Terremoto L’Aquila 2009, scienziati scoprono la deformazione del terreno che ha preceduto il sisma

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 22 Settembre 2017 - 13:44 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto L'Aquila 2009, scienziati scoprono la deformazione del terreno che preparò il sisma

Terremoto L’Aquila 2009, scienziati scoprono la deformazione del terreno che ha preceduto il sisma

ROMA – Terremoto L’Aquila 2009, scienziati scoprono la deformazione del terreno che preparò il sisma. Se prevedere i terremoti con precisione ad oggi non è possibile, ora un nuovo studio iniziato nel 2011 ha permesso di scoprire una deformazione della superficie tra due bacini che si trovano proprio vicino all’epicentro del sisma che nel 2009 ha distrutto L’Aquila. Le immagini dei satelliti hanno osservato questa subsidenza di circa 15 millimetri giorni prima del terremoto e dunque potrebbe trattarsi di una deformazione avvenuta nella fase preparatoria del sisma.

Lo studio è stato condotto dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ingv, in collaborazione con l’Università di Cassino (DICeM) e dell’Aquila (DICEAA) e i risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports del gruppo Nature. La previsione dei terremoti è un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto, tuttavia un importante contributo potrebbe arrivare dalle tecniche interferometriche satellitari, in grado di misurare le deformazioni della superficie terrestre e fornire informazioni utili sulla probabilità di accadimento di un evento sismico in una determinata zona. Marco Moro, ricercatore Ingv e autore dell’articolo, ha spiegato:

“La deformazione osservata prima del terremoto è stata indotta dal cedimento di alcuni livelli stratigrafici, causato dal progressivo abbassamento delle falde acquifere superficiali, determinato, a sua volta, dalla migrazione dei fluidi in profondità”.

E’, infatti, noto in letteratura che, prima di un evento sismico, le rocce presenti nel volume della zona ipocentrale (volume focale) sono soggette ad uno sforzo di taglio, con conseguente formazione di fratture, prosegue Moro:

“I vuoti delle fratture vengono riempiti di conseguenza dai fluidi circostanti che, in condizioni geologiche e idrogeologiche favorevoli, possono determinare una migrazione dei fluidi più superficiali. Per poter imputare il segnale misurato alla fase preparatoria del terremoto è stato necessario, quindi, escludere le ulteriori cause che avrebbero potuto influenzare lo spostamento della superficie topografica”.

La ricerca ha richiesto un approccio multidisciplinare e l’uso esteso di tecniche interferometriche satellitari, applicate a immagini radar InSAR (Interferometric Synthetic Aperture Radar), atte a misurare le deformazioni della superficie terrestre (elaborate in collaborazione con TRE ALTAMIRA s.r.l. e-GEOS e GAMMA Remote Sensing Research and Consulting):

“Il segnale rilevato è stato interpretato grazie alle conoscenze geologiche, idrogeologiche, geotecniche e sismologiche acquisite per l’area a seguito del terremoto aquilano. Da qui l’idea di applicare e verificare tale ricerca a forti terremoti già avvenuti in contesti tettonici e geologici diversi, per constatare se il fenomeno potrà essere osservato e misurato in maniera analoga. Solo così l’osservazione dell’andamento nel tempo delle deformazioni, in zone sismicamente attive, potrebbe in un prossimo futuro rappresentare un utile strumento di previsione di eventi sismici con successiva attivazione di interventi per la mitigazione del rischio sismico”.