Tesoro, la grande fuga dei super tecnici

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2014 - 12:26 OLTRE 6 MESI FA
Pier Carlo Padoan

Pier Carlo Padoan

ROMA – Al Tesoro si cambia, scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: “Prima ha gettato la spugna il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli: a Beppe Severgnini del Corriere ha confessato tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare. A cominciare dai burocrati che non gli aprivano i cassetti. Poi è trapelata la notizia delle probabili dimissioni di Lorenzo Codogno, dirigente del Tesoro titolare di una posizione chiave al ministero di via XX settembre. Ovvero, quella di capo della direzione dell’analisi economico-finanziaria: per capirci, i fondamentali della legge di Stabilità”.

Sergio Rizzo scrive:

(…) Bisogna ricordare che le strutture operative del nostro fisco sono state già investite da un cambiamento radicale. È davvero sorprendente per le modalità con cui è avvenuta la nomina di Rossella Orlandi al vertice dell’Agenzia delle entrate in sostituzione di Attilio Befera che aveva lasciato per raggiunti limiti di età.
La scelta di Padoan, al quale spetta il compito di proporre il nome del direttore, era infatti caduta sul numero due della stessa Agenzia, Marco Di Capua. La sua proposta era stata già regolarmente formalizzata: ma anziché il suo nome, dal Consiglio dei ministri è uscito quello di Rossella Orlandi, toscana di Empoli, direttrice delle Entrate in Piemonte. Con la benedizione, sostengono i bene informati, dell’ex ministro diessino delle Finanze Vincenzo Visco.

Federico Fubini e Roberto Mania di Repubblica:

Tecnocrati da una parte, politica dall’altra: la linea di faglia inizia a emergere. Il capoeconomista del Tesoro Lorenzo Codogno si è dimesso e ora si sta cercando il successore. Vieri Ceriani, consigliere per il fisco in via XX Settembre, ha presentato anche lui le dimissioni, bloccate per ora dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E la dirigente generale del dipartimento Finanze del ministero, Fabrizia Lapecorella, viene indicata da Palazzo Chigi come responsabile dei ritardi sulla riforma fiscale.
Le dimissioni di Codogno erano state smentite in un primo tempo, quello di Ceriani lo sono adesso. In realtà sono almeno due i versanti sui quali si sta consumando il conflitto fra strutture: quello della politica fiscale dettata da Palazzo Chigi e l’altro, più generale, relativo ai saldi di finanza pubblica.
Ceriani, allievo di Federico Caffè, ex Banca d’Italia, è stato il super-tecnico delle politiche fiscali nei governi di centro sinistra, collaboratore di Vincenzo Visco. Della sua competenza si sono poi avvalsi anche i governi di centrodestra e quello tecnico di Mario Monti, che l’ha voluto come sottosegretario. Con Padoan, Ceriani ha un rapporto di ferro. Condividono una storia politica e culturale. Ma con le scelte fiscali di Palazzo Chigi, il consigliere è in evidente rotta di collisione. A suo parere, la scelta contenuta nella legge di Stabilità di dedurre il costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap snatura un’imposta che proprio lui, insieme a Visco, aveva concepito. Il dissidio riguarderebbe pure la decisione del governo di aumentare (dall’11,5 al 20%) la tassazione sui rendimenti dei fondi di previdenza integrativa. Misura che, secondo un’interpretazione, rappresenterebbe un attacco indiretto al potere sindacale (e a un “vecchio” modello di sinistra) non solo perché i sindacalisti siedono nei consigli di amministrazione dei fondi negoziali ma anche perché sono perlopiù i lavoratori sindacalizzati ad aderire alla previdenza complementare. A Ceriani sarebbe stata sostanzialmente tolta la gestione della delega per la riforma fiscale. Il 26 marzo però scadono i termini per approvare i decreti attuativi e Matteo Renzi è irritato dal ritardo con cui procede il lavoro al Tesoro. Il premier ne dà la colpa alla resistenza della burocrazia ministeriale, al freno che eserciterebbe il capo di gabinetto di Padoan stesso, il consigliere di Stato Roberto Garofoli, già segretario generale di Palazzo Chigi con Enrico Letta. Ma è anche su Fabrizia Lapecorella che si concentrano le critiche. Lapecorella, vicina a Ceriani, non ritiene però che i decreti per la riforma fiscale siano un compito affidato a lei. Così sul fisco Palazzo Chigi e l’Economia non dialogano. E le strutture del Tesoro accettano sempre più a fatica il rapporto con lo staff dei consiglieri di Renzi (…)