Sculacciata come violenza grave: lo studio di Harvard, il cervello dei piccoli non fa distinzioni

di Caterina Galloni
Pubblicato il 18 Aprile 2021 - 11:00 OLTRE 6 MESI FA
Sculacciata violenza Harvard

Sculacciata come violenza, studio di Harvard (Ansa)

Sculacciata come violenza grave: lo studio di Harvard. Sculacciare un bambino può essere dannoso quanto sottoporlo a violenze e gravi abusi. E’ quanto sostiene uno studio di Harvard: secondo gli esperti è una punizione che incide sullo sviluppo cerebrale e comportare gravi malattie mentali.

Sculacciata come violenza grave: lo studio di Harvard

I ricercatori, scrive il Sun, hanno scoperto che nei bambini puniti con le sculacciate risposta neurale in più aree della corteccia prefrontale (PFC) era più accentuata. Questa parte del cervello è responsabile di molte funzioni, tra cui il comportamento e le attività cognitive.

Lo scopo dello studio era scoprire se la sculacciata avesse un impatto sullo sviluppo del cervello.
Gli esperti hanno analizzato i dati di un ampio studio su bambini di età compresa tra i tre e gli 11 anni.

Hanno esaminato 147 bambini tra i 10 e gli 11 anni che erano stati sculacciati. Ma hanno escluso quelli che avevano subito gravi forme di violenza.

A ciascun bambino hanno chiesto di sdraiarsi all’interno di una macchina per la risonanza magnetica. Quindi gli facevano vedere lo schermo di un computer con immagini diverse in cui un attore si esibiva in espressioni sia neutre che impaurite.

Mentre i bambini osservavano le immagini, uno scanner ha catturato la loro attività cerebrale in risposta alle espressioni e ha confrontato le reazioni dei due diversi gruppi di bambini.

Sulla rivista Child Development, i ricercatori hanno affermato che, in media, le espressioni impaurite hanno sollecitato una maggiore reazione in molte aree del cervello, rispetto a quelle neutre.

Gli adulti, hanno spiegato, potrebbero anche non considerare la sculacciata come una forma di violenza ma il cervello di un bambino non è in grado di differenziarla dall’abuso. Lo studio, afferma il team, è il primo passo verso l’analisi sullo sviluppo dei bambini e sulle loro esperienze vissute.