Stasi assolto. Garlasco divisa tra sgomento e indignazione

Pubblicato il 17 Dicembre 2009 - 20:39 OLTRE 6 MESI FA

Sgomento e indignazione per un delitto che resta senza colpevoli. La cittadina di Garlasco, dopo 858 giorni dall’assassinio di Chiara Poggi e l’assoluzione di oggi di Alberto Stasi, ripiomba  nello stesso stato d’animo di quel 13 agosto 2007, quando la cittadina del pavese scoprì il brutale massacro di una ragazza di 26 anni nella sua villetta.

La notizia del verdetto del giudice Stefano Vitelli ha fatto il giro del paese prima ancora che fosse annunciata da radio e televisioni e la reazione, per tutti, è stata una sola: un pensiero compassionevole ai genitori di Chiara. «Questa sera qualcuno brinderà – ha sospirato Giovanna, 76 anni, seduta nel centralissimo Caffé Gobbi – ma qualcuno continuerà a piangere. Chi potrà mai consolare quei poveri genitori?».

L’assoluzione dell’ex fidanzato di Chiara ha riacceso quella contrapposizione tra innocentisti e colpevolisti che il paese per mesi ha cercato di lasciarsi alle spalle. Ma più di ogni altro sentimento, in queste ore prevale la rassegnazione per una giustizia incapace di trovare la verità. «Per oltre due anni carabinieri, Ris, magistrati hanno fatto solo pasticci – ha ammesso Cesarina, 56 anni – come è possibile non essere riusciti a trovare nemmeno una prova?».

Solo il sindaco Enzo Maria Spialtini non sembra rassegnarsi a un verdetto che lascia il delitto senza soluzione. «Ora non dobbiamo fermarci ma dobbiamo continuare a cercare la verità – ha affermato il primo cittadino – ricominciando anche da capo se necessario, perché l’omicidio di Chiara, una ragazza che era l’espressione migliore della nostra terra, non può restare impunito». A Garlasco, infatti, nessuno vorrebbe che il nome del proprio paese rimanesse per sempre legato a un giallo senza soluzione.

«Non è bello sapere che in paese c’é un assassino che gira liberamente – ha osservato Mattia, 18 anni – ma quello che è più triste è sapere che questo avviene troppo spesso in Italia». In tutta la cittadina, scossa dalla sentenza, c’è forse solo una persona che ha la forza di trattenersi da una valutazione a caldo. «Il mio ruolo di pastore è quello della consolazione, non del giudizio – ha affermato il parroco don Angelo Croera, che ha saputo del verdetto solo dopo aver celebrato messa – con la preghiera io sono vicino a entrambe le famiglie».