il Fatto perdona il suo amico Gratteri, mentre chissà cosa scriverebbe se le stesse cose le proponesse qualcun altro. I poveretti non riescono neppure a capire la differenza fra una notizia e un commento: abbiamo dato conto della proposta Gratteri perché è una notizia, ma non ci siamo mai sognati di condividerla in quel punto. Che è sbagliato, ma soprattutto inutile. Così come tutti i bavagli tentati negli ultimi 10 anni, prima da Mastella col centrosinistra, poi da Alfano col centrodestra, ora da Renzi & Alfano in tandem.

Sbagliata perché lo decidono i giornalisti (e i loro lettori) ciò che è di interesse pubblico. Inutile, perché il 99% delle intercettazioni pubblicate in questi anni non c’entrava nulla con la vita privata e c’entrava molto con i profili penali e con quelli morali di personaggi pubblici della politica e dell’economia. Giorgio Meletti spiega sul Fatto perché D’Alema è finito nelle intercettazioni di Napoli e ci sarebbe finito anche con i nuovi bavagli allo studio.

In ogni caso, anche se certi atti non fossero subito depositati, lo sarebbero in seguito nell’udienza davanti al gip per la loro distruzione, previa ostensione agli avvocati, che potrebbero farne copia e passarli ai giornali. E a qual punto, anche se segreti, sarebbe doveroso pubblicare quelli di interesse pubblico”.