
Il consiglio musicale del mese: Three Mile Pilot, The Chief Assassin to the Sinister... Blitz Quotidiano
L’articolo di oggi inaugura una nuova rubrica: il consiglio musicale del mese. Ogni mese sceglierò un album, di cui vi proporrò l’ascolto. Non saranno sempre album nuovi o recenti, ma neanche necessariamente grandi classici. Mi concentrerò soprattutto su quegli album che ritengo siano troppo poco conosciuti e apprezzati rispetto al valore musicale che contengono o all’importanza che hanno avuto sulla scena musicale. E infatti inizio questa nuova serie con un album che, credo, pochi di voi conoscono: The Chief Assassin to the Sinister dei Three Mile Pilot. Molti di voi non avranno probabilmente neanche mai sentito parlare della band, figuriamoci dell’album!
I Three Mile Pilot sono un gruppo rock di San Diego, in California. Una di quelle band che sfuggono a qualsiasi definizione di genere, e quindi vengono spesso fatte rientrare nelle categorie del rock indipendente, alternativo o dell’art rock: tutti contenitori in cui semplicemente vanno a finire gli album e le band che non si riesce a far rientrare nelle definizioni più “standard”. Ma a noi le definizioni non interessano molto, quello che ci interessa è la musica.
Nati all’inizio degli anni Novanta, i Three Mile Pilot esordiscono nel 1992 con un album dal titolo in… siciliano: Nà Vuccà Dò Lupù (gli accenti servono probabilmente come indicazioni fonetiche per la corretta pronuncia da parte degli anglofoni…). Il loro primo album viene registrato solo con basso, batteria e voce, mettendo subito in chiaro le intenzioni sperimentali del progetto. The Chief Assassin to the Sinister è il secondo album dei Three Mile Pilot, pubblicato nel 1994, un’opera in cui grunge, psichedelia e punk si sposano dando vita a un sound decisamente lontano dal pop mainstream.
È il primo lavoro in cui la band si presenta come trio, con Amistead Burwell Smith IV (detto Zach Smith) al basso e voce e Tom Zinser alla batteria, ai quali si aggiunge Pall Jenkins alla chitarra e voce. Ma cominciamo ad entrare nel vivo dell’album e ad ascoltare qualcosa. Non vi proporrò un “ascolto guidato”, dal primo all’ultimo brano, ma piuttosto una selezione sparsa dai brani dell’album. Il mio consiglio è comunque sempre di ascoltare l’album poi nella sequenza che è stata scelta dagli artisti. E allora andiamo per ordine e… iniziamo dalla fine. Androsyn è la traccia finale dell’album, ed è anche la più lunga, caratterizzata da una coda quasi rumoristica di oltre due minuti.
Stesso album, due versioni
Pubblicato nel 1994 come autoproduzione, The Chief Assassin to the Sinister attirò l’attenzione della casa discografica Geffen, che mise i Three Mile Pilot sotto contratto e fece uscire nel 1995 una nuova versione dell’album, in cui questa traccia finale prendeva il nome di Androsyn Guardian. Venivano inclusi anche tre nuovi brani, mentre il penultimo dell’edizione originale, Vux Intruder, veniva escluso dalla nuova pubblicazione. In effetti, si tratta forse della traccia musicalmente meno sperimentale e più associabile a una sorta di punk rock. I tre inediti inclusi nella riedizione dell’album sono invece Chenjesu, Inner Bishop e Midgaard Serpent. Nel video vi propongo l’ascolto di quest’ultima: una traccia particolarmente evocativa. Anche il testo, come al solito piuttosto criptico, è ricco però di immagini forti: “noi siamo le infinite scope che puliscono lo schifo lasciato da questi muli dalla testa dura”.
Dentro le canzoni
In molti brani dell’album troviamo spesso riferimenti al mondo di fantasia del videogioco Star Control, e in particolare nei titoli di questi brani aggiunti alla riedizione: Midgaard Serpent è sì un riferimento al serpente mitologico delle saghe norrene, ma è anche un personaggio di Star Control, mentre Chenjesu si riferisce inequivocabilmente alla razza aliena di filosofi pacifisti di quel mondo. Sebbene i testi siano difficili da decifrare, e i titoli delle canzoni ce ne danno già un’idea, un tema ricorrente nell’album è il dominio delle macchine: tanto che anche gli umani si stanno trasformando in macchine, barattando valori come la solidarietà con l’indifferenza e l’apatia. “Sento le macchine che mi dicono di non vivere e l’assassinio non sembra più così male” recita una parte di Androsyn. E in Inner Bishop troviamo un verso che dice “il coltello è per terra e aspetta una mano”.
Ma passiamo a parlare della musica, che è indubbiamente l’aspetto che ci interessa di più. Le melodie sono spesso larghe, a note lunghe, quasi indefinite, quasi a simboleggiare questo male strisciante che si insinua nei nostri corpi. Poi, improvvisamente, nei ritornelli più incalzanti, si fanno ritmiche, ripetute, ossessive. Tutto questo su una base armonica mai scontata. I Three Mile Pilot non sono un gruppo che usa i soliti quattro accordi come fondamenta dei brani. Le armonie sono invece sorprendenti, a volte ardite, sempre come se fossero appena accennate. In effetti, il lavoro armonico è lasciato quasi esclusivamente al basso, mentre le chitarre creano colori e suggestioni sopra il tessuto vagamente oscuro creato dagli accordi al basso. Ed è proprio il lavoro di Amistead Burwell Smith a caratterizzare il suono della band.
Bassista molto sottovalutato, qui Smith utilizza tecniche che negli anni Novanta erano piuttosto innovative nel rock: oltre agli accordi, troviamo molto tapping e un approccio percussivo anche nelle “strummate” della mano destra. Shang vs Hangar è il brano di apertura dell’album e uno dei più rappresentativi. Ho scelto di proporvi un video live perché possiate apprezzare la tecnica del bassista, in particolare. Purtroppo non è facile trovare video dei Three Mile Pilot, quindi la qualità non è eccellente, ma credo ci si possa accontentare. La ripresa è stata fatta a un concerto a San Francisco nel 2009.
I Three Mile Pilot sono una band nata agli inizi degli anni Novanta in California, e nel loro sound si sentono chiaramente le influenze del grunge e del punk californiano che caratterizzavano quella scena musicale in quegli anni. In effetti, i Three Mile Pilot sono decisamente al centro di quella scena musicale. Il bassista faceva già parte di diverse altre band di quell’area, primi fra tutti i Pinback, da cui peraltro viene anche il batterista. Pall Jenkins invece si era già fatto notare come chitarrista e cantante nei Black Heart Procession. Nonostante siano così inseriti in quell’ambiente, le loro soluzioni musicali sono sempre sperimentali e originali.
Negli album successivi, Another Desert, Another Sea del 1997 e The Inevitable Past is the Future Forgotten del 2010, il ruolo della chitarra diventerà più centrale. Ma ci sarà anche l’aggiunta di una tastiera, a dimostrazione di una costante ricerca di nuovi orizzonti, piuttosto che l’adagiarsi su una formula azzeccata. La title track di The Chief Assassin to the Sinister è un altro brano di spicco dell’album. Anche in questo caso ho scelto di proporvi un video da un concerto, questo volta del 2019, con Amistead Burwell Smith al piano e Pall Jenkins alla voce, oltre al solito massiccio sostegno di Tom Zinser alla batteria.
Un album fuori dagli schemi
The Chief Assassin to the Sinister è in sostanza una piccola perla di autoproduzione, creata da una band che sperimenta costantemente e non si accontenta mai di confezionare un prodotto impacchettato bene, ma bada soprattutto alla sostanza. E questo è uno degli aspetti che personalmente mi convince di più: un album in cui ogni traccia ha il suono ruvido della sincerità musicale. Forse non è un album per tutti, ma ho il sospetto che sia stato seminale per molti artisti. A mio parere, un album da riscoprire, o da scoprire. Vi lascio con un altro brano che secondo me rappresenta un momento alto di questa produzione, in cui emergono chiaramente anche elementi di psichedelia piuttosto interessanti: la terza traccia dell’album, dal titolo Aqua-Magnetic, ancora dal live del 2009.
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