ROMA – In scena al Festival di Spoleto il prossimo 5 luglio, Gérard Depardieu ha presentato in Italia “Love letters” di A. R. Gurney. Dividerà il palco in Piazza Duomo con Anouk Aimée (“è un miracolo, ha 82 anni ed è rimasta bambina”), mettendo in scena una rapporto d’amore epistolare che dura una vita intera. Intervistato dal Corriere della Sera non manca di esternare senza freni, fedele al personaggio eccessivo e pantagruelico che si è cucito addosso sull’enorme pancia che sfoggia con orgoglio.
Non replica alle accuse che anche dall’Italia gli sono piovute sulla sua scelta di prendere la cittadinanza russa per non pagare le tasse in Francia. A questo proposito Ettore Scola lo aveva chiamato “evasore fiscale” mettendo in dubbio la possibilità di lavorare con lui a un progetto comune. Quindi, a proposito della sua emigrazione, “Putin non è un dittatore”, “in Francia hanno ucciso i piccoli agricoltori” e via dicendo. L’intervista è l’occasione per spiegarsi (fino a un certo punto) e lanciare qualche freccetta avvelenata ai registi italiani(e fa centro al primo colpo).
Abbiamo un progetto per un film, una bellissima storia di cui non voglio parlare. Prima Scola non voleva farlo perché lo produceva Berlusconi e ora non so. Non credo che troveranno i soldi. Amo Ettore Scola anche se mi ha criticato. Io non sono né di sinistra né di destra, glielo dissi tanto tempo fa a Bertolucci, voi registi italiani siete tutti comunisti, però avete case dappertutto. Mi rispose che in Russia è pieno di Mercedes. Io sono un essere vivente, mi piace la vita. Sono un cittadino del mondo, in Russia sono un viaggiatore e basta. (Valerio Cappelli, Corriere della Sera)
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