Umbria, Partito Delle tasse avvertito, perché lo schiaffo al PD nella ex regione rossa

di Marco Benedetto
Pubblicato il 28 Ottobre 2019 - 08:18| Aggiornato il 29 Ottobre 2019 OLTRE 6 MESI FA
Elezioni Regionali Umbria, Partito Delle tasse avvertito, perché lo schiaffo al PD nella ex regione rossa

Nicola Zingaretti in Umbria (foto Ansa)

ROMA – Umbria, pensate alle tasse. La sconfitta elettorale della coalizione di governo è un pesante schiaffo al Pd più che al M5s. Per spiegare il tracollo, non pensate solo agli scandali della gestione Marini, alla insoddisfazione dopo mezzo secolo di Umbria Rossa.

Cosa ha fatto il Governo Conte con la legge di bilancio in finale di campagna elettorale? Ha aumentato le tasse per finanziare il bonus bebè di mussoliniana memoria. 

Le ha aumentate ai “ricchi”. Ma se considerate ricco uno cui restano netti 5 mila euro al mese, meno Imu, Tasi e altri balzelli, allora quello che è successo in Umbria non è niente.

Che il Movimento 5 stelle si dissolva nel nulla è nelle speranza dei più e nell’ordine naturae delle cose. Come può finire se non così un partito basato sul v…..lo e teleguidato da una azienda privata di piccole dimensioni? C’è un precedente nella storia della Repubblica, quello dell‘Uomo Qualunque: finì come doveva finire, come finirà il M5s.

Il Pd ci aveva fatto sognare: un grande partito di sinistra, ancorato al centro, nato in provetta da tre padri: il Partito Comunista in mutazione; la Democrazia Cristiana, risorta o mai morta, solo azzerata da un improvvido quanto onestissimo avvocato bresciano; ua parte del movimento ambientalista.

Alla fine l’anima comunista (la ditta) finì per prevalere, il richiamo della foresta intonato dall’odio di classe dei grillini fu troppo forte anche per chi comunista non era mai stato. Fu il caso di Renzi. Ancora lui stesso non ha capito, e certamente non lo hanno capito gli altri nel partito, che a farlo precipitare dal 40 al 20% dei consensi non fu una politica troppo di centro. Si è visto, dopo la scissione di Leu, quanto vale la sinistra-sinistra. Quelli di sinistra-sinistra come Orlando li hanno fatti eleggere in trasferta, in una delle ultime roccaforti rosse, perché in casa, nel caso a La Spezia, non lo hanno nemmeno votato i suoi concittadini.

A fare crollare Renzi è stato il suo inseguimento della demagogia grillina: la pensione di reversibilità, le pensioni d’oro, le tasse.

Quando in Italia le tasse erano ai minimi, prima della riforma Preti, negli anni ’70, guarda caso fu il periodo di maggiore espansione dell’economia. Poi alla vecchia ricchezza mobile fu sostituita quella che oggi era l’Irpef, con una aliquota massima attorno al 30 per cento, come negli Usa. Ma l’appetito vien mangiando, il mostro della burocrazia, dell’apparato statale divenne sempre più esigente e avido, gli sprechi sono sono sommati agli sprechi. 

Poi, in cerca di voti, i partiti hanno tagliato le tasse ai più numerosi, con un calcolo miope e controproducente. Il mito dei poveri ha messo in modo quel senso di insoddisfazione e infelicità collettive che sono alla base del consenso grillino. I tragici errori del Governo Monti, sostenuto da Bersani che non ha avuto il coraggio di raccogliere nelle urne il frutto della demolizione politica di Berlusconi, si sono sommati a quelli di Berlusconi, che aveva rinunciato a una politica economica di centro in cambio del lasciapassare sulla tv (Berlusconi andò al governo che la sua Mediaset era ancora fuorilegge, ai sensi della Corte Costituzionale). E nacque l’adesione al Fiscal Compact, votata da tutti. Poi  la Lega si accorse della follia, votò contro l’inserimento in Costituzione. Ma era troppo tardi. 

Poi vi meravigliate guardando il grafico delle economie mondiali. Da 20 anni l’Italia cresce meno degli altri Paesi europei. Ma guarda un po’. 

Ed eccoci qua. Con una spesa pubblica fra le più alte al mondo, con un intrico di norme e regolamenti che farebbero rimpiangere all’inventore dello slogan che lacci e lacciuoli soffocano l’economia italiana, Guido Carli, i suoi tempi, paradiso di libertà.

A discolpa dell’establishment politico italiano è che non hanno tempo per leggere i libri di storia e nemmeno i giornali stranieri. Se lo avessero fatto e lo facessero, saprebbero che il rapporto fra Stato e cittadini, che si articola attraverso le tasse, è stato ed è uno degli assi portanti della storia del mondo. 

Prendiamo solo gli ultimi 2 mila anni. L’Impero Romano crollò per eccesso di tasse. Ai seguaci di Maometto i sodditi bizantini e persiani spalancarono le porte delle loro città nella speranza che Allah facesse pagare meno tasse di Cristo e Zoroastro. Nella Francia post romana, racconta Gregorio di Tours, un vescovo esattore venne linciato nel Sud. Gli esordi della carriera di Nicolas Fouquet, ministro delle Finanze di Mazzarino, lo videro impegnato a domare rivolte fiscali nel nord del Paese.

Nel 1814, appena caduto Napoleone, i milanesi inferociti invasero la casa di Giuseppe Prina, ministro delle Finanze di Bonaparte in Italia, lo alzarono di peso dal letto e, in mutande, lo buttarono dalla finestra, dove la folla fece il resto.

Ora siamo nell’età del Vaffa, la protesta si esercita col voto. Ma stateci attenti, amici e compagni. State spingendo l’Italia nelle braccia non della Lega, partito che meglio di tutti amministra in Italia; ma di Salvini, con le sue amicizie ambigue a destra, con i suoi legami misteriosi a oriente, in Russia e in Cina. 

Ma non potete illudervi di esorcizzarela derivata all’estrema destra gridando al pericolo fascista e a Casa Pound. Guardate cosa succede nella ex Germania comunista. I tempi sono sempre più ristretti.