Editoria/ Dieci anni fa una festa sfarzosa lanciava il magazine Talk, chiuso nel 2002. Una tappa che segnò la fine di un’epoca

Pubblicato il 4 Agosto 2009 - 21:23 OLTRE 6 MESI FA

Tina Brown

Dieci anni fa, sull’isola davanti New York che ospita la Statua della Libertà, venne data una festa sfarzosa, in cui vennero invitate mille persone che rappresentavano l’establishment politico, dell’editoria e della cultura americana. Era il 2 agosto 1999 e l’occasione era il lancio sul mercato di un nuovo magazine: Talk, finanziato dalla Hearst Corporation e dalla Miramax (di proprietà della Disney) e guidato da Tina Brown, una giornalista che aveva iniziato la sua ascesa a Vanity Fair ed era stata consacrata al New Yorker.

A guardala oggi quella festa, sembra un evento avvenuto un secolo fa. Eppure sono passati appena dieci anni. Una decade in cui il mondo dell’editoria, e del giornalismo in particolare, sono cambiati ad un ritmo vorticoso, passando dagli anni d’oro di giornali e magazine all’era in cui internet la fa da padrone.

In un certo senso il lancio di Talk, che in America viene ricordato ancora come “The Party”, “La Festa” con la F maiuscola, la regina di tutte le feste, ha segnato la fine di un epoca, ancora più che il culmine di un secolo di potere della stampa. Inondati dalla ricchezza degli anni’90 i media tradizionali sembravano sospesi sull’orlo di qualcosa di straordinario. Ma quell’orlo è ben presto diventato una scogliera.

Nei magazine gli inserti pubblicitari sono piombati ad essere un po’ meno della metà di quelli che c’erano 10 anni fa e anche titoli e rubriche di lungo corso sono scomparse a dozzine. L’ultima grande introduzione nel mondo dei magazine è stata la rivista “Portfolio” edita da Condé Nast Publications, bruciata questa primavera dopo due anni al costo di più di 80 milioni di dollari.

Non ci sarà probabilmente mai più il lancio di un nuovo magazine, e certamente non accompagnato da una festa così sfarzosa come quella che accompagnò l’uscita di Talk.

Dieci anni fa il mondo dell’editoria era molto diverso da oggi, con giornalisti dai contratti milionari, scrittori quotati che venivano pagati 5 dollari a parola in magazine che traboccavano di pubblicità e un’industria editoriale che si ubriacava con i suoi stessi privilegi.

Ma molti in questi dieci anni non hanno veramente capito le implicazioni delle nuove tecnologie che producono e distribuiscono informazione a costo zero. Il Web veniva visto come un settore di nicchia, come un’integrazione alla normale produzione, certamente non una minaccia che avrebbe reso obsolete molte pubblicazioni.

Talk chiuse nel 2002 e Tina Brown prima ha condotto uno show sulla Cnbc e ha scritto un libro sulla Principessa Diana, poi, dimostrando una scioltezza che ha caratterizzato tutta la sua carriera, ha creato un sito di informazione, The Daily Beast, di proprietà di Barry Diller’s InterActiveCorp.

La festa di lancio del Daily Best non è stata così sfarzosa come quella di Talk. Non c’erano vip del calibro di Sarah Jessica Parker o Robert de Niro ma semmai un centinaio di bloggers.

Ora la Brown paga i suoi collaboratori, ha una media di 1,5 milioni di visitatori unici al mese sul suo sito ma non ci sono più quegli enormi contratti o quelle feste piene di gente famosa. È tutto più sobrio e ridimensionato. A riprova che l’informazione non morirà ma il mondo dell’editoria ha subito un cambiamento radicale a cui tutti si dovranno adeguare.

Tina Brown scrive nel suo libro “Life as a Party” in merito al lancio di Talk: «Fu una nottata storica. Eravamo su una nave a io ero con Natasha Richardson. Parlavamo e ridevamo, guardavamo le luci delle Twin Towers. Ora Natasha è morta (il 18 marzo 2009 ndr), le torri gemelle sono state distrutte e io sono molto eccitata da questo nuovo mondo in cui stiamo vivendo».