Bail in, la Germania ci ricattò, Tria rivela: il Governo Letta subì: non aveva…il quid

di Sergio Carli
Pubblicato il 1 Marzo 2019 - 06:37| Aggiornato il 24 Agosto 2019 OLTRE 6 MESI FA

Bail in, la Germania ci ricattò, Tria (nella foto) rivela: il Governo Letta subì: non aveva…il quid

Ricatto tedesco per imporre il bail in all’Italia, come voleva la Germania. Bail in è il meccanismo che vieta il salvataggio pubblico delle banche e, in caso di fallimento, scarica le perdite su azionisti, obbligazionisti e grandi depositanti. La clamorosa rivelazione è stata fatta dal Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Non lo ha fatto al bar a tarda notte, ma in una sede più che ufficiale, l’aula della Commissione finanze del Senato.

Emerge, dalla notte di un tempo recente ma che sembra ormai remoto, l’inadeguatezza del Governo Letta, succeduto al mai abbastanza deprecato Governo Monti. L’amara constatazione è che non avesse…il quid.

L’appartenenza all’Europa è fuori discussione. Ma farci rispettare un po’ di più è fondamentale. Purtroppo, per ragioni diverse ma i cui effetti sono stati devastanti, Tremonti – Berlusconi, Monti e Letta – Saccomanni si sono piegati troppo facilmente alla volontà dei tedeschi. Cercare di alzare la testa e difenderci con decoro non vuol dire essere sovranisti.

Ecco il resoconto di Roberto Petrini su Repubblica.

“Per dar forza alla sua ricostruzione il titolare di Via Venti Settembre chiama in causa il suo predecessore Fabrizio Saccomanni, che quando si svolsero le ultime fasi del negoziato sull’Unione bancaria, nel 2013, era ministro del Tesoro del governo Letta. Queste le parole di Tria: «Dalle notizie che si hanno, l’allora ministro Saccomanni fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, sul fatto che se l’Italia non accettava si sarebbe diffusa la notizia che non accettavamo perché avevamo il sistema bancario prossimo al fallimento»”.

In serata, aggiunge Petrini, forse resosi conto di averla sparata grossa, ha “ridimensionato, almeno della forma, le sue dichiarazioni. La sua, ha detto, è stata “una espressione evocativa ma infelice”.

Aggiunge il Corriere della Sera:

“Tria ha [detto] di condividere sul bail-in «l’opinione di Patuelli», il presidente dell’Abi che ha definito la norma desueta, chiedendone l’abrogazione. «Condivido il fatto che dovrebbe essere abolito», ha sottolineato il ministro, ma «non prevedo che in tempi brevi possa essere abolito o che ci sia una convergenza tale che si possa arrivare, almeno per ora e non so se in futuro, all’abolizione», ha precisato. «Credo che quando è stato introdotto in Italia – ha proseguito – fossero quasi tutti contrari, anche la Banca d’Italia in modo discreto si oppose». Anche Carlotta De Franceschi, fondatrice di Action Institute, docente alla Columbia ed ex consigliere economico del Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva detto al Corriere: ««La direttiva sul bail-in? In Italia ha creato più problemi che benefici».

La chiave di volta della vicenda, ricorda Petrini, fu lo scenario politico ed economico in cui era avvolta l’Europa: la crisi dei debiti sovrani del 2010-2012 faceva ancora sentire il suo effetto e in Italia era ancora fresco il ricordo dell’autunno dello spread che portò al governo Monti.
Eravamo insomma più che sorvegliati speciali, c’era poi l’”urgenza” di chiudere – come ricordò Saccomanni – prima che nel 2014 si svolgessero le elezioni europee e si costituisse la nuova Commissione.
L’Italia in verità aveva sempre avuto una posizione critica sul bail in: lo stesso Saccomanni ricordò che il Tesoro non voleva la retroattività delle disposizioni che aggrediscono in caso di fallimento bancario i risparmiatori, chiedeva una introduzione graduale, e soprattutto avrebbe voluto “salvare” gli obbligazionisti subordinati, quelli che hanno subito i maggiori danni nelle ultime crisi bancarie italiane.
Perché allora Roma disse sì? Per senso di responsabilità. «C’era il rischio – disse Saccomanni – che si riattivasse il circolo vizioso tra rischi bancari e rischi sovrani e il timore di una rottura dell’euro».
Motivazioni da far tremare i polsi.

Ora però Tria aggiunge: in Italia, “erano tutti contrari, anche Banca d’Italia, e il ministro di allora Saccomanni, ho letto una sua dichiarazione, fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco”, il quale disse che se l’Italia non avesse accettato “si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema bancario era prossimo al fallimento”.

Scrive Marco Palombi sul Fatto Quotidiano: “Quale che sia il motivo che ha spinto Tria, col peso del suo ruolo, a rivelare questo retroscena, il racconto è in linea con parole e silenzi dell’ex ministro Fabrizio Saccomanni, una vita in Bankitalia, oggi presidente di Unicredit”. 

Aggiunge Palombi che Ignazio Visco, un anno e mezzo fa, rivelò un retroscena: “Manifestammo le nostre perplessità chiaramente, ma non fummo ascoltati; rendemmo poi pubblica la sostanza delle nostre riserve nel novembre di quell’anno”; l’accordo prevedeva comunque, spiegò il governatore, che la direttiva valesse solo per i bond di nuova emissione (ma poi “nella fretta”…) e che il bail in entrasse in vigore nel 2018, ma “la data fu anticipata al 2016 nella riunione dell’Ecofin di dicembre 2013”. Di chi fu la colpa? “Banca d’Italia non partecipa alle trattative tra i governi”.

Con quelle parole, secondo Marco Palombi, Visco puntava il dito contro l’allora premier Enrico Letta e il suo ministro Saccomanni, che non rispondono. L’accusa non è di quelle leggere, e non solo perché Letta e Saccomanni festeggiarono il bail in come un successo, ma anche perché la sua introduzione in Italia – con parziale prima applicazione a novembre 2015 a Etruria & C. – fece precipitare l’indice dei titoli bancari italiani in Borsa del 60% in soli sei mesi.

Petrini chiude la polemica:

Sul piano negoziale più che di un ricatto si trattò di un esito ineluttabile. Saccomanni spiegò molto bene nel dicembre di due anni fa la dinamica di quei mesi: la Germania e i paesi del Nord erano convinti “ideologicamente” che il carico delle crisi bancarie non dovesse pesare sui contribuenti ma sui risparmiatori. Mentre i paesi del Sud, Grecia, Spagna, Portogallo più l’Irlanda,erano sotto la troika e non avevano nessuna possibilità di opporsi. Escluso il veto, perché si votò a maggioranza, l’Italia non aveva altre strade. Ricatto? Come si è fatto sfuggire Tria, che ha detto di essere comunque contrario al bail in. Saccomanni oggi tace, ma chi lo conosce gli attribuisce questo pensiero: “Con la maggioranza di 27 a 1 che bisogno c’è di ricatto?”.