Fecondazione eterologa, Corte Costituzionale rimette gli atti ai tribunali

Pubblicato il 22 Maggio 2012 - 19:23| Aggiornato il 23 Maggio 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA  –  Il verdetto è arrivato: “La Consulta rimette gli atti ai tribunali”. Tradotto: la Corte Costituzionale non boccia la Legge 40. Ci sono volute due ore di udienza pubblica, poi i giudici della Corte Costituzionale si sono ritirati in camera di consiglio per deliberare sul divieto di fecondazione eterologa, ossia con ricorso a ovociti o gameti non appartenenti alla coppia, stabilito dalla Legge 40 del 2004 che regola in Italia la disciplina della procreazione assistita. La Corte ha restituito gli atti ai Tribunali che l’avevano investita del caso (Firenze, Catania e Milano), per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011, sulla stessa tematica. L’organismo europeo aveva giudicato legittimo vietare la procreazione assistita nei paesi comunitari. Il pronunciamento riguardava due coppie austriache che si erano rivolte a Strasburgo nel lontano 2000 sostenendo che la legge austriaca sulla fecondazione in vitro ledeva il loro diritto a formare una famiglia e le discriminava rispetto ad altre coppie che potevano ricorrere a questa tecnica. Per le due coppie la fecondazione in vitro con donazione di sperma o ovuli era l’unica soluzione per poter procreare. In una prima sentenza, emessa il primo aprile 2010, la Corte aveva dato ragione alle coppie, condannando di fatto il governo austriaco a cambiare la propria legge. Ma il governo austriaco, sostenuto anche da quello italiano e tedesco, chiese e ottenne una revisione del caso davanti alla Grande Camera. E non invano, visto che con la sentenza  del 3 novembre 2011,  i 17 giudici hanno ribaltato il verdetto, sottolineando che dato l’alto numero di questioni etiche sollevate in Austria dall’utilizzo della fertilizzazione in vitro, il paese debba godere di un ampio margine di manovra nel regolare l’uso di questa tecnica, e che quindi la legge,  come è formulata, non viola i diritti delle due coppie.

“I tribunali valutino la questione alla luce della sentenza, risalente allo scorso novembre, dunque successiva ai ricorsi, pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo”, questa la risposta dei giudici costituzionali italiani ai tribunali di Firenze, Catania e Milano che di fronte ad analoghi casi avevano presentato dubbi di costituzionalità sulla Legge 40. La Corte in sostanza invita i giudici a valutare la sentenza di Strasburgo.

”La Corte Costituzionale – si legge nella nota diffusa al termine della camera di consiglio – si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano relativamente al divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sancita dalla legge n. 40 del 2004, restituendo gli atti ai giudici rimettenti per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011 (S.H. e altri contro Austria), sulla stessa tematica”. La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che impedire per legge alle coppie sterili di ricorrere alla fecondazione in vitro eterologa non è più una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

“Una sentenza interlocutoria”. Così l’avvocato Filomena Gallo, che ha assistito la coppia di Brescia il cui ricorso contro il divieto di fecondazione eterologa nella legge 40 ha dato il via all’iter istituzionale che ha portato al pronunciamentodella Consulta, commenta la decisione della stessa Corte Costituzionale di restituire gli atti ai Tribunali che l’avevano investita del caso. Tale pronunciamento, spiega Gallo, ”comporta che i magistrati che hanno sollevato dichiarazione di incostituzionalità di riformulare il quesito, basandosi però solo sulle norme nazionali e non avendo come parametro – conclude l’avvocato – la sentenza della Corte Ue per i diritti dell’uomo che trattava del divieto parziale alla fecondazione eterologa riferito alla legge austriaca”.

Ecco, in sintesi, i contenuti della legge 40/04.

DIAGNOSI PREIMPIANTO: ”La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano – si legge nell’articolo 13 comma 2 della legge – e’ consentita a condizione che si perseguano finalita’ esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative”. Nell’articolo 14 comma 5 si legge inoltre che le coppie ”sono informate sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’ utero”.

ACCESSO ALLE TECNICHE DI PROCREAZIONE ASSISTITA: è consentita per risolvere problemi di sterilita’ o infertilita’ e solo se non ci sono altri metodi terapeutici efficaci.

NO ALL’ETEROLOGA: il testo vieta il ricorso alla fecondazione eterologa, cioe’ con seme di persona estranea alla coppia.

CHI PUO’ RICORRERE ALLE TECNICHE DI PROCREAZIONE: le coppie formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in eta’ potenzialmente fertile ed entrambe viventi. No, insomma, a single, mamme-nonne e fecondazione post mortem.

EMBRIONI E SPERIMENTAZIONE: sono vietate la sperimentazione sugli embrioni e la clonazione umana. Ricerca clinica e sperimentazione sull’embrione sono ammesse solo se finalizzate alla tutela della sua salute e del suo sviluppo. E’ vietata anche qualsiasi tecnica che possa predeterminare o alterare il patrimonio genetico dell’embrione.

OBIEZIONE COSCIENZA: Il personale sanitario non e’ tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione.

NUMERO EMBRIONI PRODOTTI: Con la sentenza della Corte Costituzionale che ha in parte bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita (sentenza pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 13 maggio 2009) si fissano due importanti principi: l’autonomia del medico nello stabilire di volta in volta il numero necessario di embrioni da impiantare (non piu’ limitato a tre) ed il ricorso al congelamento di quegli embrioni ”prodotti ma non impiantati per scelta medica”.