Berlusconi si aggrappa a Salvini che lo snobba, inesorabile viale del tramonto

di Claudia Fusani
Pubblicato il 26 Novembre 2014 - 08:07 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi si aggrappa a Salvini, mossa disperata sul viale del tramonto

Berlusconi lascia Palazzo Grazioli, dove si è riunito l’Ufficio di Presidenza di Forza Italia, per andare alla presentazione del libro di Bruno Vespa

ROMA – Il berlusconiano doc lascia la Camera di Commercio di piazza di Pietra, nel cuore di Roma, dove Berlusconi ha appena terminato un classico di stagione: la presentazione del libro di Bruno Vespa e dice:

“Lui ha sempre fatto così, con i clienti bisogna farsi concavi o convessi perché non è il passo indietro del momento che conta ma raggiungere l’obiettivo finale”.

Riverdisce, con poca convinzione, la vecchia massima dell’imprenditore che vendeva case nelle nebbia come se fossero vista mare. Una massima per anni vincente.

Anche oggi, sotto attacco dall’anagrafe, dalle correnti interne del partito, dalle sentenze e dalle interdizioni, dal partito della Nazione di Matteo Renzi e dall’istinto politico di Matteo Salvini, all’indomani dell’8 per cento appena sfiorato in Emilia Romagna, il leader di Forza Italia reagisce nell’unico modo possibile: prova a farsi concavo e convesso in attesa di tempi migliori.

E quindi investe Matteo Salvini del ruolo di front man (“è un valido goleador”) di una lista unica la cui regia però deve restare strettamente in mano a Berlusconi (“un goleador ha bisogno di un valido centrocampo”).

Quasi quasi apre le porte ad Alfano (“Angelino ma chi te l’ha fatto fare”) perché in fondo “cambiare idea nella vita è da persone intelligenti”.

Non riesce neppure a “disnominare” l’ex tesoriere di Forza Italia Maurizio Bianconi che, passato armi e bagagli con Raffaele Fitto, lo aveva invitato a fare un passo indietro per il bene del partito (“il tesoriere l’ho nominato io e potrei anche disnominarlo, ma non lo faccio”).

Ma tutto questo ha l’aria di essere uno show triste. Uno degli ultimi atti di un leader debole che non può fare a meno di nessuno, neppure di Bianconi. Meno che mai di Matteo Renzi con cui, pur non celiando più su presunti innamoramenti, rinnova e blinda il patto del Nazareno su riforme costituzionali e legge elettorale.

Prossimo agli ottanta, ai servizi sociali fino a febbraio 2015, interdetto da ogni carica elettiva fino ad aprile 2016, il tentativo di Berlusconi di adeguarsi alle esigenze del contesto per uno che un anno e mezzo fa aveva il 30 per cento dei voti e oggi è sotto l’8 per cento, può risultare la dissolvenza di una triste decadenza. La lenta agonia di un crollo inevitabile.

Nonostante il cazzotto in pancia dell’astensione nella roccaforte emiliano-romagnola, si sta realizzando quel piano che Renzi confidò ad un parlamentare nel vertice di maggioranza un paio di settimane fa: “Asfaltare Forza Italia e Cinque Stelle. Se poi il futuro sarà il faccia a faccia con Salvini, non mi pare il vero”.

Al netto del vero problema che sono i dati economici, il quadro politico sembra complicarsi anche per Renzi visto che il partito si è spaccato in modo plateale (36 tra contrari e astenuti) sul Job’s act. Ma non c’è e non ci sarà scissione. E il partito della Nazione diventa sempre più maggioritario pescando a destra e a sinistra.

Matteo Salvini, che ha portato la Lega al 23 per cento in Emilia-Romagna, è un problema diverso. Forse, dal punto di vista di Renzi neppure un problema visto che rappresenta la destra “xenofoba, lepenista, razzista” e quindi nulla a che vedere con i moderati che stanno al centro guardando a destra. E le aperture di Berlusconi a Salvini e ad Alfano senza smentire il Nazareno, mostrano un leader alle corde.

Antonio Polito e Marcello Sorgi, i giornalisti che hanno presentato con Berlusconi testimonial il libro di Vespa, sono stati attenti a solleticare a tutto campo l’ex Cav in un momento importante per la legislatura dopo il voto nelle due regioni.

Berlusconi, con abilità e perché costretto, ha risposto a tutto. Il 60 per cento di astensione non è un problema: “La verità è che io non ho potuto fare campagna elettorale e i partiti non hanno più nemmeno i soldi per le bandiere e i manifesti”.

Insomma, a questo voto è mancato il traino nazionale e infatti i sondaggi “quelli veri” danno Forza Italia “ancora al 16 per cento”.

Le tensioni con Fitto? “L’ho detto anche oggi alla riunione dell’ufficio di presidenza (circa cento parlamentari Fi) che i panni sporchi si sciacquano in casa. E d’ora in avanti non voglio più vedere agenzie di stampa usate per mandare messaggi al partito”.

La verità è che il confronto post-voto che ha certificato quanto sia dannoso appoggiare il governo Renzi, è un work in progress e durerà anche oggi e domani. Ma non ci saranno spaccature. Neppure qua.

La debolezza di un leader si tocca nell’ostentazione di una presunta potenza. “Forza Italia è un partito con una tensione particolare, con un leader che è vittima, martire ed eroe. E agli eroi non si possono fare critiche di bottega”.

Berlusconi parla di sè in terza persona. E parlando del Quirinale, semplicemente si autocandida: “Al Colle ci starebbe bene uno come me”. Sorride ma è anche molto serio.

Se con Fitto i panni saranno “sciacquati in casa” – questo l’auspicio – tra un intermezzo e l’altro su Putin (“stiamo armando una nuova assurda guerra fredda”), su ebola e il Califfato (“stiamo sottovalutando tutto, è molto grave”), Berlusconi sta molto attento a non scivolare sulle tentazioni, sollecitate da molti dei suoi, di far saltare tutto.

Quindi il patto del Nazareno “regge senz’altro per quello che riguarda le riforme costituzionali e il passaggio al sistema monocamerale”. E per eleggere un “Presidente della Repubblica non ostile alle parti in causa”.

Sulla legge elettorale  “tutto sommato non sarebbe male neppure il Consultellum” (proporzionale puro senza premi di maggioranza) ma il leader azzurro è disposto a trattare con Renzi  sul premio alla lista ma molto meno sulle soglie d’ingresso al 3%. Se così fosse come farebbe a convincere Alfano a tornare a casa?

La debolezza di un leader si misura subito anche con l’effetto che fanno le sue parole. Alfano mette in guardia dalle investitur

e quasi che non fossero così di buon auspicio e dice no grazie: “Mica sono il figliol prodigo. E poi, se c’è Salvini non ci può stare Ncd”.

L’altro Matteo ha la generosità del vincente. “Io leader? Allora vuol dire che l’Italia è messa male e il centrodestra anche peggio. Sono a disposizione in termini di idee e contributi ma chi fa cosa lo decideranno gli italiani”.

Con Berlusconi non si è ancora sentito, “lo farò presto”. Ma non c’è fretta. Anche questo il segno di una grande debolezza.