Juventus scudetto 32. Cinquina di forza, dopo avvio handicap

di Emiliano Condò
Pubblicato il 25 Aprile 2016 - 16:54 OLTRE 6 MESI FA
Juventus festeggia dopo la vittoria a Firenze

Juventus festeggia dopo la vittoria a Firenze

TORINO – “Questo quattordicesimo posto è inaccettabile”. Parola di Andrea Agnelli.  Era il giorno 28 ottobre (sono passati sei mesi, sembrano sei anni) e da quel momento la Juventus non lo ha accettato più. Ha messo un’altra marcia. Una marcia inarrestabile. Ventiquattro vittorie e un pareggio, appena tre gol subiti in tutto il girone di ritorno. Una marcia che l’ha portata a festeggiare lo scudetto numero 32 comodamente seduta in poltrona il 25 aprile con quattro turni di anticipo. Il quinto scudetto consecutivo e forse il più bello di tutta la serie, più bello persino di quello del record dei 102 punti con Antonio Conte seduto in panchina.

Perché i punti saranno di meno ma la sensazione di strapotere, se possibile, è ancora più forte. La Juve si è divertita a giocare il campionato con handicap, regalando alle avversarie 10 giornate di vantaggio, praticamente un quarto del cammino. Non è servito a niente. Il Napoli ha illuso, le milanesi hanno deluso, la Roma ha vinto l’ennesimo scudetto estivo dei pronostici per poi sciogliersi come neve al sole fino a cambiare allenatore con Spalletti chiamato con ritardo quasi criminale a salvare il salvabile. Ma contro questa Juve non sarebbe comunque bastato.

Il quinto scudetto consecutivo nasce il 28 ottobre 2015. Quel giorno la Juve perde in casa del Sassuolo. E’ una squadra irriconoscibile che nelle prime 10 giornate aveva già perso a Roma, Napoli e al debutto in casa con l’Udinese. E poi c’erano stati gli imbarazzanti pari interni con Chievo e Frosinone. In totale 12 punti in 10 partite, quattordicesimo posto in classifica.  Distanza siderale da un’Inter che volava e che non prendeva mai gol. Sembrava finito il ciclo di Allegri, sembravano incolmabili i vuoti lasciati da Pirlo, Tevez e Vidal, sembravano sbagliate le scelte fatte per sostituirli. Si rideva di Hernanes (uno scarto dell’Inter) e si sorrideva di un Mandzukic che sembrava un bidone, mentre Bacca e Dzeko (ahi, ahi!) segnavano o almeno convincevano.

In tutti o quasi, quel giorno, abbiamo pensato che il campionato della Juventus fosse finito. Un po’ per tifo contro (quello che unisce tutti i non juventini d’Italia) un po’ per semplice e umana voglia di qualcosa di nuovo. Vedevamo classifica, serie storiche, date e tabelle e i numeri ci davano ragione. Non avevamo fatto i conti con la Juventus. La storia della matematica e della statistica applicate al calcio italiano remavano contro i bianconeri: non era mai successo che una squadra sconfitta tre volte nelle prime dieci partite vincesse poi il campionato. Non era mai successo ed è successo oggi, e ora le tabelle vanno riscritte.

Eppure qualcosa che non andava sembrava esserci davvero. La Juve aveva perso Tevez, Pirlo e Vidal. Gente difficile da sostituire. Al loro posto sono arrivati Dybala, Mandzukic, Hernanes, Alex Sandro, Zaza e il giovane Lemina. Sulla carta e anche nelle prima giornate di campionato una Juve meno forte. Ringiovanimento, ricostruzione e un possibile anno di transizione hanno detto in tanti. Non Allegri che in conferenza stampa ha dato voce a quello che sicuramente pensavano proprietà e dirigenza: “Alla Juventus non esistono anni di transizione”. Il seguito, tutto quello che è accaduto tra il 31 ottobre e il 24 aprile, prova che aveva ragione lui. Dybala ha egregiamente sostituito Tevez, Pirlo e Vidal invece sono stati sostituiti cambiando sistema di gioco. La crescita esponenziale di Pogba ha risolto preventivamente eventuali problemi a centrocampo. Il resto l’ha fatto la solita difesa. Più vecchia di un anno eppure più solida e impermeabile del solito. Con un valore aggiunto: un Gigi Buffon che nelle due tre volte in cui è servito ha tirato fuori parate che hanno zittito i tanti che lo davano in declino.  Senza dimenticare il record di minuti con porta inviolata nel campionato italiano. Proprio Buffon, nel dopo Sassuolo, è stato forse il primo a suonare la carica che ha portato al nuovo campionato della Juventus

E quest’anno gli avversari della Juve non hanno arbitraggi o episodi cui attaccarsi per contestare il titolo. Non che gli arbitri abbiano complessivamente fatto meglio del solito, anzi. Semplicemente l’impatto degli errori sul saldo punti della Juve è stato sostanzialmente trascurabile. Qualche errore c’è stato, qualche decisione incomprensibile pure. Ma da qui a pensare che l’eventuale espulsione di Bonucci nel derby di ritorno (che pure avrebbe giovato a reputazione e decenza della categoria arbitrale) potesse cambiare gli equilibri di un campionato che è finito il giorno in cui la Juventus ha messo per la prima volta la testa davanti a tutte, ce ne corre.

E fa persino un po’ tenerezza quel Maurizio Sarri, tanto bravo sul campo quanto rivedibile in materia di comunicazione, che nel momento in cui lo scudetto scivolava via ha chiamato in causa persino il calendario e le troppe volte che il Napoli doveva giocare già sapendo il risultato della Juventus. Come se ci fosse un disegno dietro una cosa di un’ovvietà disarmante: la Juve faceva la Champions e doveva anticipare, il Napoli l’Europa League e doveva posticipare.

Rendere giustizia ad Allegri. Qualche parola va spesa per l’allenatore della Juve. Certo, non è il primo a vincere due titoli di fila a Torino, e di sicuro non sarà l’ultimo. Di sicuro non ha il fascino di Guardiola, il carisma di Mourinho, il sacro furore di Klopp. Le sue squadre non deliziano gli esteti e i cultori della materia. Ma Massimiliano Allegri da Livorno è un fattore. Un elemento cruciale questa Juve micidiale, solida essenziale e spietata. In quel famoso ottobre 2015 qualcuno arrivò persino a parlare di esonero di Allegri. Esonero che a Vinovo non è mai stato neppure pensato e di cui si è fatto un gran scrivere sui giornali. Ad Allegri (ricordate le contestazioni dei tifosi della Juve quando fu chiamato per sostituire Conte?) non era bastato neppure dominare un campionato e arrivare in finale di Champions League

Allegri voleva un trequartista forte, la Juve ha a lungo inseguito Draxler, e non l’ha avuto. Gli è arrivato Hernanes, non esattamente Iniesta. Un allenatore normale nelle stesse condizioni, con risultati che non arrivano, si incaponisce o si deprime. Allegri ha cambiato modo di giocare. Se il trequartista non c’è si gioca senza. Essenziale e pragmatico, come la Juventus che nel tempo si è progressivamente emancipata dal modo di giocare che fu di Conte. A Milano Allegri fu allontanato come se i mancati successi del Milan fossero colpa sua e non di una squadra vecchia e male assemblata. Allegri “il brocco” con quel Milan arrivava terzo. Guardate i risultati dei vari Inzaghi, Seedorf e Mihajlovic che dal terzo posto hanno sempre rimediato almeno 20 punti.

Leggi qui le pagelle della stagione della Juve.

La cavalcata della Juve merita di essere ricordata almeno in date e numeri. Partendo dal 31 ottobre, undicesima giornata, quando il campionato dei bianconeri è cominciato davvero.

1 – 2 Fiorentina – Juventus 24 apr
3 – 0 Juventus – Lazio 20 apr
4 – 0 Juventus – Palermo 17 apr
1 – 2 Milan – Juventus 09 apr
1 – 0 Juventus – Empoli 02 apr
1 – 4 Torino – Juventus 20 mar
1 – 0 Juventus – Sassuolo 11 mar
0 – 2 Atalanta – Juventus 06 mar
2 – 0 Juventus – Inter 28 feb
0 – 0 Bologna – Juventus 19 feb
1 – 0 Juventus – Napoli 13 feb
0 – 2 Frosinone – Juventus 07 feb
1 – 0 Juventus – Genoa 03 feb
0 – 4 Chievo – Juventus 31 gen
1 – 0 Juventus – Roma 24 gen
0 – 4 Udinese – Juventus 17 gen
1 – 2 Sampdoria – Juventus 10 gen
3 – 0 Juventus – Verona 06 gen
2 – 3 Carpi – Juventus 20 dic
3 – 1 Juventus – Fiorentina 13 dic
0 – 2 Lazio – Juventus 04 dic
0 – 3 Palermo – Juventus 29 nov
1 – 0 Juventus – Milan 21 nov
1 – 3 Empoli – Juventus 08 nov
2 – 1 Juventus – Torino 31 ott

1) La rabbia di Buffon dopo Sassuolo-Juventus

La vittoria della Juventus a Firenze

Bonucci canta insieme a Zaza dopo la vittoria di Firenze