Ustica 31 anni dopo e i 4 aerei “sconosciuti”: le tracce portano ai francesi

Pubblicato il 27 Giugno 2011 - 12:05| Aggiornato il 28 Giugno 2011 OLTRE 6 MESI FA
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L'aereo di Ustica

ROMA – A 31 anni dai fatti di Ustica ritorna l’amarezza di quella strage, ritornano in gioco i tre paesi coinvolti (Italia, Francia, Usa), torna anche il fantasma dei quattro aerei “nascosti” e tutte le tracce che portano fino a Parigi. Ne parla Andrea Purgatori dalle colonne del Corriere della Sera, li definisce la vera «bomba» di Ustica.

Quattro radar per quattro aerei militari che ancora formalmente risultano «sconosciuti»: si tratta di due/tre caccia e un Awacs. La Nato sta decidendo se saranno identificati o meno.

“Tutti gli indizi portano allo stormo dell’Armée de l’air che nel 1980 operava dalla base corsa di Solenzara. Lo stesso contro cui puntò il dito pubblicamente (poi anche a verbale) Francesco Cossiga. Forse dopo aver saputo che i caccia francesi avevano lasciato le loro impronte su un tabulato del centro radar di Poggio Ballone (Grosseto), miracolosamente non risucchiato dal buco nero che dalla sera dell’esplosione del DC9 Itavia aveva ingoiato nastri, registri e persino la memoria di tanti testimoni”.

Cosa succederebbe se quei caccia non fossero più anonimi e nascosti? Secondo Purgatori la questione si gioca tutta sul piano politico proprio tra Parigi, Roma e Washington.

“L’identificazione certa dei caccia francesi non sarebbe cosa facile da digerire nei rapporti bilaterali, visto che Parigi ha sempre negato che il 27 giugno 1980 i suoi aerei fossero in volo nel cielo di Ustica e, persino contro l’evidenza delle prove raccolte dalla magistratura italiana, ha sostenuto che nella base di Solenzara le luci furono spente alle cinque e mezza del pomeriggio. Il 2 ottobre del 1997, il segretario generale della Nato Javier Solana graziò Parigi consegnando al nostro governo la relazione di sei pagine di un team di specialisti dell’Alleanza atlantica che aveva incrociato tutte le tracce radar sopravvissute al buco nero, identificando in una tabella dodici caccia in volo quella sera (americani e britannici) ma evitando di apporre la bandierina su una portaerei e quattro aerei la cui presenza nella zona e all’ora della strage non veniva comunque messa in discussione”.

Poi continua con un’escalation di domande: “Sarà un caso che il registro della sala radar con cui si sarebbero potuti incrociare i dati del tabulato non fu trovato durante il sequestro ordinato dal giudice istruttore Rosario Priore e che l’Aeronautica lo consegnò cinque giorni dopo senza il foglio di servizio del 27 giugno 1980? Sarà un caso che Mario Dettori, uno dei controllori, dichiarò a moglie e cognata che si era arrivati «a un passo dalla guerra» e poi fu trovato impiccato a un albero? Sarà un caso che il capitano Maurizio Gari, responsabile del turno in sala radar e perfettamente in salute, sia morto stroncato da un infarto a soli 32 anni? Sarà un caso che i capitani Nutarelli e Naldini, morti anche loro nella disastrosa esibizione delle Frecce tricolori nel 1988 a Ramstein, con il loro TF 104 abbiano incrociato quella sera tra Siena e Firenze il DC9 sotto cui si nascondeva un aereo militare sconosciuto e siano rientrati alla base di Grosseto segnalando per tre volte e in due modi diversi l’allarme massimo come da manuale (codice 73)?”.