Boris Johnson cita Peppa Pig come modello da seguire. Poi si paragona a Mosè. Infine imita il rumore di un motore Ferrari. Di certo non è stata una conferenza stampa noiosa quella del premier britannico. Peccato dovesse parlare della ricetta per la ripartenza del Paese e l’ha buttata in caciara, come si direbbe a Roma.
Boris Johnson, il discorso di Peppa Pig
Passerà alle cronache, se non alla storia, come il discorso di Peppa Pig. E’ l’intervento punteggiato di battute di spirito e invenzioni retoriche – in classico stile Boris Johnson, ma con un tasso di bizzarria che stavolta ha lasciato di stucco quasi tutti – sfoderato inopinatamente dal premier Tory britannico di fronte alla paludata assemblea della Cbi, la Confindustria britannica.
Un’esibizione pittoresca e stravagante come non mai, anche per gli immaginifici standard johnsoniani, durante la quale il capo del governo di Sua Maestà è arrivato ad evocare la popolare maialina dei cartoni animati. Oltre a paragonarsi a Mosè o a riprodurre il rumore di un’automobile con la bocca a colpi di ‘brum brum’. E a tratti è parso perdere del tutto il filo dei suoi appunti, almeno secondo il filo-laburista Guardian, che non ha esitato a bollarne l’eloquio di giornata come “sconclusionato”.
Il modello da seguire? Il Peppa Pig World
Evidenziando l’importanza del settore privato per trainare la ripresa dell’economia (al di là dei massicci interventi pubblici fatti dal suo stesso governo sullo sfondo della pandemia), il primo ministro ha citato l’esempio del successo d’un parco a tema dedicato appunto a Peppa Pig. Personaggio esportato negli anni “in 180 Paesi” e nato da uno spunto di “creatività privata” britannica – ha argomentato a ruota libera – che i burocrati di Stato non sarebbero stati in grado certo di partorire. “Amo Peppa Pig World, alzi la mano chi ci è stato”, ha quindi insistito rivolgendosi a una platea di uomini e donne d’affari perplessi, non senza descrivere nei dettagli i punti forti dell’attrazione da lui visitata di recente.
Le critiche a Boris Johnson
Più d’uno dei presenti lo ha più tardi criticato apertamente per non essersi concentrato con serietà sul tema in discussione. I piani di rilancio economico attesi da anni dall’Inghilterra del Nord, territorio scelto quest’anno come sede della riunione, tanto più urgenti sulla scia dei contraccolpi post Covid e del post Brexit.
Né a rompere il gelo di un’atmosfera nella circostanza impermeabile alla sua abituale capacità di strappare sorrisi ha aiutato il successivo riferimento a se stesso in veste di portatore di “un decalogo di comandamenti” per la transizione verde delle aziende – in ossequio agli impegni appena presi alla CoP26 di Glasgow – verso un modello sostenibile rispetto ai cambiamenti climatici. Riferimento accompagnato dall’insistita riproduzione dei rumori d’un motore a scoppio di quelle “Ferrari” che i businessmen tanto amano; ma che ormai i motori elettrici sarebbero in grado di superare anche quanto a “potenza di coppia”.
Richard Swart, manager di un gruppo manifatturiero presente all’evento, è stato fra i più severi nei commenti del dopo. A suo parere, il BoJo show – condito persino da una citazione parafrasata da Lenin – questa volta è stato “catastrofico, ben al di sotto da quanto richiesto a un primo ministro” in un momento in cui al Paese servirebbero toni “da statista”.
E, in modo più o meno esplicito, molte altre voci si sono mostrate d’accordo con lui. Avvicinato più tardi da un giornalista che gli ha chiesto se andasse “tutto bene”, come a volergli chiedere come si sentisse, il premier non ha fatto una piega, rivendicando anzi di essere stato chiaro sui punti che voleva toccare.
Ma le opposizioni, Labour in testa, non hanno perso l’occasione per tornare all’attacco. Contro un discorso denunciato come “caotico” dalla moderatissima cancelliera dello Scacchiere ombra, Rachel Reeves; e un capo di governo Tory liquidato a mo’ di zimbello, “d’imbarazzo nazionale”.