I giovani italiani non usano preservativo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Dicembre 2015 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA
I giovani italiani non usano preservativo

I giovani italiani non usano preservativo

ROMA – I giovani italiani non usano il preservativo. Questo il dato che emerge nella Giornata Mondiale di lotta all’Aids indetto per il 1° dicembre. Il contagio in Italia non è calato, anzi è aumentato soprattutto tra i giovani omosessuali. Una dato che fa riflettere e che sposta in avanti la campagna “Getting to zero” dei contagi da Hiv nel mondo.

Adriana Bazzi sul Corriere della Sera spiega che nel 2014 sono 3695 le persone che hanno scoperto di essere sieropositive in Italia, un dato che riguarda soprattutto i giovani tra i 25 e i 29 anni. Il contagio è dovuto a rapporti sessuali senza preservativo e nel 40% dei casi si tratta di omosessuali maschi, spiega il Centro Operativo dell’Istituto Superiore di Sanità.

La situazione, continua la Bazzi, non è poi così diversa negli altri paesi europei:

“Con oltre 142 mila diagnosi di Hiv nel 2014, la Regione Europea (con questo termine non si intende la Unione Europea, ma, appunto, la Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – Oms – che comprende anche le Repubbliche ex sovietiche) ha registrato il più alto numero di nuove infezioni in un anno da quando è cominciata l’epidemia, all’inizio degli anni Ottanta. I dati sono del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (Ecdc) e dell’Ufficio Regionale dell’Oms per l’Europa. La trasmissione eterosessuale è la maggiore responsabile dell’aumento dei casi nell’Europa Orientale, seguita dall’uso di siringhe infette fra i tossicodipendenti”.

In Africa invece l’Aids è la principale causa di morte tra gli adolescenti, ma nonostante i dati Unaids, agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids, è ottimista:

“Di infezioni da Hiv non si parla più, se non, appunto, in occasione della Giornata Mondiale dell’Aids, ma il virus ha ancora un impatto importante e preoccupante in tutto il mondo, anche se l’Unaids, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids, è ottimista: con il suo progetto Fast Track vuole raddoppiare il numero delle persone in trattamento anti-retrovirale (salvavita) entro il 2020 e vuole tentare di eradicare la malattia entro il 2030, come parte dei suoi Sustainable Development Goals. Oggi sono in cura 15,8 milioni di persone, ma il numero complessivo di infetti è di 36,9 milioni. L’obiettivo dell’Unaids per il 2020 è: 90-90-90. Cioè: entro quella data il 90 per cento delle persone sieropositive dovrebbero conoscere questa loro condizione, il 90 per cento dei sieropositivi dovrebbero avere acceso ai farmaci e il 90 per cento delle persone in trattamento dovrebbero eliminare il carico virale”.

La Bazzi sul Corriere della Sera spiega che in Italia a non funzionare è la prevenzione:

” «I dati dell’Iss parlano di “nuove diagnosi” nel 2014, cioè di persone (appunto le 3695) che sono venute a conoscenza del loro stato l’anno scorso, ma che potrebbero essere state contagiate anni addietro – commenta Massimo Galli professore ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano, Ospedale Sacco – . E i numeri non sono cambiati negli ultimi anni: non siamo andati indietro (quindi i programmi di prevenzione, a patto che esistano, non stanno funzionando, ndr), il rischio è che andiamo avanti, con sempre più casi. Altra questione sono i nuovi contagi avvenuti l’anno scorso: non si conoscono i numeri reali, ma si stimano attorno ai 2-4 mila. Riguardano prevalentemente omosessuali maschi (dopo infinite discussioni nell’ambito dell’Unaids, adesso si chiamano MSM, cioè maschi che fanno sesso con maschi, ndr) che non usano il preservativo. Un’altra fetta riguarda gli stranieri (secondo il rapporto dell’Iss sono il 27 per cento). Paradossalmente però gli stranieri (come dimostra uno studio francese) sono quelli che più si sottopongono ai test».

Persone sieropositive che non sanno di esserlo
Un altro dato preoccupantissimo per l’Italia è che una quota crescente di persone sieropositive per l’Hiv è inconsapevole della propria condizione: tra il 2006 e il 2014 è aumentata dal 20,5 per cento al 71,5 per cento la percentuale di persone che scoprono di essere infettate dal virus quando già hanno la malattia conclamata, cioè l’Aids vero e proprio. Come dire che anni fa si intercettavano prima, oggi si arriva in ritardo. «Non dimentichiamoci che in Italia – aggiunge Galli – esiste un sommerso di persone sieropositive che non sanno di esserlo: si stima che in totale i sieropositivi, noti e non noti, siano 120-130 mila»”.