Germania, la “bestia di Beelitz” indossava la biancheria intima della madre

di Francesca Cavaliere
Pubblicato il 21 Settembre 2010 - 12:49| Aggiornato il 4 Ottobre 2012 OLTRE 6 MESI FA

Ha ucciso un bambino fracassandogli la testa contro un albero e la madre strangolandola col reggiseno dopo averla imbavagliata con lo slip, altre quattro donne in maniera altrettanto bestiale dopo averle violentate: Wolfgang Schmidt oggi ha 44 anni, si fa chiamare col nome di donna “Beate”, prende ormoni femminili da nove mesi ed è molto orgoglioso del suo piccolo seno che spera possa crescere ancora un po’, come rivela al giornale tedesco Bild.

Uno dei più crudeli assassini della storia, da vent’anni rinchiuso in un carcere psichiatrico tedesco a scontare la pena per i delitti commessi e noto come “Bestia di Beelitz” o anche “Rosa Riese” ( il gigante rosa) per i suoi 1.90 di statura, il suo 47 di piede e la predilezione del colore rosa, racconta che già a quattro anni aveva il desiderio di essere una femmina e che spesso indossava la biancheria intima della madre la quale, quando si accorgeva che lui aveva preso le sue mutandine ed i suoi reggiseni per indossarli, lo picchiava tutte le volte.

Nonostante egli si dica cosciente di quanto possa stonare sentire certe espressioni dalla sua bocca, Wolfgang/Beate si descrive come una persona che è sempre stata onesta, bonaria e che ama vivere in pace, tanto che in vent’anni di detenzione non si è mai azzuffata con nessuno.

Ora la sua vita quotidiana da detenuto ha delle regole precise: si sveglia alle sei e mezzo del mattino, si fa la doccia e si trucca. Indossa spesso gonna, blusa e scarpe con il tacco, nasconde il suo pene negli slip e va a lavorare nella caffetteria oppure va in terapia. Il pomeriggio lo passa spesso davanti alla TV, ama guardare la trasmissione Big Brother, l’equivalente del Grande Fratello in Italia, e vorrebbe anche lavorare a maglia o cucire, se non fosse proibito tenere aghi o ferri da calza.

A quanto lui stesso dice, la famiglia lo avrebbe totalmente abbandonato, il padre non gli farebbe visita dal 1995 nonostante gli avesse promesso di ritornare e la sua stessa madre non avrebbe mai cercato di aiutarlo, mentre gli altri detenuti, dice Wolfgang/Beate, pur avendo fatto cose cattive avrebbero ancora i loro cari a sostenerli.

Wolfgang/Beate non ha dimenticato ciò che ha fatto: “Ogni giorno da vent’anni ho davanti agli occhi le mie vittime che sento sulla coscienza per avere perso il controllo. La libertà non è una cosa che mi merito”. E continua: “Non ridatemi mai più la libertà”.

Ora sul suo capo pende un’altra e più recente accusa: nella doccia del carcere, il 22 agosto di quest’anno avrebbe violentato una detenuta, la trentaquattrenne Jasmin F, anche lei transessuale, che avrebbe tentato il suicidio ingoiando due lamette da barba, salvata in extremis con un intervento d’urgenza.