Micromega rinasce, Paolo Flores d’Arcais raccoglie le testimonianze sui primi 35 anni, l’ex amministratore ricorda

di Marco Benedetto
Pubblicato il 16 Maggio 2021 - 10:33 OLTRE 6 MESI FA
Micromega rinasce, Paolo Flores d'Arcais raccoglie le testimonianze sui primi 35 anni, l'ex amministratore ricorda

Micromega rinasce, Paolo Flores d’Arcais raccoglie le testimonianze sui primi 35 anni, l’ex amministratore ricorda

Micromega, la rivista fondata e diretta da Paolo Flores d’Arcais è risorta a nuova vita dopo la chiusura decisa dal Gruppo Gedi. Il messaggio affidato alla e-mail avverte: È online il nuovo numero di MicroMega+ con contributi di: Lorini, Odifreddi, Pompili, “Frida Guerrera”, Grazzini, Portelli.

Interessanti la ricostruzione fatta da Alessandra Lorini dell’inizio della lotta alla segregazione razziale in Usa, il 14 maggio 1961. E il racconto di Piergiorgio Odifreddi della scoperta del primo vaccino, il 14 maggio 1796.

 
Cellofanato con il fascicolo regolare, c’è un altro volume, di eguale foliazione. Vi sono raccolte decine di testimonianze, quasi tutte da sinistra, che rievocano i primi 25 anni di Micromega.

C’è anche un mio contributo, doveroso, anche se con molti di quei nomi non prenderei nemmeno un caffé.

Ma ho una speciale ammirazione per Paolo Flores, la cui attività ho seguito fino a quando sono rimasto al Gruppo Espresso. Ero in carica quando Micromega fu lanciato. Se Carlo Caracciolo ne fu padrino, io posso considerarmi l’ostetrica.
Per questo un po’ d’orgoglio e anche di senile vanità riporto qui il testo del mio contributo al numero speciale di Micromega. Bruno Manfellotto, ex direttore dell’Espresso, ha definito il mio pezzetto un “monumento al genio di Flores”. Non penso si tratti di un monumento, ma di genio certo è giusto parlare: guardate gli occhi nella foto che correda questo articolo e giudicate voi.
Ed ecco il testo sui primi 35 anni di Micromega
 
Conosco Paolo Flores d’Arcais da 35 anni, lo ammiro molto e devo dire che non mi ha mai deluso. Raramente sono stato d’accordo con le sue idee. Molte volte ho trovato gli articoli di Micromega troppo superiori alla mia capacità di lettura e anche alla mia pazienza. Ma ho sempre apprezzato l’onestà intellettuale di Flores. E la freschezza intellettuale e l’originalità di Micromega. Ultimo esempio quando, dopo una stagione intensamente grillina, Paolo Flores ha rivisto senza ipocrisia le sue posizioni.

Lui è quello che scomunica

Probabilmente questo dipende dal fatto che non è Paolo Flores a aderire a una idea, ideologia, linea politica, ma è Flores a giudicare l’aderenza di quella linea al Flores-pensiero. Lui è quello che scomunica. Non è mai lui a essere scomunicato. Sempre coerente, ha severamente castigato amici e compagni di strada quando sono scivolati nella incoerenza. 
 
Coerente anche nelle forme. In questo periodo di decadenza formale, in cui la cravatta è oggetto obsoleto, e spesso lo è anche la camicia, Paolo Flores si fa fotografare per il lancio del nuovo Micromega con tanto di giacca e cravatta. Un richiamo, un riferimento, che non può sfuggire a un vecchio nostalgico degli anni felici della gioventù, come sono io, ai grandi della sinistra europea, da Togliatti a Sartre a Hobsbawn.
 
Per la sua coerenza e un po’ anche per la sua insistenza nel non deviarne, Flores non ha avuto molti amici nel sistema, almeno dietro le spalle (Scalfari e Mauro mi smentiscano). Sempre più di me, è vero: ma se vuoi essere coerente, devi fare cose che ti rendono antipatico anche a te stesso. Per sua fortuna Flores è del cancro, e questi dubbi non credo lo abbiano mai sfiorato. 
 
In virtù della mia ammirazione per la sua coerenza e per la sua onestà intellettuale, ho rispettato, nel silenzio della mia cameretta, anche di recente, scelte editoriali dal mio punto di vista discutibili. Ma è in linea con lo spirito volterriano della testata.

La vicenda Fiat dell’80, un punto di vista sbagliato

Ad esempio la ricostruzione degli eventi della Fiat sfociati nella cosiddetta Marcia dei 40 mila. Ne fui testimone e forse qualcosa di più, secondo Carlo Callieri che ne fu grande regista. Per me, che seguii in diretta la sua evoluzione, fu la reazione spontanea di una città a un clima abbastanza opprimente (eufemismo). Per l’articolo di Micromega si trattò di un complotto finalizzato a fermare la luminosa marcia della rivoluzione. 
 
Fu un “golpe sociale”, “una manifestazione di crumiri precettati e organizzati dalla FIAT, amplificata a dismisura dai media”. Su un punto convergono i giudizi. Per Micromega “cambiò in pochi giorni il paese e la sua politica”. Per me fu un momento di svolta che fermò l’Italia sul piano inclinato del caos. Le cose poi non evolsero come potevano, per un eccesso di arroganza e rigidità e anche un po’ insipienza padronale. Ma questo è un altro film.
 
All’opposto, solo su Microega ho trovato una analisi del reddito di cittadinanza che prescindesse da ideologie e luoghi comuni. E spiegasse come l’istituto funziona nei Paesi europei dove funziona: con buona pace dei miti grillini.

 
Ritorno al 1986, nel mio ufficetto nella soffitta di via Po 12, mitica sede dell’Espresso per la mia generazione, un sogno che mai avrei pensato si realizzasse, dove entrò per la prima volta questo ossesso di giovanotto. Parlava con un ritmo incalzante, inesorabile, senza pause e senza dubbi. Odioso. Mi piacque, fui attratto dal personaggio, dalla sua forma di magnetismo. Penso che gli rimasi simpatico, altrimenti non mi avrebbe chiesto questo contributo.

Quando Carlo Caracciolo approvò l’idea di Flores

Carlo Caracciolo, penso un po’ influenzato anche da Giorgio Ruffolo, aveva deciso di accogliere o lanciare Nuova Ecologia, Micromega, cui qualche anno dopo si aggiunse Limes. (Rido ancor oggi quando ricordo che un giovane azionista, pensando che Limes fosse parola inglese e non latina per confine, se ne uscì una volta pronunciandola “laimes”, forse plurale di quella specie di limoni).
 
Chiusi Nuova Ecologia alcuni anni dopo. Il verde piace ai politici ma non ai lettori (la contemporanea scelta verde dell’Espresso non portò copie). Dirigendo Nuova Ecologia con 6 redattrici erinni, fra Chicco Testa e le incursioni di Ferdinando Adornato allora ambientalista, Paolo Gentiloni rivelò precocemente le qualità di mediatore che ne hanno fatto un eccellente ministro e primo ministro. A volte penso se Gentiloni mi avesse dato retta e invece di entrare in politica con Francesco Rutelli fosse entrato nella redazione dell’Espresso. Mi domando: cosa farebbe oggi invece del supremo economista europeo?
 
Micromega uscì in quella primavera del 1986 e fu un successo. Rimasi colpito, quell’estate, nella piazza centrale di Anzio, sul litorale a sud di Roma. Un giovanotto si allontanava dall’edicola brandendo come un trofeo il numero di Micromega: centinaia di pagine per un prezzo molto alto, un po’ fonte di sapere un po’ status symbol.  Dal mio punto di vista, di responsabile amministrativo del Gruppo Espresso (poi Espresso-Repubblica), non guastava che Micromega fosse un successo editoriale. Non da farci ricchi. Ma abbastanza perché, nell’arco dei suoi 20 anni (su un totale di 35) sotto la mia gestione, il conto globale di Micromega si potesse considerare in equilibrio.

Libertà di manifestazione del pensiero: il Potere la vuole opprimere

E poi perché pensavo, allora, nel mio cantuccio, come oggi, libero e incondizionato pensionato, che la libertà di espressione non è solo un diritto assoluto, un bene indiscutibile. Un diritto sempre conculcato, oggi un po’ meno che nei millenni passati. Ma che sempre il potere tende a opprimere. Se seguite in trasparenza lo scandaletto che affligge la famiglia reale inglese, vi rendete conto che il Paese dove nacque la libertà di stampa è ancor oggi afflitto dal vizietto della censura. 
 
E se scavate nella memoria della nostra repubblica italiana, furono proprio due paladini, pilastri, eroi della nostra libertà a mandare in carcere un giornalista, Giovanni Guareschi, per una vignetta e una notizia. 
 
La libertà di manifestazione del pensiero è per me essenziale al progresso, alla crescita economica, al benessere. Decrescita più o meno felice è sinonimo di fascismo. Fascismo è architrave di arretratezza: Italia, Spagna, Portogallo, Argentina sono nella storia a dimostrarlo. Sarà un caso, ma sono i ricchi e i loro figli a idealizzare l’involuzione dell’economia. Ditemi un povero che la sostiene. Ditelo a quegli africani che rischiano la morte per venire in Europa, invece di starsene felici e contenti nella loro miseria.
 
Libertà di parola e di diffusione di ogni parola, anche estrema, è condizione necessaria anche se non sufficiente di quella crescita.
 
Prima di tutti questi bei concetti e idee e ancor più di essi, però, da parte mia c’era e c’è la stima per l’uomo Flores. Un uomo che può essere insopportabile, ma davanti al quale non puoi non inchinarti. Non puoi non ammirare la sua forza nelle avversità, personali e di famiglia. Non te ne sei quasi accorto, non te le ha fatte mai pesare. Né le ha fatte sentire a Micromega, la sua creatura. Decoro, dignità, orgoglio. 

Una prova di coraggio e resilienza

La scelta di reagire alla chiusura di Micromega decisa dalla nuova proprietà del gruppo editoriale ora Gedi, rilanciando Micromega è una sublime prova di coraggio e resilienza, se si vuole usare un termine oggi in voga ma difficile da praticare. A 77 anni quasi compiuti si pensa a tirare i remi in barca, altro che imbarcarsi ancora in una avventura iniziata quando avevi metà degli anni.
 
La chiusura di Micromega costituisce per me anche un piccolo spunto di riflessione sugli intrecci della vita. John Elkann ha chiuso una rivista che per anni Carlo De Benedetti, più feroce del feroce Saladino davanti alla semplice idea di un costo, ha sempre sostenuto e difeso; 30 anni prima lo stesso De Benedetti aveva fatto chiudere una rivista culturale edita dalla Mondadori di cui era principale azionista. Anima di quella rivista era Alain Elkann, padre di John.
 
Paolo Flores porta come qualifica filosofo, credo perché insegnava filosofia all’università. Il vizietto del giornalismo italiano di regalare etichette. Filofosi sono anche stati battezzati Rocco Buttiglione e Massimo Cacciari. Vien da ridere a uno che, come me, pensa che dopo Aristotele è stato tutto un rielaborare la rielaborazione, con la parentesi di Galileo, Leibnitz e contemporanei.
 
In realtà sul biglietto da visita, che forse, come me, non ha, dovrebbe scrivere: genio del marketing, Cosa di meno si può dire a un giornalista-editore-direttore-diffusore che per anni  ha fatto comprare la sua rivista, numero dopo numero, a decine di migliaia di persone. Le faceva sentire parte di una comunità intellettuale, allargava i loro orizzonti culturali, sosteneva idee anche fastidiose e controverse. Con poco successo? Vox clamantis in deserto: è il destino di tutti i giornali non conformisti, pensate in Usa a The Nation (sinistra) e National Review (destra). In un mondo di yes men e di lecchini, è meglio di un antivirus.