“Napolitano lascia il Colle? Le premesse ancora non ci sono”, Stefano Folli

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Giugno 2014 - 10:32 OLTRE 6 MESI FA
"Non ci sono ancora premesse per rinuncia di Napolitano al Colle", Stefano Folli

Napolitano (LaPresse)

ROMA – “Non ci sono ancora le premesse per la rinuncia di Napolitano al Colle” è il titolo del commento sul Sole 24 ore a firma di Stefano Folli. Che aggiunge: “Primo, le riforme restano da approvare. E poi c’è il rischio di indebolire il baricentro del sistema”.

Non è la prima volta che Giorgio Napolitano accenna al suo «mandato a termine». Per la verità il capo dello Stato non ha mai lasciato dubbi sull’intenzione di lasciare il Quirinale assai in anticipo sulla scadenza del settennato. Ma egli stesso ha lasciato filtrare che la rinuncia non avverrà prima della fine del semestre italiano di presidenza dell’Unione, visto che tale impegno richiede il massimo di concentrazione e di stabilità istituzionale.

In teoria, quindi, dal primo gennaio 2015 ogni mese, anzi ogni giorno potrebbe essere quello in cui sarà dato l’annuncio. Molti lo prevedono all’inizio, nei primi due o tre mesi e comunque non oltre la primavera. Altri pensano che il presidente abbandonerà l’incarico verso la metà dell’anno, più o meno in coincidenza con il suo novantesimo compleanno che cade il 29 giugno.

Tuttavia ci sono da considerare altri due fattori: uno esplicito e l’altro implicito, entrambi rilevanti. Quello esplicito lo ha ricordato ieri lo stesso Napolitano. Non è solo questione di date. Occorre che il processo riformatore sia completato, o almeno saldamente avviato, perché questo è «nell’interesse generale del paese». Anche qui, nessuna novità. Già altre volte il capo dello Stato ha legato la durata del suo secondo mandato al percorso delle riforme. Che investono numerosi campi, come ha ricordato ieri, «compreso quello istituzionale».

Si capisce che le parole di Napolitano costituiscono un potente aiuto al governo Renzi. Si vedrà presto quanto vale la spinta riformatrice del giovane premier uscito rafforzato dal voto europeo. Le condizioni in cui il presidente del Consiglio si trova ad agire è in effetti quasi ottimale. Almeno sulla carta. E qualcuno provvede a sgombrare il suo cammino dagli ostacoli residui: come si è visto con la sostituzione del popolare Mauro in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama.

Mauro era noto come un avversario della riforma del Senato, ossia l’architrave del riformismo istituzionale di Renzi. Averlo allontanato da una poltrona-chiave in commissione indebolisce senza dubbio il fronte anti-renziano guidato da Vannino Chiti. Ma la partita è ancora lunga. Il suo esito dipende dalla tenuta del famoso asse con Forza Italia e investe anche l’altra questione che rientra nel tema «riforme istituzionali»: la legge elettorale, il cosiddetto Italicum. Legge che è ormai noto non piace più ai berlusconiani e quindi dovrà essere ritoccata: resta da capire fino a che punto.

Sta di fatto che quando Napolitano vincola la sua rinuncia all’attuazione del progetto riformatore, è evidente che egli spera in un rapido epilogo. Ma al momento si tratta solo di una speranza (…)