Parla la neo mamma Gelmini: “A casa dopo il parto? Un privilegio”

Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 13:29 OLTRE 6 MESI FA

Mariastella Gelmini

E’ ministro della Repubblica, è appena diventata madre, ha il conforto di una bella presenza, insomma la si può chiamare fortunata senza per questo sminuire i suoi meriti. Ma quando Mariastella Gelmini afferma, come ha fatto in un’intervista, che per una donna stare a casa dopo il parto è un privilegio, si sbaglia di grosso. Se voleva sottolineare la modernità e il dinamismo della donna che riesce a conciliare maternità e carriera proponendosi come modello positivo, la sua sortita va nella direzione esattamente contraria. Il congedo di maternità è un diritto garantito per legge a tutela della donna e a garanzia del diritto del bambino ad un’adeguata assistenza. Si rende conto che non tutte le donne hanno accesso ai benefit, agevolazioni, stipendio appannaggio di un ministro? Chi è il privilegiato tra lei e una donna comune alle prese con servizi scarsi, mariti assenti, discriminazioni sul posto di lavoro ecc…?

«Sarò a Roma con lei a partire dalla fine del mese, torneremo nei fine settimana con il Frecciarossa». Sarà una mamma pendolare il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che da qualche settimana ha partorito la sua prima figlia, Emma Wanda. Racconta la maternità nella sua prima intervista dopo il parto, al settimanale Io Donna.

“La gravidanza è una cosa unica, è proprio come dicono. Uno stato di beatitudine che dà una forza incredibile, che non conoscevo. Ti senti più forte di prima. Ho più facilità di altre donne a tornare subito a lavorare senza trascurare mia figlia. Ma non vuol dire non essere una buona mamma, dovrebbero farlo tutte. Però le donne normali che lavorano dopo il parto sono costrette a stare a casa. Lo giudico un privilegio. Una donna normale deve certo dotarsi di una buona dose di ottimismo, per lei è più difficile, lo so; so che è complicato conciliare il lavoro con la maternità, ma penso che siano poche quelle che possono davvero permettersi di stare a casa per mesi”.

Il ministro parla anche di lavoro e dell’albo regionale degli insegnanti, una proposta che è piaciuta molto alla Lega.  “E’ uno strumento, l’obiettivo è innalzare la qualità della scuola. Trovo insopportabile, come la gran parte dei genitori, il turnover degli insegnanti. Bisogna avvicinare il luogo di lavoro al luogo di residenza.  Nessuno è escluso, se un insegnante di Palermo vorrà lavorare in Lombardia potrà farlo, a patto di garantire almeno due anni di residenza. La scuola deve restare l’istituzione che più rappresenta l’unità del Paese. Ma il centralismo attuale non sta dando risultati. Neanche l’autonomia degli istituti ha prodotto meraviglie. Sono d’accordo, ha prodotto il caos, l’anarchia. Indisciplina. Alle superiori abbiamo contato 500 sperimentazioni, le più assurde, e poi i “progettifici” con i fondi europei. Ecco perché questa sarà la legislatura che porrà fine a questo andazzo e alla deriva lassista”.

E sul voto in condotta? “E’ stato un primo segnale importante, anche gli insegnanti di sinistra l’hanno utilizzato volentieri contro il bullismo e per ottenere ordine in classe. Ma tornando all’autonomia, gli insegnanti saranno reclutati su chiamata diretta da parte delle scuole in base al merito: chi fa bene guadagna di più, chi sbaglia paga. Ognuno è artefice del proprio destino. E il sindacato sarà destinato ad avere un ruolo sempre meno dominante. Gli incentivi agli insegnanti arriveranno dai risparmi fissati dalla Finanziaria. Si tratta di tre miliardi, da spendere in tre anni. Non a pioggia, ma sulla base di esperienza e curriculum”.

E alla domanda se sua figlia andrà in una scuola pubblica o privata, risponde: “Andrà in una buona scuola, pubblica o paritaria non importa. E comunque l’aumento delle iscrizioni alle paritarie è dovuto a un dato innegabile, la scuola pubblica è in crisi e per salvarla non basta il governo, devono contribuire i sindacati e i dirigenti, spesso poco attenti agli sprechi”.